di Claudia Maria Sollami
Insetti: testimoni silenziosi e preziosi collaboratori di giustizia
Chi l’avrebbe mai detto che gli insetti, così minuscoli e silenziosi, avrebbero potuto assumere il ruolo di preziosi testimoni in caso di ritrovamento cadaverico? Ė proprio quello che dimostrano gli studi dell’entomologia forense, ramo della zoologia che presta particolare interesse al ciclo di sviluppo e all’etologia di particolati ditteri e coleotteri che colonizzano e si sviluppano su resti organici in decomposizione. La loro analisi permette di risalire all’epoca della morte, correlando la presenza della biocenosi campionata sul substrato cadaverico con i parametri ambientali specifici del luogo dove è avvenuto il ritrovamento.
L’entomologia forense trova la sua massima applicazione nel calcolo del “Period of Insect Activity”, colonizzazione entomologica post mortale, ponendo in correlazione l’entomofauna campionata sul cadavere con i parametri ambientali specifici del luogo di rinvenimento; sulla base della natura qualitativa delle repertazioni entomologiche può essere suggestiva di eventuali spostamenti subiti dal cadavere.
L’applicazione di metodiche biochimiche e molecolari ai reperti entomologici ha portato alla nascita di altre due branche dell’entomologia: l’entomotossicologia e l’entomogenetica. La prima, accertando la presenza di eventuali sostanze esogene ingerite dal deceduto ed acquisite dalla popolazione larvale, ci aiuta a conoscere la possibile causa del decesso. La seconda, invece, attraverso l’individuazione del materiale genetico umano presente nei reperti entomologici prelevati dal cadavere, concorre alla sua identificazione.
L’entomologia forense opera in sinergia con la patologia forense integrando la valutazione dell’epoca di morte quando essa manchi di dati oggettivi in merito. La colonizzazione di un cadavere può iniziare anche fin dai primissimi istanti dopo la morte o addirittura già nelle fasi di agonia. I primi insetti che vi giungono per ispezionare il corpo e per riprodursi sono i Ditteri Brachiceri (le così dette mosche) appartenenti ai generi Calliphora, Lucilia, Chrysomya, Phormia, Sarcophaga e Musca: dotati di una percezione olfattiva fortemente sviluppata, giungono sul cadavere richiamati dai gas emessi durante la trasformazione post mortale e vi depongono le proprie uova a brevissimo tempo dal decesso e, spesso, non oltre il paio d’ore. Per la loro colonizzazione prediligono i naturali orifizi del corpo, soprattutto il volto, le pieghe cutanee e l’attaccatura dei capelli.
Ogni femmina, in base alla specie di appartenenza, può deporre da molte decine a centinaia di uova che si presentano all’occhio nudo come ammassi di notevole dimensione. Nel giro di 10-24 ore dalle uova si schiudono le larve che attraversando due processi di muta si accrescono con tempistiche specie-specifiche e temperatura dipendenti fino al terzo stadio larvale, detto L3, divenendo progressivamente più voraci. In questo stadio concorrono maggiormente alla degradazione del cadavere che può arrivare alla scheletrizzazione anche in sole due settimane. Le larve che raggiungono il terzo stadio entrano in una fase di post feeding cioè smettono di nutrirsi e si allontanano dal cadavere cercando un luogo idoneo per divenire pupe e successivamente adulte.
I ditteri che in un primo momento colonizzano il cadavere quindi sono sicuramente i più importanti e il loro tempo di sviluppo consente di stabilire con molta decisione il calcolo dell’intervallo post mortale.
Al fine di comprendere tale processo appare necessario illustrare il periodo post mortale nelle sue tre fasi, nelle quali compaiono segni sia di natura conservativa che distruttiva che permangono nel tempo (De Ferrari e Palmieri, 2007). Nella prima, detta morte relativa, compaiono i primi segni abiotici immediati, con la cessazione dell’attività respiratoria, circolatoria e celebrale; si identificano nella Tripode di Bichat e caratterizzano la morte clinica del soggetto (Bichat 1922). Nella seconda, morte intermedia, compaiono fenomeni consecutivi quali il raffreddamento del corpo (algor mortis), la rigidità muscolare (rigor mortis) e la formazione di ipostasi cadaveriche (livor mortis). Il rigor mortis si verifica già a 2-3 ore dal decesso, con un andamento cranio caudale, raggiunge la massima intensità intorno alle 36-48 ore e si risolve lentamente entro la 72a ora.
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