di Prudenza Schirone, Valentino Tarantini
La fase istruttoria, nell’ambito di un procedimento civile o penale, assume particolare importanza. Il consulente tecnico d’ufficio/perito, è quella persona dotata di elevata competenza tecnica e preparazione in specifiche discipline, chiamata ad assistere il giudice nella decisione di una causa. Costui, tuttavia, può discostarsi dal parere del tecnico valutando in modo critico gli elementi probatori e i criteri seguiti, motivando il tutto in sentenza. Il Giudice si pone, pertanto, nel ruolo di custode e garante del metodo avendo il compito di verificare la metodologia alla base dell’elaborato tecnico. Il rigore metodologico, quindi, unitamente al rispetto di specifici protocolli e norme comportamentali rappresenta garanzia di qualità dell’operato.
Preambolo
Il tema dell’analisi e comparazione di manoscritti in ambito forense è stato oggetto di una significativa evoluzione giurisprudenziale. Invero, con lo sviluppo costante degli studi specialistici di settore (in uno alla relativa letteratura) e l’utilizzo di strumentazioni sempre più sofisticate ed all’avanguardia con il progresso tecnologico, la perizia grafica ha assunto il carattere della scientificità, ossia di un fondamento epistemologico riguardante il metodo di indagine.
Tale tipologia di perizia, infatti, incentra la sua osservazione analitica sulle fasi ritmiche, sulla pressione e sul gesto grafico, inteso come l’insieme della micro gestualità accessoria e non, che determina la personalizzazione assoluta di una scrittura e che, per la sua collocazione e conformazione, non viene considerata importante sia da chi falsifica che da chi dissimula.
Lo scopo di una perizia grafica in generale è quello di espletare un’indagine che richiede particolari cognizioni tecniche che il giudice non possiede. Pertanto, il consulente/perito assume la veste di “ausiliario” al fine di accertare la verità in merito all’autenticità o meno di un manoscritto o di una sottoscrizione.
La casistica in materia è varia e comprende testamenti olografi, assegni, titoli di credito, contratti, scritture private e scritti anonimi.
L’argomento che il presente articolo intende affrontare impone un preliminare breve richiamo alle disposizioni contenute nei codici di procedura civile e di procedura penale per soffermarsi, successivamente, sul concetto di “documento” nonché sullo specifico ruolo del consulente/perito, esperto nell’esame e comparazione di manoscritture ed alla ratio sottesa all’incarico conferitogli.
In particolare, la figura del consulente tecnico/perito, disciplinata in dettaglio dall’art. 221 all’art. 201 c.p.c. e dall’art. 220 all’art. 233 c.p.p., identifica quella persona dotata di elevata competenza tecnica e preparazione in specifiche discipline (dal campo umanistico a quello scientifico), chiamata a coadiuvare ed assistere il giudice nella soluzione di problematiche di natura tecnica mediante pareri non vincolanti formulati in forma orale o attraverso un elaborato scritto.
L’attività del nominato esperto può essere:
di natura percipiente, qualora sia necessario il possesso di specifiche cognizioni tecniche o l’impiego di particolari metodologie scientifiche per l’accertamento dell’esistenza di determinati fatti rilevanti ai fini della decisione. La consulenza, in tal caso, sarà fonte oggettiva di prova dei fatti accertati;
di natura deducente laddove consista nella mera valutazione di fatti già accertati o di dati preesistenti. La consulenza, pertanto, fornirà elementi di valutazione per la formazione del convincimento del magistrato.
Tuttavia costui, in virtù del contraddittorio e del confronto costruttivo tra le parti ed i rispettivi tecnici, può ben disattendere detti pareri valutando in modo critico gli elementi probatori e i criteri seguiti per discostarsi dall’opinione del consulente/perito d’ufficio: tanto secondo l’antico brocardo “iudex peritus peritorum”, rivestendo il ruolo di custode e garante del metodo, con il compito di verificare la metodologia alla base dell’elaborato tecnico e ricostruire la validità scientifica delle affermazioni ivi sostenute.
Orbene, fatta tale breve premessa, per quanto concerne la tematica de qua, occorre altresì soffermarsi sul concetto di “documento” nonché, come innanzi preannunciato, sullo specifico ruolo del consulente/perito esperto nell’esame e comparazione di manoscritture ed alla ratio sottesa all’incarico conferitogli.
In primo luogo, per “documento” deve intendersi qualsiasi oggetto materiale idoneo a rappresentare o dare conoscenza di un fatto. Funzione dello stesso è determinare il convincimento del giudice mediante il suo contenuto (ossia fatti e dichiarazioni in esso rappresentati) e la sua provenienza.
A tal proposito, tralasciando gli aspetti squisitamente giuridici in ordine all’efficacia probatoria, si è soliti distinguere tra atto pubblico – ossia documento redatto con le formalità previste dalla legge da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede – e scrittura privata, quali telegramma, carte e registri domestici, scritture contabili, riproduzioni meccaniche, ma anche più in generale grafie varie e sottoscrizioni (comprese le sigle), copie fotostatiche e fotografiche delle medesime.
Sicché, per la ricerca della verità in ordine all’autenticità di uno scritto ed alla individuazione del suo autore il magistrato nominerà un esperto nel settore, formulando apposito quesito. Non è richiesta l’analisi di personalità stante l’espresso divieto sancito dall’art. 220 c.p.p., non ammettendosi perizie di natura psicologica volte a determinare la personalità dell’imputato e la sua tendenza o abitualità a delinquere.
Il tecnico, pertanto, dovrà orientare la propria indagine sul gesto grafico analizzando la scrittura nei suoi parametri generali e specifici. Non solo ma dovrà anche considerare altri aspetti di natura merceologica (tipologia di inchiostri, qualità della carta, etc.) – avvalendosi, ove necessario, di specialisti di settore – appurando, altresì, se siano intervenute manomissioni, cancellature, sovrapposizioni, ricalchi, soprattutto nei casi di simulazione e falsificazione.
L’indagine scientifica peritale dovrà dunque osservare i requisiti del rigore e dell’oggettività, vale a dire che ogni assunto deve essere dimostrabile al fine di evitare eccezioni di superficialità, così come ogni espressione utilizzata, scevra da qualsiasi commento e valutazione personale, in modo da consentire al lettore di ripercorrere l’intero iter-logico che ha condotto il tecnico a quella specifica affermazione.
Pertanto, nella fattispecie de qua, si parlerà di studio scientifico del gesto grafico.
A tal proposito, per l’accertamento dell’autenticità di una scrittura non è più applicabile il metodo calligrafico, ormai superato, in quanto non avente carattere di scientificità traducendosi in una mera comparazione delle lettere in ordine all’aspetto estetico-formale, sostituito da quello grafonomico incentrato sul movimento della scrittura dal punto di vista cinetico ed avente ad oggetto una fase osservativa delle caratteristiche della grafia e/o delle firme (distinguendo tra connotati generali, connotati salienti e contrassegni particolari), una fase segnaletica-illustrativa, dal generale al particolare, dei reperti analizzati ed una fase confrontuale (ossia una valutazione delle similitudini e delle differenze tra connotati e contrassegni): detto metodo applica le leggi della fisica scritturale osservando la velocità della scrittura, le dimensioni, le direzioni, i legamenti.
I principi del metodo grafonomico vengono ulteriormente sviluppati dal metodo grafologico con implicazioni anche di carattere fisiopsichico.
Quanto sopra esposto implica la necessità da parte del tecnico, durante l’espletamento dell’incarico, di seguire un ferreo protocollo d’indagine. ©
Il rigore metodologico nell’espletamento della Consulenza Tecnica D’ufficio (II parte)