Anche se la sua entrata in vigore è stata differita al 30 dicembre 2022 la riforma Cartabia della giustizia penale, pur non escludendosi modifiche in fase di conversione del d.l. n.162 del 2022, consente di sviluppare alcune riflessioni di ordine generale sull’origine e gli sviluppi della legge delega e della sua attuazione, nonché sulle sue linee portanti.
Nata dall’esigenza di bilanciare la riforma della prescrizione nel contesto della legge “Spazzacorrotti”, la riforma di cui all’AC 2435 ha subìto le modifiche determinate dalle variazioni della compagine di governo e dalle determinazioni europee connesse al PN e alla conseguente esigenza di decongestionare il carico giudiziario nella misura del 25%.
Il testo, attuativo della l. delega n. 134 del 2021, evolutosi alla luce dei lavori delle Commissioni ministeriali, ci consegna un prodotto (il d. lgs. n. 150 del 2022) che integrato dalle previsioni immediatamente operative dell’art. 2 della cit. l. n. 134 del 2021, che ha introdotto l’art. 344 bis c.p.p. che disciplina l’improcedibilità per superamento dei termini delle fasi di impugnazione si regge su tre pilastri: modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e normativa di attuazione, giustizia riparativa (oltre a norme di raccordo riguardanti le previsioni collaterali: giudice di pace, processo minorile, in primis).
In termini contenutistici e di sistema sono molte le considerazioni che possono essere sviluppate tra elementi generali e profili di maggiore specificità (che tuttavia, in alcuni casi rappresentano linee di tendenza dell’evoluzione normativa nei peculiari settori interessati: interessi civili e confische, ad esempio).
Naturalmente, c’è la piena consapevolezza che le norme processuali e quelle sostanziali non sono sufficienti a risolvere i deficit di efficienza della macchina giudiziaria. Conseguentemente, la manovra di adeguamento dei presupposti e dei percorsi processuali è accompagnata dal rafforzamento degli organici (magistrati e personale amministrativo), da personale di supporto (l’ufficio del processo: il relativo d. lgs. al n. 151 non è stato rinviato) nonché dall’ informatizzazione della macchina giudiziaria.
Nell’impossibilità di procedere all’amnistia ed alla depenalizzazione si è proceduto per perseguire il riferito obiettivo di decongestionare il carico giudiziario attraverso strumenti deflattivi e premiali, ma anche cercando di superare alcune incrostazioni dei percorsi procedimentali.
L’operazione si regge in primo luogo su di una forte integrazione tra il diritto penale sostanziale e il diritto processuale penale.
La chiave di volta è costituita dalle modifiche del sistema sanzionatorio attraverso la trasformazione delle sanzioni sostitutive di cui alla l. n. 689 del 1991, in pene sostitutive delle detenzioni brevi, così da intercettare la fascia medio-bassa della criminalità, quella numericamente più diffusa e in qualche modo recuperabile attraverso la premialità e l’uscita dal processo.
Naturalmente queste pene e vere proprie, ancorché sostitutive, con i loro presupposti, esecuzione, contenuti, preclusioni e divieti si innestano nei percorsi processuali tradizionali che per questo inserimento diventano oggetto di valutazione da parte dell’imputato e del suo difensore. Conseguentemente, anche perché integrati da ulteriori elementi di favor, procedimento per decreto, messa alla prova, patteggiamento e tenuità del fatto diventano valutabili in chiave di definizione anticipata così da definire il processo in termini ragionevoli e favorendo i carichi di lavoro delle vicende processuali per le quali gli sviluppi premiali non sono possibili ovvero la difesa ritiene di non utilizzarli.
Si tratta di pene con contenuti effettivi, con preclusioni, oneri comportamentali la cui violazione è sanzionata, nel cui contesto assume rilievo l’effettività della pena pecuniaria, che principale o sostitutiva andrà eseguita pena la trasformazione in una pena sostitutiva restrittiva.
Ai tradizionali e consolidati percorsi se ne affiancano dei nuovi come l’accentuato possibile ricorso alla remissione della querela ed alla archiviazione delle contravvenzioni in caso di adempimento delle prescrizioni imposte dall’ente accertatore delle violazioni.
Si consideri che nella valutazione soggettiva e diversificata potranno entrare molti elementi pendenti, non ultimo il blocco della prescrizione, i filtri e gli oneri (non solo economici dei gravami), l’alea del loro esito, solo per citarne alcuni.
Naturalmente molta attenzione è dedicata alla semplificazione, all’accelerazione dei percorsi, alle sanatorie, alla messa a punto di alcuni istituti tesi a definire meglio i tempi processuali (verifica sulla tempestività della iscrizione nel registro delle notizie di reato; scansioni dei tempi per il deposito degli atti e per l’esercizio dell’azione penale) con ridimensionamento del ricorso alla proroga delle indagini. Anche i criteri di priorità nello svolgimento delle indagini e il calendario delle udienze dibattimentali si collocano, pur nella diversa funzionalità, in questa direzione.
Non mancano norme che tendono ad anticipare comportamenti per evitare ritardi negli sviluppi processuali (per la costituzione di parte civile e per la verifica della effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato) nonché per sgombrare il campo da sviluppi incidentali che ne possano rallentare il regolare svolgimento (regolamento preventivo di competenza territoriale).
Non meno significative in tutto il quadro delineato sono le regole di giudizio per l’archiviazione e la sentenza di non luogo costituita dalla ragionevole previsione di condanna, anche se restano incerti se non anche i suoi contenuti, certamente la sua effettiva efficacia essendo i giudici chiamati a farne un corretto uso secondo gli intendimenti della riforma.
Il dato appare così rilevante che stante l’ampliamento delle competenze del giudice monocratico – altro elemento che unito agli altri dovrebbe favorire il decongestionamento – si è prevista una inedita udienza predibattimentale tutta da costruire o da verificare, con possibile applicazione di pene sostitutive concordate tra p.m. e imputato.
Un processo, quindi, con meccanismi complessi e inediti che richiedono professionalità da parte di tutti, scelte valoriali che escludono soluzioni improvvisate e di scarsa ponderazione perché il processo penale è uno strumento sempre più sofisticato che non può essere lasciato all ‘improvvisazione di protagonisti e neppure dei comprimari.