di Alessio Sarais
[vc_row]Stato della Città del Vaticano – Leggi nn. VIII, IX e X dell’11 luglio 2013
Il 1° settembre sono entrate in vigore tre leggi vaticane (nn. VIII, IX e X, 11 luglio 2013), accompagnate da un Motu proprio del Papa, che introducono significative innovazioni nel sistema penale e sanzionatorio nell’ordinamento dello SCV.
Prima parte: leggi nn. VIII e IX.
Seconda parte: legge n. X.
Sono entrate in vigore il 1° settembre una serie di importanti modifiche normative (leggi nn. VIII, IX e X dell’11 luglio 2013) che hanno interessato il sistema penale e sanzionatorio dello Stato della Città del Vaticano. A questi provvedimenti si è accompagnato un Motu proprio del Papa che – nelle materie disciplinate dalle stesse leggi – estende la giurisdizione dei giudici vaticani anche ai Dicasteri della Santa Sede.
Al fine di comprendere meglio le innovazioni previste dalla nuova disciplina, appare utile un cenno sull’ordinamento giuridico vaticano, in particolare per quanto concerne il sistema penale. Con la nascita dello Stato nel 1929 a seguito della stipula dei Patti lateranensi, Pio XI, nella sua qualità di capo dello Stato, emanava sei leggi che avrebbero rappresentato nel tempo l’ossatura fondamentale del sistema giuridico vaticano, sistema che si configurava fin da subito come ordinamento sovrano e in sé autosufficiente. In particolare la legge n. II del 7 giugno 1929, nota come legge sulle fonti del diritto, prevedeva come fonti del diritto per lo SCV le norme canoniche (Codex iuris canonici e Costituzioni apostoliche) e le specifiche leggi emanate per la Città del Vaticano dal Sommo Pontefice o da altra autorità da lui delegata (art. 1). Nelle materie in cui non provvedevano le fonti canoniche o specifiche leggi date per lo SCV, si sarebbe applicata in via suppletiva la legge italiana, sebbene con particolari filtri (non contrarietà al diritto divino, ai principi generali del diritto canonico e a quanto previsto nei Patti lateranensi, oltre che concreta applicabilità delle norme “in relazione allo stato di fatto esistente”, art. 3).
Per quanto riguarda in particolare il sistema penale, era previsto (art. 4) che si applicasse nello SCV il codice penale all’epoca vigente nel Regno d’Italia, vale a dire il cd. codice Zanardelli, promulgato in Italia nel 1889. Allo stesso modo, venivam“recepito” nello SCV il codice di procedura penale italiano allora in vigore (art. 7), emanato nel 1913. Questo rinvio di carattere “statico” ai codici italiani, li rendeva fonti applicabili nello SCV così come vigenti in Italia al momento del recepimento, sganciandoli per il futuro dalle successive vicende che essi avrebbero avuto per parte italiana.
Ecco che così, dopo il recepimento del 1929, il sistema penale italiano e quello vaticano prendono strade diverse. Il codice penale Zanardelli del 1889, che rimaneva vigente nello SCV, venne abrogato in Italia nel 1930 e sostituito dal cd. codice Rocco. Allo stesso modo, nello SCV restava applicabile il codice di procedura italiano del 1913, quando invece in Italia, contestualmente al nuovo codice sostanziale, nel 1930 entrava in vigore anche il nuovo codice di rito che sarebbe poi stato ulteriormente sostituito con l’attuale codice di procedura del 1989.
Il legislatore vaticano peraltro interviene sulla disciplina penale originariamente recepita dal sistema italiano, apportando nel tempo una serie di modifiche. In particolare, in questo senso si possono ricordare la legge che modifica la legislazione penale e la legislazione processuale penale (n. L, 21 giugno 1969), la legge sulle pene pecuniarie e sulla prescrizione (n. LII, 10 gennaio 1983), e più di recente la legge concernente la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo (n. CXXVII, 30 dicembre 2010) e quella sulla frode e la contraffazione delle banconote e le monete in euro (n. CXXVIII, di pari data).
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