di Faustino De Gregorio
La nascita e la formazione del sistema della Respublica Christiana è stata, sin dalle origini, caratterizzata da peculiari accadimenti che gli storici riconducono principalmente al tempo della dominazione romana, nella quale l’auctoritas traeva il suo riconoscimento dall’imperium popoli. L’Imperatore romano amava rappresentarsi come un dio in terra, secondo la visione orientale della sacralità propria di chi è chiamato a governare. I cristiani non accettavano di venerare l’Imperatore allo stesso modo del loro Dio, innescando così un meccanismo di tradimenti e sospetti da indurre Roma ad agire con le maniere forti sino al punto da dichiarare la religione che costoro professano come ‘illicita’.
Al termine delle persecuzioni contro la ‘setta’ dei cristiani, una nuova stagione viene formandosi lasciando ampio spazio al potere pubblico, che non disdegnava una qualche interferenza negli affari ecclesiastici così come l’esercizio del potere nei confronti di una parte della gerarchia.
La nascita e la formazione del sistema della Respublica Christiana è stata, sin dalle origini, caratterizzata da peculiari accadimenti che gli storici, ma non solo, riconducono principalmente al tempo della dominazione romana soprattutto in terra palestinese nonostante la ferma opposizione di alcune frange indigene che mal volentieri sopportavano l’idea di un potentato invasore. Diciamo subito che i cristiani della Palestina venivano perseguitati perché rifiutavano di venerare la figura dell’imperatore come fosse un dio ed anche perché non riconoscevano le divinità adorate dai romani: non a caso Pietro, il primo vescovo di Roma, fu crocefisso per questa ragione.
C’è da registrare quanto la cultura romana poggiasse la propria convinzione sull’idea che l’auctoritas traesse il suo riconoscimento dall’imperium popoli che, certamente escludeva ogni riferimento che potesse identificarsi con la supremazia di un dio che tutto può. Mentre basterà ricordare come, nella concezione medievale, prescindendo dall’ultimo riferimento appena annotato, quello cioè radicato nella struttura costituzionale romana, risulterà quasi impossibile, nell’immaginario collettivo del tempo, accettare che le cose accadessero casualmente o magari semplicemente perché il destino lo volesse, in quanto tutto era accettato e preordinato da un Dio e da Lui voluto.
Ecco perché, ad avviso dello scrivente, va inquadrata proprio in questa direzione la concezione secondo la quale i rapporti intercorrenti ed ordinati tra le strutture pubbliche ed ecclesiastiche nel governo della civitas Christiana non fossero il frutto di una mera casualità, quanto il risultato della sola volontà dell’Essere Supremo il quale doveva intendersi come il ‘garante’ Unico del sistema temporale. Ed allora, l’idea cristiana che gli uomini del tempo hanno di Dio si spinge oltre la convinzione che fosse solo il Creatore dell’universo bensì anche l’Ordinatore, il Legislatore e Giudice di tutta l’umanità.
C’è da dire, però, ritornando indietro nel tempo, che l’Imperatore romano ama rappresentarsi come un dio in terra, secondo la visione orientale della sacralità propria di chi è chiamato a governare per quanto, questa sacralità fosse in qualche modo slegata dall’investutura che gli tributava il popolo anche se, sottolineamo, si va facendo strada l’idea che fosse necessario anche il riconoscimento di una volontà divina che, dunque, gli conferisse proprio quella sacralità della quale si diceva. Tutto nasce dal fatto che i cristiani non accettano di venerare l’Imperatore allo stesso modo del loro Dio innescando un meccanismo di tradimenti e sospetti da indurre Roma ad agire con le maniere forti sino al punto da dichiarare la religione che costoro professano come ‘illicita’, con tutte le conseguenze che ne comportava. Da qui le persecuzioni contro quei cristiani che si ostinavano a professare il credo ‘bandito’ e, per di più, rifiutavano di adorare l’Imperatore romano ne più ne meno di un dio in terra.
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