di Sara Cutrona e Ivan Zaccagnini
In questo contributo vengono analizzate alcune delle criticità legate alla proliferazione dei droni commerciali. In particolare, nella prima parte viene effettuata una decostruzione del Regolamento di Esecuzione (UE) 2019/947 emesso dalla Commissione Europea e che regola l’esercizio degli aeromobili senza equipaggio o Unmaned Aircraft Systems (UAS). Nella seconda parte, ad integrazione pratica di quanto viene affermato nell’analisi legale, si fornisce un esempio concreto di come un drone potrebbe essere utilizzato per effettuare un attacco terroristico.
Nella loro opera “Guerra senza limiti”, i quadri militari cinesi Qiao Liang e Wang Xiangsui hanno affermato che: “La tecnologia è come un paio di scarpe magiche ai piedi della bambola meccanica dell’umanità. Dopo che la molla è stata caricata dagli interessi commerciali, la gente può solamente danzare volteggiando vorticosamente al ritmo che le scarpe stesse hanno stabilito.” Nel caso della proliferazione dei droni commerciali a livello nazionale e internazionale, la tecnologia non solo detta, freneticamente, il ritmo della danza, ma permette anche di volare, trasportare materiale (non sempre lecito), acquisire informazioni (non necessariamente per fini costruttivi) e, infine, compiere operazioni di diversa natura, a volte anche criminale.
Sebbene nel suo complesso il fenomeno della diffusione dei droni ad uso privato non sia di per sé problematico, l’aumento massiccio della presenza di droni commerciali nello spazio aereo pone una serie di sfide concrete, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello squisitamente securitario. Da una parte, infatti, sussiste la necessità di una regolamentazione attenta e dettagliata sull’identificazione dei dispositivi e dei loro utilizzatori, sul loro utilizzo, sui limiti di operatività e sulla definizione di rischi e responsabilità legati all’uso improprio degli stessi. Dall’altra, esiste l’urgenza di riflettere su quali possano essere i profili – detto con un accenno di provocazione – di insicurezza, nazionale e internazionale, derivanti da un impiego malevolo di questi strumenti. L’intento di questo contributo è quello di far luce, sinteticamente, su questi due aspetti, sottolineando le criticità non ancora affrontate e auspicando ad una riflessione più estesa sul tema.
Per iniziare ad inquadrare il problema e le sue proporzioni è fondamentale fornire una definizione e alcuni dati. Per “drone” si intende un aeromobile a pilotaggio remoto (APR) – in inglese Unmanned Aircraft System (UAS) – il cui volo è controllato o da un computer installato all’interno del velivolo o da un sistema remoto, manovrato da un pilota. In commercio ne esistono di varie tipologie che differiscono le une dalle altre per una serie di caratteristiche, le più importanti: la capacità di trasporto (payload); l’autonomia di volo (endurance) e le dimensioni (range).
Nel panorama italiano, secondo le stime riportate sul portale dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), risulta che, dal 2016 al 2019, sono stati registrati 13.479 droni, con un incremento medio annuo del 13%. In particolare, gran parte delle registrazioni riguardano droni con un peso inferiore a 1 kg (43%) e tra 1 e 5 kg (48%). Solamente il 6% delle registrazioni è per droni con peso compreso tra 5 e 10 kg e il restante 3% per droni sopra i 10 kg. Il 56% dei droni registrati appartiene a 5 costruttori: DJI con il 47% delle registrazioni totali, Parrot (3%), Yuneec (2,5%), DXdrone (2%) e Italdron (1,5%). Dal punto di vista commerciale, le aziende italiane che si occupano di droni sono circa 700 e si tratta per lo più di piccole o piccolissime imprese collocate nel Centro-Nord del Paese.
Tuttavia, secondo un report dell’Osservatorio Droni della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato professionale in Italia vale già circa 100 milioni di euro. Un mercato enorme e protagonista di una crescita esponenziale i cui numeri sono destinati inevitabilmente ad aumentare. In particolare, secondo i dati divulgati recentemente da ENAC, fino a quest’estate gli operatori di droni registrati a livello nazionale erano 74507, più di diecimila in più rispetto a quelli del novembre 2021.
A livello europeo, il pattern ricalca lo stesso trend consistente e crescente con le statistiche datate dicembre 2021 della European Aviation Security Agency (EASA) che riportano: 815.653 operatori di droni registrati; 652.848 certificati di pilota da remoto rilasciati e più di ottocento autorizzazioni operative rilasciate ai singoli users.
Questi numeri, considerati esclusivamente nella loro mole, fanno già intendere quanto sia fondamentale una regolamentazione giuridica attenta e che disciplini ogni singolo aspetto legato all’impiego di questi strumenti. Di fatto, è stato proprio questo l’obiettivo che si sono posti i legislatori europei con il Regolamento di Esecuzione (UE) 2019/947 della Commissione, datato 24 maggio 2019 e relativo alle norme e procedure per l’esercizio di aeromobili senza equipaggio.