EVASIONE FISCALE: LEGITTIMO IL SEQUESTRO DEL PC E DELLA PEN DRIVE SE UTILE ALL’ESPLETAMENTO DI ULTERIORI INDAGINI

di Michele Iaselli

Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, sentenza n. 21103 del 26 marzo 2013 e depositata il 16 maggio 2013

Con la sentenza n. 21103/2013 la Suprema Corte conferma la validità del sequestro probatorio disposto dalla Procura della Repubblica ed ammesso dal Tribunale del riesame di Napoli per il reato di dichiarazione fiscale infedele al fine di evasione delle imposte, formulata sulla base di una circostanziata informativa della Guardia di finanza. In sostanza si prospettava la concreta possibilità che, attraverso un’operazione di “ripulitura”, erano stati cancellati dal computer sequestrato centinaia di files sui quali erano annotati gli importi dei ricavi delle prestazioni mediche eseguite nei confronti dei pazienti, così da nascondere il reale volume degli affari.


 

La Corte di Cassazione, VI sez. penale, con la sentenza in esame conferma la validità del sequestro probatorio disposto dalla Procura della Repubblica ed ammesso dal Tribunale del riesame di Napoli per il reato di dichiarazione fiscale infedele al fine di evasione delle imposte (art. 4 decreto legislativo n. 74/2000) formulata sulla base di una circostanziata informativa della Guardia di finanza. Il sequestro ha per oggetto il personal computer, le pen drive, le schede micro ed il restante materiale informatico di un professionista rinvenuto dalla Guardia di finanza e segue ad altri provvedimenti di sequestro fondamentalmente analoghi, anche se disposti per una diversa ipotesi di reato (violazione art. 326 c.p.) e precedentemente annullati in sede di riesame.

La motivazione del sequestro è evidente in quanto si ritiene che l’imputato abbia, attraverso un’operazione di “ripulitura” del disco fisso, cancellato dal computer centinaia di files sui quali erano annotati gli importi dei ricavi delle prestazioni mediche eseguite nei confronti dei pazienti, al fine di nascondere il reale volume degli affari. A nulla valgono le contestazioni della difesa e principalmente la censura del divieto di “bis in idem” in quanto, come giustamente sostenuto dalla Suprema Corte, tale divieto non preclude la possibilità di imporre la misura cautelare reale sulla base di elementi non valutati, anche se già in precedenza a disposizione dell’accusa. Difatti, il nuovo provvedimento di sequestro oggetto di contestazione, è stato emesso in relazione ad una diversa ipotesi di reato, rispetto ai casi precedenti, circostanza questa che consente la reiterazione della misura. Inoltre la Suprema Corte, sulla base di propri precedenti (v. Cass. Pen., III sez., n. 15177/2011), ricorda che la legittimità del sequestro probatorio deve essere valutata in riferimento all’idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini, per acquisire prove certe o prove ulteriori del fatto, non esperibili senza la sottrazione all’indagato della disponibilità della “res” o l’acquisizione della stessa nella disponibilità dell’A.G. Tale circostanza si ritiene senz’altro sussistente nel caso di specie.

Come è noto gli strumenti sui quali attualmente si può esplicare l’attività di digital forensics sono numerosi e anche fra loro differenti. Questa è la conseguenza del fenomeno della digitalizzazione delle informazioni e della sempre maggiore quantità di apparati tecnologici alla portata di tutti: CD, DVD, hard disk, pen drive, palmari, telefoni cellulari e sim card, smartcard, video camere e macchine fotografiche digitali. “Così come un tempo si frugava negli archivi, nelle librerie e nei cassetti, nel tempo attuale la ricerca di un supporto di archiviazione e conservazione dell’informazione non può più essere considerata un’attività semplice, considerando ad esempio che le sole chiavette USB, ad esempio, hanno raggiunto forme e dimensioni tali da poter essere scambiate, o meglio, camuffate, con un qualsiasi altro prodotto commerciale tale da non renderne immediata la sua individuazione (si nascondono dentro le comuni penne stilografiche così come dentro un portachiavi o un gadget di qualunque forma e dimensione)”(1).

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Michele IASELLI - Vicedirigente del Ministero della Difesa, Presidente di ANDIP, docente Università di Cassino, coordinatore comitato scientifico Federprivacy
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