Gli animali in Costituzione: alla ricerca di un equilibrio

di Cinzia F. Coduti

1. La legge costituzionale n. 1 del 2022 e la riforma dell’articolo 9

Il posto degli animali nella Costituzione: appunti sulla riforma dell’articolo 9 è il titolo di un interessante Convegno organizzato di recente dall’Associazione AB Agrivenatoria Biodiversitalia insieme con la Fondazione Osservatorio sulla criminalità in agricoltura e sul sistema agroalimentare e la Fondazione UNA (Uomo Natura Ambiente)[1].

L’incontro ha rappresentato l’occasione per indagare le prospettive di tutela degli animali dopo che l’entrata in vigore della l. cost. 11 febbraio 2022, n. 1 Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente ha, per la prima volta, operato una riforma della parte prima della Carta costituzionale del 1948, riservando agli animali una esplicita menzione tra i principi fondamentali.

Per effetto di tale riforma, l’art. 9 Cost. – già composto, nella sua formulazione originaria, da due commi, che affidano alla Repubblica il duplice compito, da un lato, di promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica (comma 1) e, dall’altro, di tutelare il paesaggio (comma 2) – risulta innovato con l’aggiunta di un terzo comma, che prevede una estensione degli interventi di tutela a favore dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni. Un ultimo periodo, a chiusura del terzo comma, riserva alla legge dello Stato la disciplina dei modi e delle forme di tutela degli animali[2].

Ad essere modificate dalla l. cost. n. 1/2022 citata sono anche le disposizioni dell’art. 41, norma che tutela la libertà di iniziativa economica privata e che, nella riscrittura del secondo comma, inserisce tra i limiti invalicabili al suo esercizio, oltre all’utilità sociale, la sicurezza, la libertà e la dignità umana, anche la salute e l’ambiente. Al terzo comma, ulteriore e rilevante novità è rappresentata dalla possibilità di subordinare le attività economiche pubbliche e private oggetto delle linee di programmazione e controllo fissate dalla legge, a finalità non più soltanto sociali ma anche ambientali[3].

L’approccio multidisciplinare al tema, favorito dal rigore scientifico e metodologico con il quale la “questione animale” è stata affrontata, in chiave strettamente giuridica, da autorevoli esponenti del diritto, si è arricchito dei dati offerti dai problemi in campo presentati dagli operatori del settore agricolo, agroalimentare e faunistico-venatorio, che hanno restituito un’immagine complessa del delicato equilibrio che caratterizza le relazioni uomo/animale/ambiente sempre più influenzate da forme ìmpari di competizione che reclamano l’impegno, da parte del legislatore e dei giudici, al miglior bilanciamento possibile tra interessi costituzionalmente rilevanti, sulla base di un dialogo aperto e partecipativo con i cittadini e tutte le parti interessate.

  1. Gli animali come soggetti di diritto o titolari di tutele: proposte a confronto

La previsione espressa di una riserva di legge statale chiamata a disciplinare forme e modi di tutela degli animali, riporta al centro della discussione l’opportunità di riconoscere l’animale quale soggetto di diritto e, come tale, centro di imputazione di diritti individuali, scollegati dagli interessi dei padroni. Secondo tale orientamento, si propone l’esclusione degli animali dall’ambito giuridico tradizionale delle res e la loro inclusione tra i soggetti, attraverso il riconoscimento di una dignità animale in grado di garantire un’applicazione effettiva del principio di uguaglianza sulla base di un approccio biocentrico (o eco-centrico) mediante la costruzione di un antispecismo giuridico organizzato sul riconoscimento di diritti soggettivi indipendentemente dalla specie (umana o non umana) di appartenenza[4].

In effetti, già nel corso dei lavori parlamentari aventi ad oggetto l’esame della proposta di legge costituzionale successivamente approvata, sono emerse posizioni contrastanti dirette, da un lato, ad affermare la natura degli animali quali esseri senzienti – con evidente richiamo all’art. 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) – e, dall’altro, a ribadire l’inopportunità di una loro esplicita menzione nel testo costituzionale, in quanto agevolmente identificabili nei più ampi concetti di ecosistema e biodiversità.

Un diverso e più sfumato orientamento, pur diretto a garantire un bilanciamento tra interessi umani e animali – senza, tuttavia, giungere a riconoscere a questi ultimi la titolarità di diritti soggettivi – impegna il legislatore a tenere in debita considerazione la relazione uomo-animale per una convivenza pacifica basata sul rispetto: si tratta di una interpretazione funzionalmente orientata basata sulla conferma della natura dell’animale come bene giuridico da gestire attraverso il riconoscimento di una soggettività attenuata garantita dalla individuazione di diritti “per” gli animali che spetta al legislatore individuare e agli uomini rispettare nel singolo caso concreto[5].

Di tutt’altro tenore appare la considerazione che una tutela effettiva agli animali possa essere garantita senza ricorrere all’istituto della soggettività giuridica, tenuto conto che: le relazioni uomo/animale sono declinate in modo differente in base alle specie (si pensi alle categorie di animali domestici, di affezione, da reddito, selvatici, ecc.); la titolarità dei diritti implica anche l’esercizio dei doveri; la legislazione di settore fornisce strumenti specifici alternativi di tutela, altrettanto efficaci.

In questo senso, il Prof. Carlo Granelli ha proposto, con particolare forza chiarificatrice, il caso dei beni culturali, anch’essi contemplati tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 9, co. 1) che, pur non godendo dello status di soggetti, ricevono espressa tutela nel d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 a garanzia della memoria delle comunità locali e del territorio nazionale attraverso la previsione di sanzioni amministrative e penali variamente graduate in base alla gravità delle violazioni e alla tipologia delle condotte illecite (artt. 160-169) oltre che mediante la definizione di limiti più o meno estesi ai poteri di godimento e di disposizione che possono persino dar luogo ad interventi di esproprio per finalità di interesse pubblico.

  1. La tutela degli animali in una prospettiva comparata

E anche a voler prendere spunto, in termini comparati, dall’esperienza di altri ordinamenti giuridici, la difficoltà di attribuire la titolarità di diritti soggettivi agli animali non sembra essere potersi dire superata[6].

Ad esempio, la Costituzione federale della Confederazione Svizzera riserva agli animali una particolare protezione fin dal 1999, da attuare mediante l’adozione di specifiche prescrizioni dirette a disciplinare la detenzione e la cura degli animali; gli esperimenti e gli interventi su animali vivi; l’utilizzazione di animali; l’importazione di animali e di prodotti animali; il commercio e il trasporto di animali; l’uccisione di animali (art. 80). Il Codice civile svizzero (Schweizerisches Zivilgesetzbuch), nella parte dedicata alla proprietà, è stato integrato da un articolo di principio sugli animali, introdotto dalla legge federale del 2002 (art. 641a), il quale precisa che gli animali non sono cose, ma, salvo disposizioni particolari, le norme sulle cose sono parimenti valide per gli animali. Nella parte dedicata alla comproprietà, uno specifico articolo individua la sorte degli animali domestici al momento della cessazione della comproprietà (art. 651 a): «Per gli animali domestici non tenuti a scopo patrimoniale o lucrativo, in caso di litigio il tribunale ne attribuisce la proprietà esclusiva alla parte in grado di garantire loro la sistemazione migliore dal profilo della protezione degli animali». Il giudice può disporre che la parte a cui è attribuito l’animale sia tenuto a versare un adeguato indennizzo alla controparte.

Nello stesso senso, mentre la Costituzione della Repubblica federale di Germania del 1949 impegna lo Stato a tutelare, anche a favore delle generazioni future, le fondamentali condizioni naturali della vita e degli animali (art. 20 bis), il Codice civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch-BGB) dispone, all’art. 90 bis, che gli animali non sono cose e sono tutelati da leggi speciali, sempre che non sia diversamente disposto, nel qual caso sono soggetti alle norme applicabili alle cose. Il legislatore tedesco, pur escludendo gli animali dal novero dei beni mobili non riconosce la soggettività giuridica ma richiama comunque le disposizioni sui beni, che trovano applicazione in via residuale, cioè soltanto nel caso in cui non siano previste prescrizioni specifiche.

Il codice civile francese, invece, riconosce gli animali come esseri viventi dotati di sensibilità e non come cose ma, in assenza di apposite leggi che li tutelino, seguono il regime giuridico dei beni.

Dall’esame comparato emerge che gli animali, pur essendo riconosciuti come esseri diversi dalle res o, in casi più espliciti, come esseri senzienti, continuano ad essere tutelati in via indiretta, sulla base delle disposizioni in materia di proprietà, secondo un approccio antropocentrico. In sostanza, l’animale, pur non essendo equiparato ad una res, non risulta inquadrato come essere dotato di soggettività giuridica. Pertanto, il regime di tutela deve essere ricercato tra le disposizioni del Libro III del codice civile in assenza di legislazioni speciali di applicazione.

  1. La tutela degli animali tra sistema codicistico e legislazione speciale

Nel nostro ordinamento, come accennato, il codice civile continua ad essere saldamente ancorato all’idea dell’animale come res in funzione del rapporto specifico con il proprietario. Si tutela il proprietario, ma non si prevede una tutela diretta degli animali. D’altra parte, il proprietario non esercita soltanto dei diritti ma ha anche delle responsabilità, connesse alla necessità di prendersi cura del proprio animale, come pure in caso di danni cagionati a terzi (ai sensi dell’art. 2052 c.c.).

La stessa visione antropocentrica è mantenuta nel codice di procedura civile che, a seguito di una modifica relativamente recente contenuta nel c.d. collegato ambientale[7], individua tra le cose assolutamente impignorabili gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali (art. 514, co. 1, 6-bis) e gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli (art. 514, co. 1, 6-ter).

Il codice penale, invece, accoglie una prospettiva differente, a partire dalla legge 20 luglio 2004, n. 189 Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate, che ha previsto l’inserimento, dopo il titolo IX del libro II del codice penale, del Titolo IX-bis, avente ad oggetto i delitti contro il sentimento per gli animali che sanziona diverse condotte, comprese quelle poste in essere da di chi cagioni morte o lesioni ad un animale, per crudeltà o senza necessità (artt. 544 bis e ter)[8]. Di particolare interesse è pure l’art. 19-ter delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, introdotto anch’esso dalla l. n. 189 del 2004 che conferma l’approccio basato sul regime di deroghe ed eccezioni alla tutela degli animali previsto dall’art. 13 del TFUE. Per effetto di tale disposizione, infatti, le sanzioni previste dal titolo IX-bis non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, pesca, allevamento, trasporto, macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali in materia di animali[9].

Fuori dai codici, passare in rassegna le numerose disposizioni della legislazione speciale, risulta un’attività particolarmente impegnativa ma, in ogni caso, utile a comprendere gli obiettivi di regolazione dei conflitti uomo/animale, nella maggior parte dei casi curvati a tutelare interessi fondamentali della persona. Il settore della sperimentazione, come ricordato dal Prof. Carlo Granelli, risulta emblematico al riguardo: se il reg. UE n. 1223/2009 vieta la sperimentazione animale per i prodotti cosmetici, il d.lgs. 4 marzo 2014, n. 26 Attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici la consente per finalità scientifiche o educative «quando, per ottenere il risultato ricercato, non sia possibile utilizzare altro metodo o una strategia di sperimentazione scientificamente valida, ragionevolmente e praticamente applicabile che non implichi l’impiego di animali vivi» (art. 1, co. 2).

  1. Gli animali da compagnia

Con particolare riguardo agli animali da compagnia, tra i quali sono compresi cani, gatti, furetti ma anche animali delle specie invertebrati, acquatici ornamentali, anfibi, rettili, volatili, roditori e conigli, con espresse eccezioni[10], il d.lgs. 5 agosto 2022, n. 134 Disposizioni in materia di sistema di identificazione e registrazione degli operatori, degli stabilimenti e degli animali per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/429, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettere a), b), g), h), i) e p), della legge 22 aprile 2021, n. 53 prevede che devono essere registrati presso il Sistema informativo nazionale degli animali da compagnia (SINAC) sezione della base dati nazionale (BDN) istituita presso il Ministero della salute. Nel sistema devono essere registrati, entro sette giorni dall’evento, anche i dati relativi alle variazioni anagrafiche, quali il trasferimento di proprietà, la movimentazione e il decesso degli animali (le modalità tecniche sono stabilite dal d.m. 2 novembre 2023).

Nei casi di separazione tra coniugi, le controversie che vedono impegnati i giudici nella individuazione del coniuge o del convivente affidatario dell’animale di affezione, restituiscono uno scenario eterogeneo, in ragione dell’assenza di una legge specifica diretta a regolare le sorti dell’animale a seguito della interruzione del rapporto coniugale o della convivenza more uxorio. Si susseguono decisioni contrastanti, come è stato rilevato dalla Prof.ssa Margherita Pittalis, che raramente privilegiano l’interesse materiale-spirituale-affettivo dell’animale, ma che, maggiormente, inducono a riconoscere cani e gatti come beni di proprietà da affidare al coniuge intestatario dell’animale iscritto presso l’anagrafe degli animali e identificato con apposito microchip.

Considerata la posizione, ancora più netta, del Tribunale di Milano del 2 marzo 2011 (ined.), che ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di affido dell’animale a causa dell’assenza di una norma specifica, la modifica dell’art. 9 Cost. è stata individuata come l’occasione per indurre il legislatore a formulare soluzioni innovative basate sul riconoscimento di una soggettività specifica connessa al diritto di protezione dell’animale, che deve essere escluso dall’ambito delle res. D’altra parte, che gli animali debbano essere tenuti distinti dalle cose, emerge in materia di responsabilità civile in ragione della scelta legislativa di dettare separate disposizioni per la responsabilità da cose in custodia (art. 2051 c.c.) e per i danni cagionati da animali (art. 2052)[11].

  1. La responsabilità per i danni cagionati da animali

Il concetto di proprietà si conferma come criterio di imputazione della responsabilità tanto per i danni causati dagli animali domestici quanto per quelli provocati da fauna selvatica.

Infatti, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel caso di un incidente stradale provocato dalla presenza di un cinghiale sulla sede stradale, la Corte di cassazione ha confermato la responsabilità della pubblica amministrazione per i danni provocati al veicolo dall’animale, trovando applicazione l’art. 2052 c.c., applicabile anche alle specie selvatiche protette ai sensi della l. 11 febbraio 1992, n. 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, in quanto parti del patrimonio indisponibile dello Stato e, come tali, affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema[12].

La pronuncia rileva anche per aver giustificato «l’esigenza di accedere ad una interpretazione estensiva dell’art. 2052 c.c.» sulla base dell’attuale contesto socio-economico caratterizzato dalla «notoria situazione di incontrollata proliferazione della fauna selvatica, nella sua continua interferenza con la circolazione stradale e nel conseguente costante pericolo da essa provocato all’incolumità e alla vita stessa delle persone». I giudici, nel richiamare le statistiche degli ultimi anni dai quali emerge l’aumento vertiginoso del numero di sinistri provocati, ritengono legittimo prevedere «presupposti più rigorosi di responsabilità per i danni derivati da tali sinistri» al fine di fornire risposte certe «alle accresciute istanze di tutela dei diritti fondamentali della persona alla vita e alla salute, prevalenti su qualsiasi contrapposto diritto o interesse».

Se una interpretazione estensiva dell’art. 2052 c.c. è stata compiuta dai giudici per evitare la violazione del principio di uguaglianza parificando quoad culpam tutti i proprietari di animali, domestici e selvatici, una tale parificazione non sembra configurabile nell’ambito della riserva di legge prevista dalla l. cost. n.1 del 2022, circoscritta alla individuazione di forme e modi determinati di tutela, sebbene rimangano taciute le specie di animali prese in considerazione.

A meno che la previsione non debba essere intesa come mera affermazione di principio diretta a riconoscere agli animali un valore fondamentale, in quanto esseri senzienti, da considerare nell’opera di bilanciamento tra interessi costituzionali coinvolti, insieme alla salute, all’ambiente, al lavoro.

  1. La tutela degli animali tra i diritti di nuova generazione

In questo senso, la recente riforma costituzionale si pone in continuità con lo sviluppo generazionale dei diritti umani «nati in certe circostanze, contrassegnati da lotte per la difesa di nuove libertà contro i vecchi poteri, gradualmente, non tutti in una volta e non una volta per sempre»[13].

Nel ripercorrere lo sviluppo delle categorie dei diritti garantiti dalle Costituzioni liberali e democratiche del Novecento, il Prof. Alfonso Celotto riconosce particolare rilievo ai diritti di terza generazione che – a differenza dei diritti di libertà della prima generazione e dei diritti di solidarietà della seconda, basati sul rapporto individuale del cittadino nei confronti dello Stato – considerano la pace, la protezione dell’ambiente, la felicità come diritti collettivi condivisi, difficilmente riconducibili ad un titolare[14]. In questo senso, la tutela degli animali si presenta come nuovo diritto aggiunto che concorre ad affermare il ruolo di garante della Corte costituzionale nell’azione di risoluzione dei conflitti tra interessi contrapposti, che rispondono, in ogni caso, ai diritti riconosciuti alla persona in seguito a lotte per la rivendicazione di nuove libertà. In sostanza, la riserva di legge statale diretta a stabilire forme e modi di tutela degli animali, pur potendo eventualmente individuare posizioni di diritto soggettivo alle res senzienti, trova un limite invalicabile nelle disposizioni degli artt. 2 e 3 Cost. che riconoscono i diritti inviolabili riferiti alla persona nella sua individualità e nelle occasioni di socialità, impegnando lo Stato a rimuovere le condizioni di ordine economico e sociale che ostacolano il raggiungimento delle proprie aspirazioni.

  1. I diritti costituzionali come diritti della persona umana

Occorre ribadire sul punto che «il primato storico e logico della persona umana rispetto allo Stato» rappresenta un dato insopprimibile perché espressione del bisogno di riaffermare i valori fondamentali violati durante la guerra e di impedire il ripetersi delle atrocità che hanno portato alla perdita di milioni di vite umane nel mondo. «I valori nascono e si affermano per gli uomini, e gli uomini vivono nella storia (la plasmano e ne sono plasmati), e la storia diviene, si muove, anche se spesso il movimento (pur ineliminabile) si percepisce solo nella lunga durata, lentissimamente, assomigliando al cammino dei ghiacciai della natura fisica… Vaghezza no, perché è netto e nitidamente precisato il nucleo valoriale, irradiante ed espansivo … ma serrato nel suo messaggio essenziale: garantire a ogni persona – anche a quella socialmente ed economicamente ultima – la salvaguardia della sua dignità»[15].

E che la dignità umana possa esprimersi al massimo grado o essere minacciata dal tipo di contatto, più o meno intenso e più o meno volontario, con diverse specie di animali, appare evidente. Si pensi, in via del tutto generale, al contatto con animali impiegati nell’ambito della pet therapy – conigli, cavalli, cani, gatti o asini – che possono migliorare la qualità della vita di bambini, anziani o persone affette da disabilità nell’ambito di processi educativi, terapeutico-riabilitativi o ludico-ricreativi basati su una corretta interazione uomo-animale[16]. E si pensi, ancora, agli incontri, non più così isolati, con orsi, cinghiali, nutrie e lupi, sempre più numerosi anche nei centri urbani che, spinti ad abbandonare il loro habitat alla ricerca di cibo, possono costituire un pericolo per la sicurezza pubblica e la continuità delle attività produttive; ma si pensi, ancora, alla diffusione di specie aliene invasive che sono in grado di imporsi sulle specie autoctone, causandone l’estinzione (si consideri lo scoiattolo grigio che domina sullo scoiattolo rosso autoctono o il granchio blu) o agli organismi nocivi per le piante come la xylella fastidiosa o la popillia japonica che comportano rischi fitosanitari e gravi impatti sul piano economico, sociale e ambientale[17].

  1. I danni causati dal lupo e la salvaguardia dell’incolumità pubblica

Con particolare riguardo al lupo (canis lupus), specie di interesse europeo che gode di una protezione rigorosa ai sensi della direttiva Habitat (Direttiva 21 maggio 1992, n. 92/43/CEE del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche) la Corte di giustizia è intervenuta di recente a decidere sulla conformità del provvedimento adottato dalle autorità austriache alle disposizioni dei trattti, dopo che un esemplare aveva ucciso circa venti pecore di un gregge situato su pascoli non protetti del Land Tirolo[18]. Considerando l’esemplare un grave pericolo immediato per gli animali, le colture e le attività agricole, ne è stata autorizzata la caccia sul presupposto che fossero soddisfatte le condizioni di deroga previste dall’art. 16, par. 1 della direttiva: non esiste un’altra soluzione valida; la deroga non pregiudica il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale; la deroga è giustificata dalla necessità di proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali nonché di prevenire gravi danni alle colture, agli allevamenti, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà. Impugnato il provvedimento dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Tirolo- Austria, il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento chiedendo alla Corte di pronunciarsi su una serie di questioni pregiudiziali finalizzate a verificare la conformità del provvedimento alle condizioni fissate dalla direttiva Habitat.

I giudici europei hanno ritenuto il provvedimento privo di adeguata motivazione con particolare riguardo ai gravi danni causati dal lupo, che non possono essere estesi ai danni indiretti futuri non imputabili alla specie responsabile della predazione in ragione dell’assenza del nesso di causalità con la concessione della deroga. Mentre, sul carattere proporzionale della misura in assenza di «altre soluzioni valide», la Corte di giustizia lo esclude, sul presupposto che il costo economico di una misura alternativa al prelievo di un esemplare di una specie rigorosamente protetta, debba tener conto del costo ecologico del prelievo, con la conseguenza che per evitare l’impatto economico delle misure alternative che gli imprenditori agricoli fossero chiamati ad adottare (allestimento di recinti, uso di cani da guardiania, accompagnamento delle greggi da parte dei pastori) queste dovrebbero essere compensate nell’ambito di programmi di finanziamento previsti dall’Unione europea, previa adozione di provvedimenti e piani di gestione sistemici necessari per la rigorosa tutela della specie animale interessata a livello nazionale.

Il Prof. Giuseppe Morbidelli, nell’esaminare la sentenza della Corte di giustizia, richiama il principio di proporzionalità ricordando che nel bilanciamento degli interessi, dovrebbe trovare un posto di assoluto rilievo non soltanto l’obiettivo di mantenimento della specie animale protetta ma anche l’interesse all’incolumità pubblica, che implicherebbe un bilanciamento di interessi diverso coinvolgendo aspetti ulteriori rispetto a quelli propriamente economici conseguenti ad un dovere di adeguamento delle pratiche umane alla necessità di evitare situazioni conflittuali.

In tal senso, quando ad essere messa in pericolo è la salute o l’incolumità delle persone, neppure dovrebbe porsi la questione di un bilanciamento, trattandosi di valori inviolabili per i quali non sono ammesse formule di compromesso. Diverso è il caso in cui siano chiamati a confrontarsi diritti economici o di ordine etico-sociale, nel qual caso sarebbe opportuna la ricerca di una soluzione proporzionata e ragionevole.

  1. Il caso della peste suina africana

Si pensi alla situazione emergenziale causata dalla diffusione della peste suina africana (PSA), malattia virale che colpisce suini e cinghiali selvatici e che, considerata l’elevata resistenza del virus, rischia ora di contagiare i suini di numerosi allevamenti situati nelle regioni (Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna) dove sono stati riscontrati gli ultimi focolai.

Con specifiche integrazioni alla l. n. 157 del 1992 cit., è stata prevista l’adozione del piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica quale strumento programmatico, di coordinamento e di attuazione dell’attività di gestione e contenimento numerico della presenza della fauna selvatica nel territorio nazionale mediante abbattimento e cattura[19] attuato con d.m. 13 giugno 2023 ed il cui contenuto è stato recepito nei piani messi a punto dalle Regioni ai sensi dell’art. 19 della legge n. 157 del 1992.

In particolare, il Piano straordinario si pone l’obiettivo di assicurare «la riduzione significativa e generalizzata delle densità di cinghiale sul territorio nazionale calibrata per gli specifici contesti in relazione al rischio di ulteriore diffusione della PSA e degli impatti causati dalla specie sulla biodiversità e sulle attività antropiche».

Considerata la necessità di evitare il diffondersi del virus negli allevamenti ed impedire gli abbattimenti preventivi degli animali, con d.l. 15 maggio 2024 n. 63 Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale, convertito in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, l. 12 luglio 2024, n.101, sono state disposte, a salvaguardia della salute pubblica, della sanità animale e a tutela del patrimonio suinicolo nazionale, misure di prelievo selettivo del cinghiale, anche attraverso il potenziamento delle forze armate, previa attivazione di specifici corsi di formazione.

Al fine di consentire l’accertamento, sul piano probatorio, dei danni causati dai cinghiali, il Piano prevede la raccolta di dati e di informazioni sugli abbattimenti e sui danni all’agricoltura per consentire la quantificazione: dell’ammontare non solo in termini economici ma anche per superficie danneggiata; della tipologia di coltura danneggiata e della distribuzione temporale e geografica degli eventi di danno; dell’entità, della tipologia e della distribuzione temporale e geografica degli strumenti di prevenzione allestiti.

L’incolumità pubblica è questione che assume rilievo anche in ambito domestico, in ragione dei continui episodi di aggressione da parte dei cani e di incidenti dovuti alla non corretta gestione degli animali da parte dei proprietari. Risulta, a tal fine, prorogata, con ordinanza del Ministero della salute 6 agosto 2024, l’ordinanza contingibile e urgente 6 agosto 2013 basata sulla imposizione di divieti e obblighi per i proprietari e detentori di cani con l’ulteriore avvio di percorsi di formazione per migliorare la loro capacità di gestione dei propri animali.

  1. Il benessere animale e l’art. 13 TFUE

In questo senso, sembra, ancora una volta ribadita la centralità della persona chiamata a gestire la relazione con l’animale, in ragione dei doveri che ne discendono, come risulta confermato dalle riflessioni della Prof.ssa Daria De Pretis sulla valenza accentuatamente simbolica della riforma costituzionale, indubbiamente sollecitata da una maggiore sensibilità dei cittadini verso il tipo di trattamento che deve essere riservato agli animali. In particolare, la forza innovativa che risiede nella esplicita menzione del termine animali in Costituzione, richiama l’attenzione sul carattere procedurale del nuovo co. 3 dell’art. 9 che richiede di essere riempito di contenuto da parte del legislatore per risultare effettivamente operativo.

Ma uno sguardo alla flessibilità della Carta costituzionale consente di scorgere soluzioni immediatamente fruibili – ben prima e anche oltre la previsione di una riserva di legge – in forza del rinvio all’art. 117 Cost., il cui primo comma vincola Stato e Regioni al rispetto della Costituzione e dei limiti posti dall’ordinamento europeo e dagli obblighi internazionali.  Il primato del diritto europeo si esprime, nel caso specifico, nel rimando all’art. 13 TFUE che, a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009, riconosce gli animali quali esseri senzienti, capaci di provare dolore, piacere, ansia, sofferenza[20]. La disposizione, finalizzata ad orientare le politiche dell’Unione europea e degli Stati membri in materia di benessere degli animali, non solo trova applicazione in settori specifici (agricoltura, pesca, trasporti, mercato interno, ricerca, sviluppo tecnologico, spazio) ma è destinata a cedere in presenza di riti religiosi, tradizioni culturali e patrimoni regionali.

Pertanto, il carattere sostanziale dell’art. 13 TFUE può intervenire a modellare la norma procedurale di cui al co. 3 dell’art. 9 Cost., sulla base di una valutazione condotta caso per caso (o, più precisamente, specie per specie) che tenga conto dei conflitti e delle convivenze spesso difficili che possono alterare equilibri ecosistemici, compromettere la biodiversità locale, mettere a rischio la sicurezza alimentare e causare danni alla salute umana e di altri animali autoctoni, come ricordato in precedenza.

Ad esempio, per gli animali da allevamento, la normativa europea e nazionale già prevede il rispetto, da parte delle imprese zootecniche, di elevati standard di benessere animale che tengono conto delle diverse caratteristiche fisiologiche e comportamentali delle specie allevate.

Il reg. (UE) 625 del 2017 relativo ai controlli ufficiali in materia agroalimentare introduce un sistema armonizzato e più coerente di disposizioni dirette a garantire la sicurezza alimentare, l’integrità e salubrità degli alimenti in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione affidando alle autorità competenti il compito di effettuare i controlli basati sul rischio al fine di eliminare, contenere o ridurre eventuali pericoli di ordine sanitario per l’uomo, per gli animali o per le piante, per il benessere degli animali o anche per l’ambiente. Il considerando 7, in particolare, cita espressamente l’art. 13 TFUE che riconosce gli animali quali esseri senzienti. La legislazione dell’Unione in materia di benessere degli animali impone a proprietari e detentori di animali e alle autorità competenti di rispettare gli obblighi in materia di benessere degli animali al fine di garantire loro un trattamento umano e di evitare di cagionare loro dolore e sofferenze inutili[21].

Volendo accedere all’esperienza delle Costituzioni ambientali del Sud-America, orientate ad accogliere uno spiccato approccio biocentrico – opposto al modello di tutela antropocentrico tipico delle Costituzioni occidentali – in ragione del riconoscimento di valori intrinseci della natura e della biosfera da tutelare in quanto tali, sembra che la virtù sia da ricercarsi nel bilanciamento dei due approcci, che pur possono coesistere, come dimostra la più recente evoluzione del costituzionalismo moderno multilivello, attraverso il recupero di uno sviluppo armonioso della relazione uomo/natura basato sul riconoscimento dei diritti bioculturali. Si tratta di diritti che «si fondano sulle pratiche e sulle strategie di gestione o amministrazione ecologica dei popoli e delle comunità che vivono in territori dalla vasta biodiversità. Questa categoria di diritti, pertanto, mira a proteggere la cultura di popoli e comunità autoctone, per apprendere modi di relazionarsi con la Natura armoniosamente»[22] .

Si tratta, in ogni caso, di diritti che non possono prescindere dalla presenza di specifici doveri che spetta alle persone, fisiche e giuridiche, pubbliche e private, adempiere.

  1. Il concetto di ambiente in Costituzione

Sulla base di tale riflessione, è possibile recuperare il collegamento tra la previsione della prima parte del comma 3 dell’art. 9 Cost. – che colloca ambiente, biodiversità ed ecosistemi tra i principi fondamentali della Costituzione e l’ultimo periodo dello stesso comma sulla riserva di legge statale – nella consapevolezza che nella cornice dell’ambiente sono destinati a convivere gli ecosistemi, la biodiversità e gli animali in un armonico equilibrio con l’uomo, come risulta enfatizzato dal rinvio, anch’esso del tutto inedito, alla responsabilità verso le future generazioni[23].

L’inserimento esplicito dei concetti di ambiente, biodiversità ed ecosistemi tra i principi fondamentali, sollecita ulteriori riflessioni anche in considerazione delle modifiche apportate dalla citata riforma costituzionale all’articolo 41 sui rapporti economici, con la previsione di limiti aggiuntivi alla libertà di iniziativa economica privata che non può svolgersi, come previsto dal co. 2 riformato, in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno, oltre che alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, anche alla salute e all’ambiente. E un esplicito riferimento all’ambiente è contenuto nel co. 3 che consente espressamente alla legge di indirizzare e coordinare l’attività pubblica e privata ai fini, appunto, ambientali oltre che sociali.

Le riflessioni del Prof. Francesco De Leonardis sollecitano un approfondimento sulla scelta di inserire i beni ambiente, biodiversità ed ecosistemi nell’art. 9, sulla base della considerazione che il termine ambiente insieme a quello di ecosistema compare – a partire dalla riforma del Titolo V, parte seconda, operata con l. cost. n. 3/2001 – nell’ambito del riparto di competenze tra Stato e regioni, tra le materie nelle quali lo Stato esercita una competenza esclusiva (art. 117, co. 2, lett. s)[24].

I termini ambiente, ecosistema e biodiversità entrano, pertanto, a far parte dei principi fondamentali assumendo, ciascuno di essi, un significato autonomo che trova perfezionamento nella considerazione degli altri. Quanto al rapporto tra ambiente ed ecosistemi, la Corte costituzionale ha già avuto modo di precisare che: «quando ci si riferisce all’ambiente, così come attribuito alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dalla lettera s) del secondo comma dell’art. 117 Cost., le considerazioni attinenti a tale materia si intendono riferite anche a quella, ad essa strettamente correlata, dell'”ecosistema”. Peraltro, anche se i due termini esprimono valori molto vicini, la loro duplice utilizzazione, nella citata disposizione costituzionale, non si risolve in un’endiadi, in quanto col primo termine si vuole, soprattutto, fare riferimento a ciò che riguarda l’habitat degli esseri umani, mentre con il secondo a ciò che riguarda la conservazione della natura come valore in sé»[25].

Nella ricerca della definizione di tali termini nell’ordinamento giuridico, è possibile fare rinvio a previsioni multilivello, contenute in diversi atti internazionali, in numerosi provvedimenti europei e, per quanto riguarda l’ambito nazionale, il codice ambientale (d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), pur in assenza di una espressa definizione, consente di ricavare il significato di ambiente in via indiretta nell’ambito delle procedure di autorizzazione alla realizzazione di impianti o progetti che possano avere impatti ambientali, intesi questi ultimi come «effetti significativi, diretti e indiretti, di un piano, di un programma o di un progetto, sui seguenti fattori: popolazione e salute umana; biodiversità, con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtù della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE; territorio, suolo, acqua, aria e clima; beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio; interazione tra i fattori sopra elencati» (art. 5, co. 1, lett. c) del d.lgs. n. 152 del 2006).

È stato più volte ricordato che l’ambiente, inteso quale valore corrispondente ad un interesse pubblico fondamentale, primario e assoluto, si è fatto strada tra i diritti costituzionali, sulla base di un risalente indirizzo giurisprudenziale precedente alla riforma del titolo V, che ha proposto una lettura evolutiva di una serie di principi costituzionali: dall’art. 9 all’art. 32, all’art. 41 Cost. sulla libertà di iniziativa economica. E proprio una sentenza della Corte costituzionale del 1 aprile 1985, n. 94 nell’evidenziare le relazioni tra paesaggio e ambiente, osserva che la tutela del paesaggio non può essere concepita in termini statici, ma deve attuarsi in modo dinamico tenendo conto degli effetti che lo sviluppo socio-economico del Paese può avere sul territorio e sull’ambiente.

Ma la giurisprudenza della Corte costituzionale ha preso in esame anche il rapporto dell’ambiente con l’agricoltura, ai sensi dell’art. 44 Cost., la cui lettura evolutiva conferma il ruolo degli agricoltori quali custodi dell’ambiente e del territorio attraverso il razionale sfruttamento del suolo e la produzione di alimenti sani e sicuri. Tale lettura evolutiva trova, inoltre, conferma nel ruolo multifunzionale dell’agricoltura espresso dall’art. 2135 c.c., 3° comma, per effetto della riforma operata dal decreto di orientamento e modernizzazione del settore agricolo (d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228) che ha riconosciuto all’imprenditore non soltanto il ruolo di produttore di cibo ma anche di fornitore di servizi ambientali e sociali, nel pieno rispetto dei principi di solidarietà, economia circolare e di bioeconomia. La connessione tra agricoltura e ambiente è confermata anche dalle disposizioni europee dettate dal TFUE in materia ambientale e, in particolare, dall’art. 191 che pone tra gli obiettivi dell’Unione europea proprio quello della utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, richiamando l’obiettivo del razionale sfruttamento del suolo di cui all’art. 44 Cost. Pertanto, la nozione di ambiente veicolata nell’ordinamento italiano dal diritto europeo appare ormai riconosciuta sulla base di una interpretazione evolutiva della Carta costituzionale ma anche sulla base dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, come previsto dall’art. 117 co. 1 della Cost.

Tra i principi generali in materia ambientale, l’art. 3-quater del d.lgs. n. 152 del 2006 individua espressamente il principio dello sviluppo sostenibile che deve guidare tanto le attività umane quanto le azioni della pubblica amministrazione al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future. L’applicazione di tale principio comporta la ricerca di un equilibrato rapporto, nell’ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell’ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell’ambiente, anche futuro[26].

Si tratta di un principio che vale a confermare come l’età dei diritti si stia rapidamente orientando verso una stagione di doveri, inaugurata con la strategia europea del Green Deal, che fa parte del più ampio programma della Commissione europea diretto a dare attuazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite che compongono l’Agenda 2030, al fine di avviare un profondo processo di riforme nella direzione della transizione ecologica, a tutela del clima, dell’ambiente e della biodiversità, assicurando priorità alla realizzazione di un sistema basato su modelli produttivi ambientalmente sostenibili. La strategia dal produttore al consumatore[27] si pone proprio nella direzione di agevolare l’adozione di regimi alimentari sani e sicuri in grado di rafforzare il patto tra produttore e consumatore per migliorare la qualità della vita delle persone sulla base di valori equi, trasparenti e condivisi nel rispetto dell’approccio One health. La consapevolezza di una connessione tra salute umana, animale e salubrità dell’ambiente, sollecita l’adozione di un approccio multisettoriale che consenta di allestire in tempi rapidi misure efficaci per affrontare le minacce che possono derivare alla salute pubblica in ragione della presenza di pericoli di origine animale, vegetale, ambientale, alimentare, biologica, chimica o umana[28], evitando la compromissione delle risorse.

Nella transizione verso un modello di sviluppo sostenibile, l’approccio one health è in grado di favorire l’attivazione di percorsi partecipativi basati su un dialogo aperto alla conoscenza dei doveri che ciascuno è chiamato ad adempiere per il progresso economico, sociale e ambientale del Paese, agevolando l’individuazione del miglior bilanciamento possibile tra interessi ugualmente meritevoli di tutela.

  1. Prime pronunce dei giudici dopo la riforma costituzionale

La prima pronuncia della Corte costituzionale[29] adottata dopo la riforma degli artt. 9 e 41, è intervenuta a decidere sulla legittimità costituzionale dell’art. 104-bis delle norme att. cod. proc. pen., il cui comma 1-bis.1 è stato inserito dall’art. 6 decreto-legge 5 febbraio 2023, n. 2 (Misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale) convertito, con modificazioni, nella legge 3 marzo 2023, n. 17 che autorizza il Governo a garantire la continuità produttiva di stabilimenti di interesse strategico nazionale posti sotto sequestro, quando siano state adottate misure idonee a garantire il bilanciamento tra le esigenze di continuità dell’attività produttiva e di salvaguardia dell’occupazione e la tutela della sicurezza sul luogo di lavoro, della salute e dell’ambiente e degli altri eventuali beni giuridici lesi dagli illeciti commessi. La sentenza 13 giugno 2024, n. 105, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 104-bis dell’art. 104-bis, comma 1-bis.1, quinto periodo, nella parte in cui non prevede che le misure indicate si applichino per un periodo di tempo non superiore a trentasei mesi – prefigurando così un sistema di tutela dell’ambiente parallelo a quello ordinario, e affidato a una disposizione dai contorni del tutto generici come tali inidonei ad assicurare che, a regime, l’esercizio dell’attività di tali stabilimenti e impianti si svolga senza recare pregiudizio alla salute e all’ambiente – precisa che «l’ambiente va inteso come bene unitario, comprensivo delle sue specifiche declinazioni rappresentate dalla tutela della biodiversità e degli ecosistemi, ma riconosciuto in via autonoma rispetto al paesaggio e alla salute umana, per quanto ad essi naturalmente connesso». Pertanto, l’art. 9 così integrato, impegna le autorità pubbliche ad attivarsi in vista della sua efficace difesa, a tutela degli interessi delle future generazioni: e dunque di persone ancora non venute ad esistenza, ma nei cui confronti le generazioni attuali hanno un preciso dovere di preservare le condizioni perché esse pure possano godere di un patrimonio ambientale il più possibile integro, e le cui varie matrici restino caratterizzate dalla ricchezza e diversità che lo connotano» (cfr. anche le prime sentenze dei giudici amministrativi pronunciate in seguito alla entrata in vigore della riforma costituzionale di cui alla l. cost. n. 1/2022: Cons. Stato, Sez. VI, Sent., 23 settembre 2022, n. 8167; Cons. Stato, Sez. VII, Sent., 5 luglio 2023, n. 6578).

  1. Considerazioni sugli impatti della riforma costituzionale in agricoltura

L’approccio al dialogo seguito dagli organizzatori del Convegno attraverso la condivisione dei rischi che le filiere agricole, zootecniche, faunistico e agrituristico-venatorie stanno affrontando nel garantire continuità alle attività produttive minacciate da ecosistemi instabili, sollecita l’attenzione sulla necessità che nell’opera di bilanciamento degli interessi costituzionalmente garantiti, sia valorizzata l’attività degli imprenditori agricoli e degli allevatori a presidio e sviluppo della bellezza dei territori, della ricchezza della cultura e della vivacità delle aree interne, che concorrono alla tutela della sicurezza alimentare, ambientale e sociale.

Come è stato ricordato dal Segretario generale di Coldiretti dott. Vincenzo Gesmundo ad apertura dei lavori, il nostro Paese ha costruito un ricchissimo patrimonio agroalimentare grazie all’opera sapiente di chi nelle campagne ha preservato varietà vegetali e razze animali dal rischio di estinzione e ha contribuito a tramandare una biodiversità dal forte valore identitario che si esprime nei numeri: più 5000 i prodotti agroalimentari tradizionali censiti dalle Regioni, che presentano un elevato valore gastronomico e culturale perché basati su metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura che risultano consolidate nel tempo da più di 25 anni; più di 800 prodotti Dop/Igp riconosciuti a livello europeo tra filiera vini e agroalimentare; l’Italia detiene la leadership nel biologico con circa 84mila aziende agricole biologiche, quasi 26mila agriturismi che sono espressione della multifunzionalità in agricoltura.

I risultati positivi, confermati da ISTAT in una nota pubblicata il 5 settembre 2024, attestano il ruolo di guida dei distretti agroalimentari del nostro Paese anche nei rapporti con l’estero, caratterizzati da una maggiore consapevolezza, da parte dei consumatori stranieri, circa il valore che si collega all’origine italiana dei prodotti, percepiti non solo come generi di prima necessità ma come beni di cultura, espressione di un patrimonio di tradizioni, capace di indirizzare le persone a ricercare benessere ed uno stile di vita sano. È particolarmente interessante il dato di ISTAT, che conferma i risultati positivi, in termini di sviluppo economico e territoriale, della filiera delle carni fresche e del settore lattiero-caseario, perché consente di valorizzare la dedizione e la cura degli imprenditori agricoli verso i propri animali a garanzia del benessere negli allevamenti, sulla base di disposizioni obbligatorie contenute nel d.lgs. 26 marzo 2001, n. 146 Attuazione della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti e che, negli ultimi anni, sono integrate sul piano volontario da un sistema di certificazione finalizzato ad assicurare un livello crescente di qualità alimentare e di sostenibilità economica, sociale e ambientale dei processi produttivi nel settore zootecnico, migliorare le condizioni di benessere e di salute degli animali e ridurre le emissioni nell’ambiente. L’adesione al Sistema di qualità nazionale per il benessere animale è, come ricordato, volontaria e possono accedervi tutti gli operatori che si impegnano ad applicare le norme previste dai disciplinari delle singole specie allevate e che si sottopongono ai relativi controlli[30].

Ma ancora un dato merita di essere ricordato. Il circuito delle indicazioni geografiche si sviluppa per il 92% nelle aree interne e, in particolare, nei 5538 piccoli comuni che distinguono il nostro Paese e nei quali numerosi giovani hanno deciso di investire nella formazione attraverso l’acquisizione di conoscenze e competenze utili ad arricchire il patrimonio culturale e umano di adulti indipendenti e responsabili, capaci di trasferire i loro saperi in iniziative economiche e professionali socialmente utili, perché sostenibili[31].

E proprio nel dibattito conclusivo tra il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini e il Presidente della Fondazione UNA Maurizio Zipponi, emerge la centralità del ruolo delle aziende faunistico-venatorie  nel garantire un razionale equilibrio tra ambiente, animali e attività degli agricoltori, sulla base dei piani faunistico-venatori che consentono di contemperare «le esigenze di protezione della fauna selvatica con altri interessi meritevoli di tutela e segnatamente con quello all’esercizio della caccia». L’attività di pianificazione regionale consente di organizzare il territorio agro-silvo-pastorale attraverso l’individuazione «di spazi a destinazione differenziata nell’ambito di un complessivo bilanciamento di interessi nel quale trovano considerazione, accanto alle esigenze di protezione della fauna, quelle venatorie e quelle, altresì, degli agricoltori, interessati non solo al contenimento della fauna selvatica che si riproduce spontaneamente, ma anche all’ impedimento di una attività venatoria indiscriminata (sentenza n. 448 del 1997)» (Corte cost. 254/2022; Corte cost. 148/2023; Corte cost. 124/2024).

A tali attività si aggiungono anche quelle relative al controllo faunistico che non presentano fini venatori in ragione della necessità di tutelare l’ambiente e l’ecosistema (sentenza n. 217 del 2018), ma che possono essere esercitate secondo il principio di gradualità, quando, cioè, sia stata verificata l’inefficacia, su parere di Ispra, dei metodi ecologici impiegati sì che i piani di abbattimento, che, a loro volta, devono essere «attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali», cui è consentito avvalersi anche di altri soggetti, però specificamente indicati. La norma, in altre parole, si sviluppa assegnando alle Regioni l’attività del controllo delle specie di fauna selvatica però coinvolgendo, con riguardo ai piani di abbattimento, soprattutto il personale delle Province.

Con la recente sentenza n. 21 del 2021, la Corte costituzionale è intervenuta anche in materia di piani di controllo mediante abbattimento stabilendo che per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 19 co. 2, l. 157 del 1992, è possibile estendere con legge regionale il numero degli operatori del controllo rispetto alla disciplina statale, includendo personale con adeguata formazione. Infatti, l’aumento costante e significativo delle popolazioni di ungulati e, in particolare, di cinghiali, a fronte della riduzione del personale provinciale destinato al controllo della fauna selvatica, e in conseguenza dell’aumento delle superfici boscate e la diminuzione del numero dei cacciatori, rischia di compromettere seriamente gli ecosistemi e le attività agricole, risultando pertanto legittima una norma regionale che per assicurare la concreta attuazione dei piani di controllo incrementi il numero dei soggetti (cacciatori o altri soggetti qualificati in possesso di adeguata formazione), che è possibile incaricare ai fini della loro esecuzione.

  1. Una conclusione

Le questioni che emergono da tutti gli interventi forniscono la misura della complessità del compito del legislatore statale chiamato a stabilire, per effetto della riforma costituzionale, forme e modi di tutela degli animali. Tenuto conto della rilevanza che assumono i principi di ragionevolezza e proporzionalità nei giudizi di legittimità costituzionale relativi alla tutela dei diritti fondamentali e al loro bilanciamento, il metodo da seguire potrebbe essere orientato alla individuazione dei problemi e alla loro soluzione assicurando particolare flessibilità alle previsioni legislative, al fine di potersi adattare «all’imprevedibile varietà del reale» consentendo alla norma di conseguire i benefici che derivano dal perseguimento dell’obiettivo di tutela posto dal legislatore con i minori costi, in termini di sacrifici, che esso impone ad altri diritti e interessi in gioco. Per superare il vaglio di ragionevolezza e proporzionalità, dunque, la legge dovrà essere sufficientemente duttile per consentire al giudice di adattarla al caso concreto sulla base dei dati offerti dall’esperienza[32], valutati nell’ambito dell’intero sistema giuridico in movimento, lasciando che siano le domande a guidare il metodo e a fornire la risposta più adeguata al contesto economico, sociale e ambientale di riferimento[33].

[1] Il Convegno si è tenuto a Roma presso Palazzo Rospigliosi in data 16 luglio 2024 e gli interventi dei relatori sono raccolti in un volume, di prossima pubblicazione, edito da Cacucci.

[2] Cfr. S. Masini, Ambiente e Costituzione: svolgimento di un itinerario ed esame di coscienza di una riforma, in Giustizia civile.com, 2022, n. 2.

[3] Per una recente rassegna di contributi sul tema, v. Nuovi orizzonti sulla tutela degli animali, a cura di E. Battelli, M. Lottini, G. Spoto e E. M. Incutti, Roma, 2022.

 

[4] Cfr. F. Rescigno, I diritti animali nella prospettiva contemporanea: l’antispecismo giuridico e la soggettività animale, in Cibo e Diritto. Una prospettiva comparata, Atti del XXV colloquio biennale Associazione Italiana di Diritto Comparato (Parma, 23-25 maggio 2019), a cura di L. Scaffardi e V. Zeno-Zencovich, Roma, 2020, 839-840; Ead., I diritti degli animali: da res a soggetti, Torino, 2005.

[5] Così E. Battelli, Animali non “res inanimate” ma “esseri viventi” non umani: una prospettiva funzionale di tutela del benessere degli animali oltre la soggettività, in Nuovi orizzonti sulla tutela degli animali, a cura di E. Battelli, M. Lottini, G. Spoto e E. M. Incutti, cit., 31.

[6] Cfr. F. Fontanarosa, I diritti degli animali in una prospettiva comparata, in DPCE Online, v. 46, n. 1, apr. 2021; G. Spoto, Benessere e tutela dell’animale: da “oggetto di protezione” a “soggetto” di diritti?,  in Nuovi orizzonti sulla tutela degli animali, a cura di E. Battelli, M. Lottini, G. Spoto e E. M. Incutti, cit., 58.

[7] Cfr. art. 77, comma 1, l. 28 dicembre 2015, n. 221.

[8] Si rinvia a C. Cupelli, La salvaguardia degli animali in Costituzione: le ricadute sul sistema penale della legge costituzionale n. 1 del 2022, in Animali e diritto. I modi e le forme di tutela, a cura di D. Buzzelli, Pisa, 2023, 61.

[9]  Cfr. Cass. Pen., Sez. III, sent. 21 febbraio 2024, n. 7529, secondo cui l’art. 19-ter esclude la configurabilità del reato di uccisione di animali di cui all’art. 544-bis c.p. poichè la morte cagionata “senza necessità” non può ritenersi equivalente all’uccisione conseguente alla violazione della normativa sulla caccia, sanzionata in via autonoma dalla legge n. 157 del 1992; diversamente opinando, vi sarebbe una inammissibile duplicazione di sanzioni per uno stesso fatto.

[10] Si rinvia alle disposizioni di cui all’All. I parte A e B del reg. (UE) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 relativo alle malattie animali trasmissibili e che modifica e abroga taluni atti in materia di sanità animale («normativa in materia di sanità animale»).

[11]Si rinvia a M. Pittalis, Cessazione della convivenza more uxorio e affidamento condiviso dell’animale “familiare”, in Famiglia e diritto, 2017, 468 ss.

[12] Cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 10 novembre 2023, n. 31342; conf., ex. multis, Cass. civ., Sez. VI-3, Ord., 3 ottobre 2022, n. 28664; Cass. civ., Sez. VI – 3, Ord., 2 dicembre 2022, n. 35556.

[13] Sono le parole di N. Bobbio, L’età dei diritti, Torino 1990,15.

[14] Si rinvia ad A. Celotto, Diritti e made in Italy, in La tutela penale del Made in Italy nel settore agroalimentare, in Rass. Arma Carabinieri, inserto speciale, n. 1, 2022, 19.

[15] Cfr. P. Grossi, La invenzione del diritto: a proposito della funzione dei giudici, Lezione tenuta il 23 ottobre 2017 presso la Scuola Superiore della Magistratura.

[16]  V. l’Accordo, ai sensi degli articoli 2, comma 1, lettera b) e 4, comma 1 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento recante “Linee guida nazionali per gli interventi assistiti con gli animali (IAA)” del 25 marzo 2015 che stabiliscono gli standard minimi per il loro svolgimento e definiscono regole omogenee sul territorio nazionale.

[17] V. il Reg. (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2016 relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, che modifica i regolamenti (UE) n. 228/2013, (UE) n. 652/2014 e (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga le direttive 69/464/CEE, 74/647/CEE, 93/85/CEE, 98/57/CE, 2000/29/CE, 2006/91/CE e 2007/33/CE del Consiglio; v. anche reg. delegato  (UE) 2019/1702 della Commissione del 1° agosto 2019 che integra il regolamento (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio stabilendo l’elenco degli organismi nocivi prioritari.

[18] Cfr.  Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 11 luglio 2024, causa C-601/22, Umweltverband WWF Österreich, ÖKOBÜRO – Allianz der Umweltbewegung, Naturschutzbund Österreich, Umweltdachverband, Wiener Tierschutzverein c. Tiroler Landesregierung, in www.dejure.it.

[19]  Il rinvio è all’art. 19-ter, aggiunto con l’art. 1, comma 448, l. 29 dicembre 2022, n. 197.

[20] Si rinvia a F. Albisinni, Esseri senzienti, animali ed umani: nuovi paradigmi e nuovi protagonisti. Tre sentenze in cammino, in Riv. dir. al., n. 3, 2021, 9.

[21] Cfr. F. Albisinni, Il Regolamento (UE) 2017/625: controlli ufficiali, ciclo della vita, impresa, e globalizzazione, in Riv. dir. al., n. 1, 2018, 11.

[22] Così le osservazioni di M. Petters Melo, Il Costituzionalismo Ambientale nella diversità di modelli normativi, giurisprudenziali, teorici e culturali, in DPCE Online, v. 58, n. SP2, june 2023, 958. Cfr. anche F. Fontanarosa, The right of animals to life and freedom: a comparative review of case law, in Dir. agroal., n. 2, 2024.

[23] V. le considerazioni di F. De Leonardis, Il diritto dell’economia circolare e l’art. 41 Cost., in Riv. quadr. dir. amb., n. 1, 2020, 50.

[24] Cfr., ancora, F. De Leonardis, La riforma “bilancio” dell’art. 9 Cost. e la riforma “programma” dell’art. 41 Cost. nella legge costituzionale n. 1/2022: suggestioni a prima lettura, in ApertaContrada, 28/02/2022.

[25] Cfr. Corte cost., sent. 23 gennaio 2009, n. 12, in www.dejure.it.

[26] Cfr. F. Fracchia, I doveri intergenerazionali. La prospettiva dell’amministrativista e l’esigenza di una teoria generale dei doveri intergenerazionali, in Il diritto dell’economia, Atti del convegno, Università degli studi di Milano, 2021, 55.

[27] Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Una strategia «dal produttore al consumatore» per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente, Bruxelles, 20 maggio 2020, COM (2020) 381 def.

[28] Si rinvia a S. Masini, One Health: una cerniera tra salute umana, sanità animale ed ecosistemi, in Riv. dir. agr., 2023, I, 95.

[29] Cfr. Corte cost., sent. 13 giugno 2024, n. 105, in www.dejure.it.

[30] V. l’articolo 224-bis della l.17 luglio 2020, n. 77, che ha introdotto il Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale (SQNBA).

[31] Cfr. Le geografie di Symbola, Piccoli comuni e tipicità, Roma, 2023.

[32] Si rinvia alle considerazioni di M. Cartabia, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana,  Conferenza trilaterale delle Corte costituzionali italiana, portoghese e spagnola Roma, Palazzo della Consulta 24-26 ottobre 2013.

[33] Cfr. le riflessioni di S. Cassese, Il sorriso del gatto, ovvero dei metodi nello studio del diritto pubblico, in Riv. trim. dir. pubbl., 2006, 597.

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