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I kit di conversione di armi da fuoco corte, semiautomatiche: aspetti giuridici ed operativi (I parte)

del Ten.Col. Maurizio Taliano e del Mar. Emanuele Lanzetta

I kit di conversione di armi da fuoco corte, semiautomatiche, in questi ultimi anni, hanno avuto un notevole successo commerciale che ha generato un incremento delle vendite e un’evoluzione del mercato di riferimento. Il loro utilizzo, che avveniva perlopiù all’interno dei poligoni da parte degli sportivi che si dedicano alle varie discipline del tiro dinamico e tattico-operativo, si è esteso anche in ambiti istituzionali e professionali. Verranno analizzate le normative, oggi in vigore, e riportate le tesi, contrapposte, riferite alla liceità o meno dell’uso di questi strumenti, con un approfondimento del loro utilizzo da parte degli agenti delle polizie locali e delle guardie particolari giurate.
In questo numero: 1. Introduzione: le funzioni e l’utilizzo dei kit di conversione di armi da fuoco corte, semiautomatiche; 2. Ipotesi n. 1: usare i kit di conversione di armi corte semiautomatiche è lecito. Nel prossimo numero: 3. Ipotesi n. 2: usare i kit di conversione di armi corte, semiautomatiche, è illegale; 4. L’utilizzo dei kit di conversione di armi corte, semiautomatiche, da parte degli agenti delle polizie locali; 5. L’utilizzo dei kit di conversione di armi corte, semiautomatiche, da parte delle guardie particolari giurate; 6. Conclusioni.

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1. Introduzione: le funzioni e l’utilizzo dei kit di conversione di armi da fuoco corte, semiautomatiche

I kit di conversione di armi da fuoco corte, semiautomatiche, hanno avuto, negli ultimi anni, notevole successo commerciale tra gli appassionati di oplologia, soprattutto tra coloro che si dedicano con entusiasmo e passione al tiro dinamico sportivo o tattico-operativo nelle varie categorie.
I kit di conversione sono strumenti in grado di trasformare le pistole semiautomatiche in armi dalla struttura più voluminosa, aumentandone così considerevolmente la stabilità durante il tiro, senza compromettere la leggerezza e la manovrabilità. Molti tiratori sportivi, per rendere più performanti le proprie pistole, scelgono questo tipo di accessorio per aumentarne sensibilmente anche la precisione.

La popolarità di tali sistemi è anche dovuta dal fatto che, non facendo cumulo sui limiti di detenzione delle armi o parti di esse, assolvono alla possibilità di potersi dilettare nel tiro sportivo e ludico in duplice modalità, utilizzando un’unica arma, risparmiando anche sul prezzo d’acquisto. Questi strumenti, infatti, permettono di trasformare una pistola semiautomatica in una nuova arma, una piccola carabina, con ottime doti di stabilità nel tiro rapido, senza comprometterne la leggerezza e la facilità di gestione, caratteristiche delle armi corte, migliorandone sensibilmente le prestazioni. Aggiungendo il calcio si trasforma un’arma maneggevole, come la pistola, in una carabina, riunendo, in un’unica arma, due strumenti diversi, creando un binomio dalle nuove potenzialità. Anche a livello operativo vi sono dei vantaggi, dovuti al fatto che le operazioni fondamentali per l’utilizzo dell’arma rimangono invariate, semplificando considerevolmente l’apprendimento dell’uso dell’arma lunga. Ci si può allenare, con la stessa pistola semiautomatica, all’utilizzo sia dell’arma lunga che corta.
Il loro costo medio è compreso in una fascia di prezzo che parte dalle 250 ad oltre 600 Euro, a seconda delle funzionalità offerte e dei materiali utilizzati: generalmente sono realizzate in lega leggera o tecnopolimero.
Questi “kit di conversione o trasformazione” vengono variamente denominati sia a livello commerciale che dagli appassionati di armi. Possono essere definiti “Roni” prendendo spunto dal sistema che ha avuto maggiore successo commerciale; “moduli o esoscheletri tattici” quasi fossero uno scheletro, una struttura, un rivestimento esterno alla pistola semiautomatica che ne amplifica le potenzialità. Il risultato finale è quello di potenziare le funzioni e le capacità dell’arma che viene rivestita; l’involucro costituisce una sorta di “muscolatura artificiale”, una struttura meccanica esterna in grado di ampliare le funzionalità e migliorare le prestazioni di una comune pistola semiautomatica.
Oltre al classico kit di conversione si vanno diffondendo anche i modelli denominati “Micro Roni”, sviluppati su precise richieste degli operatori per offrire un sistema d’arma ancora più compatto ma che permette, al bisogno, di avere la stabilità di tiro che solo un’arma con calcio-gruccia può garantire.
I kit di conversione sono prodotti da varie case costruttrici di attrezzature tattiche e sono diffusi, per l’impiego sportivo e il tiro ludico, in abbinamento con le pistole semiautomatiche di maggiore successo commerciale (vari modelli di pistole Glock, Beretta, SIG Sauer, Heckler & Koch, CZ ecc.).

In altri paesi il loro scopo principale è quello di trasformare una moderna pistola semiautomatica in un sistema compatto e modulare che permette di essere imbracciato, collocandosi, come caratteristiche funzionali, esattamente a metà strada tra un PDW – Personal Defense Weapon (armi compatte, appositamente studiate, che utilizzano munizionamento con prestazioni balistiche simili a quelle di un’arma lunga), e le PCC – Pistol Caliber Carbine (armi lunghe che utilizzano munizionamento per arma corta).

Questi strumenti sono stati prevalentemente sviluppati in Israele e adottati, dietro certificazione degli enti di polizia, come equipaggiamento per agenzie di sicurezza private, in uno Stato dove, al contrario di quello che si possa pensare, possedere un’arma è cosa alquanto difficile e le norme in materia sono molto restrittive, soprattutto per quanto riguarda le armi lunghe.
Infatti, oltre al tiro sportivo, questi strumenti possono offrire una piattaforma d’arma lunga a quei clienti civili e operatori professionali che, per fattori economici, legali o altro ancora, non hanno accesso a fucili, carabine o pistole-mitragliatrici, nonché degli operatori della sicurezza privata in alcuni paesi.

Accessori come questi moduli tattici, tuttavia, non aggiungono semplicemente un calcio alla pistola: forniscono un’impugnatura anteriore per ulteriore stabilità, slitte picatinny per l’installazione di mirini ottici, torce tattiche e altri accessori, che possono ospitare anche vani per caricatori di riserva e altro ancora.
La diffusione di questi strumenti, oltre al successo commerciale, ha alimentato anche discussioni su quale sia la loro qualificazione giuridica, soprattutto in campo extra sportivo, poiché, fin dall’inizio della loro commercializzazione, nel nostro paese, non vi sono stati interventi normativi: vengono perlopiù considerati un mero accessorio, al pari di un calciolo o di un bipiede.

Come per tutte le novità strumentali in ambito armiero, la diffusione di questi prodotti ha portato inevitabilmente a problematiche di tipo giuridico ed interpretativo, legate, in particolar modo, al loro corretto uso ed alla vigilanza sul rispetto delle norme in materia di armi.

2. Ipotesi n. 1: usare i kit di conversione di armi corte, semiautomatiche, è lecito

Gli appassionati di tiro sportivo sostengono che i kit in questione non rientrano tra le parti di armi e quindi risultano di libero commercio ed utilizzo.
Occorre ricordare che le “parti di armi” sono definite dall’art. 1-bis, co. 1, lett. b) del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 527 “Attuazione della direttiva 91/477/CEE relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi” che indica per “parte”, ciascuna delle seguenti componenti essenziali:

Lawful Interception per gli Operatori di Tlc
  • la canna;
  • il telaio;
  • il fusto, comprese le parti sia superiore sia inferiore (upper receiver e lower receiver).

Inoltre, sono parti dell’arma da fuoco, in relazione alle modalità di funzionamento:

  • il carrello;
  • il tamburo;
  • l’otturatore o il blocco di culatta;
  • che, in quanto oggetti distinti, rientrano nella categoria in cui è stata classificata l’arma da fuoco sulla quale sono installati o sono destinati ad essere installati.

Occorre rammentare che tale articolo è stato inserito nel dispositivo di legge solo successivamente, ad opera del D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204 e, in seguito, è stato interamente sostituito per disposizione del D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 104. Con tale modifica è stata soppressa la precedente distinzione di “parte” e di “parte essenziale”. La nuova definizione di “parte d’arma” comprendeva quindi le sole componenti essenziali, conformemente a quanto disposto dalla direttiva (UE) 2017/853 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017.

Ancora successivamente la stessa definizione è stata ripresa dall’art. 1, co. 1, punto 2) della Direttiva 24 marzo 2021, n. 2021/555 “Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi”, atto di codificazione in attesa di recepimento da parte del legislatore nazionale, che ora definisce le “parti d’arma” con il nuovo termine di “componenti essenziali”.
Altra normativa in cui appaiono citate le “parti d’arma” è l’art. 19 della legge 110/75 che, al comma 1, riporta “L’obbligo dell’avviso … deve essere osservato anche per il trasporto di singole parti di armi da guerra e tipo guerra nonché di canne, carcasse, carrelli, fusti, tamburi e bascule di armi comuni”.
I kit in esame, non essendo citati all’interno della categoria di “parti d’arma” o “componenti essenziali”, sono state considerati di libero acquisto ed utilizzo, al pari di una calciatura da fucile.

Tale interpretazione è sostenuta dagli appassionati nonostante l’intervenuta sentenza n. 14811 del 13 maggio 2020 della Suprema Corte che, anche se non ha affrontato direttamente l’utilizzo dei kit di conversione in trattazione, ha condannato il ricorrente per la detenzione di semplici “calci” di fucile, argomentando che si trattasse di parti d’arma in senso giuridico, quindi soggetti a denuncia. Nel dispositivo della sentenza è stata utilizzata, a conforto di questa conclusione, la considerazione secondo la quale “costituisce parte di un’arma, ogni componente, diverso dagli accessori di mera rifinitura od ornamento, indispensabile per il suo funzionamento o che contribuisca a renderla più pericolosa, aumentandone potenzialità, precisione di tiro o rapidità di esplosione”, concetto ripreso da alcune precedenti sentenze della Cassazione, l’ultima delle quali, relativa specificamente a un calcio di fucile, risalente al 1997.

Gli appassionati di armi ritengono che la sentenza della Cassazione, prendendo in considerazione, in particolar modo, quella datata 1997, n. 4320, non ha per nulla considerato, non essendocene traccia nelle motivazioni, di come la normativa in materia di armi si sia evoluta nel tempo, sino all’ultimo recepimento della citata direttiva europea del 2017. Si reputa, quindi, che la definizione fornita dai giudici della Cassazione, relativa al concetto di cosa possa essere considerato “parte d’arma” o “componente essenziale” e quale congegno ne sia escluso, era legata alla definizione di “parte fondamentale” d’arma dettata dal D.Lgs. 527 del 1992, che forniva un’elencazione delle parti d’arma da sempre ritenuta meramente esemplificativa e non esaustiva dalla giurisprudenza.
Infatti, solo con l’ultimo recepimento della direttiva europea 2017/853, operata dal D.Lgs. 104 del 2018, è fornita una nuova definizione delle parti d’arma in senso giuridico, che non è più meramente indicativa, bensì tassativa.
Dalla lettura del testo normativo in vigore si possono rilevare due elementi basilari: il primo, riconducibile alla considerazione che solo le componenti “fondamentali” dell’arma sono ritenute parti d’arma in senso giuridico e soggette a denuncia ex art. 38 T.U.L.P.S. e, in secondo luogo, che tra le parti “fondamentali” non figura la calciatura.

Da ciò si evince chiaramente, secondo questa tesi, che una calciatura in legno, in polimero, ergonomica o su misura, ma anche un visore notturno, un mirino ottico, un bipiede e, pertanto, un sistema tattico modulare come quelli in trattazione, non sono considerati parti d’arma in senso giuridico. Pertanto la loro commercializzazione e la loro importazione non è sottoposta ad alcun adempimento di pubblica sicurezza, può avvenire anche per corrispondenza, sia sul territorio italiano sia all’estero, e la detenzione non è soggetta a denuncia.
Al fine di meglio inquadrare tali strumenti nell’articolato sistema normativo nazionale, un’indicazione, sicuramente qualificata, veniva fornita da uno strumento che è stato abrogato da un decennio, quale il Catalogo nazionale delle armi che, mediante dei rigidi protocolli, assegnava una collocazione certa a tutta la produzione armiera presente sul mercato nazionale e, a volte, assegnava differenti numeri di iscrizione nel Catalogo ad armi della stessa marca e dello stesso modello, contraddistinte però da alcune minime caratteristiche tecniche differenti.

In riferimento al passato, aggiungere un calciolo ad una pistola non è certo una novità: le lunghe pistole da fonda in uso sin dal XVII secolo disponevano talvolta di punti di aggancio per l’aggiunta di un calciolo che le trasformava in corti moschetti. Alcune armi disponevano di fondina in legno che poteva essere usata come calciatura agganciata all’arma mentre, in tempi più recenti, alcuni produttori hanno realizzato calcioli metallici o polimerici per le armi corte più diffuse. E proprio ad armi con queste caratteristiche il Catalogo nazionale assegnava la classificazione “C1 – Pistola – Carabina (calciolo amovibile)”, che potevano essere, quindi, equipaggiate di calcio.

Successivamente, tali accessori, se pur previsti a Catalogo, non vennero neanche più considerati nella classificazione di armi più moderne. Infatti, la Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, avendoli ritenuti irrilevanti ai fini delle caratteristiche tecniche dell’arma, non richiedeva più l’iscrizione con un secondo numero di Catalogo. Pertanto, non essendo intervenuto nessun provvedimento normativo in merito, si può affermare che la medesima interpretazione è da attribuire ai kit di conversione delle armi corte semiautomatiche che permettono di installare calci, impugnature ed organi di mira supplementari.

Da questo ragionamento si può desumere, con tutta evidenza, che l’applicazione di un sistema di calcio non costituisca alterazione di arma, in quanto non conferisce alcun aumento delle “potenzialità di offesa”, ai sensi dell’articolo 3 della legge 110/75, rimanendo inalterate le prestazioni balistiche della pistola originaria. Infatti, il calibro del munizionamento e la canna rimangono invariati, non venendo modificati né, tantomeno, sostituiti. ©

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