di Marzia Minozzi
Corte di giustizia dell’Unione europea – Sentenza nella causa C-466/12 del 13 febbraio 2014
Su un sito Internet era stata pubblicata, in libero accesso, una serie di articoli di stampa redatti da vari giornalisti svedesi. Una società che gestisce un sito Internet in Svezia, che a sua volta fornisce ai propri clienti collegamenti Internet «cliccabili» (c.d. «hyperlink» o «link»), aveva pubblicato il collegamento a questi articoli senza richiedere ai giornalisti interessati l’autorizzazione. Nella sentenza del 13 febbraio 2014 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha rilevato che il fatto di fornire link «cliccabili» verso opere protette costituisce un atto di comunicazione. La Corte ha quindi stabilito che il proprietario di un sito Internet può rinviare, tramite «link», ad opere protette disponibili in accesso libero su un altro sito, senza l’autorizzazione dei titolari dei relativi diritti d’autore.
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Le nuove forme di comunicazione rese possibili dalle tecnologie digitali hanno sollevato più di un quesito relativamente agli usi in rete di opere protette dal diritto d’autore; in seguito alle diffuse lamentele dei rappresentanti degli editori rispetto ad un uso improprio dei contenuti giornalistici da parte dei motori di ricerca, i governi di vari Stati europei hanno ricercato soluzioni in grado di soddisfare le pretese degli editori, attraverso una forte “moral suasion” verso i nuovi player (come avvenuto in Francia) piuttosto che per via legislativa (come è stato fatto, senza particolare successo, in Germania).
Anche in Italia si sono manifestate preoccupazioni per i contenuti giornalistici, ad esempio nella segnalazione che l’Autorità per la Concorrenza ed il Mercato ha ritenuto opportuno rivolgere a Governo e Parlamento nel maggio 2013(1), non solo allo scopo di tutelare la produzione di contenuti editoriali, ma anche dando indicazioni per evitare interventi affrettati, che, producendo effetti duraturi sui diritti di proprietà intellettuale, non tenessero conto dell’evoluzione seguita dalla catena del valore delle notizie online e dell’incremento degli strumenti distributivi, che mostrano una evoluzione ancora in corso, difficile da disciplinare rigidamente. L’AGCM afferma infatti che «In linea generale, l’adozione di misure che finiscano con il tutelare un modello di business tradizionale rispetto alle nuove possibilità create dallo sviluppo della rete rischia di rallentare un progresso benefico non solo per i fruitori della rete, ma anche per le imprese che intendono offrire loro un’alternativa di mercato», per concludere con l’auspicio che si proceda «in tempi adeguati rispetto alle esigenze di trasformazione del settore alla definizione di una disciplina che contempli strumenti idonei ad incoraggiare su internet forme di cooperazione virtuosa» tra i diversi attori coinvolti.
L’Autorità stessa inserisce un richiamo alla natura sovranazionale di entrambi i temi (Internet ed il diritto d’autore) laddove auspica «che la medesima finalità di tutela dei contenuti editoriali online possa ispirare l’adozione di concrete iniziative da parte delle istituzioni italiane presso le opportune sedi internazionali».
Appare evidente a chiunque abbia esperienza di navigazione in Internet che l’oggetto del contendere sia il funzionamento dei «link» e la loro capacità di rinviare gli utenti a contenuti protetti pubblicati su siti liberamente accessibili al pubblico, come quelli delle testate online.
I «link», o collegamenti ipertestuali, consentono di indirizzare un utente da una “posizione” in Internet ad un’altra; essi sono indispensabili per il funzionamento stesso della rete Internet, ma non immettono in essa alcun contenuto originale. Questo conduce i prestatori dei servizi della società dell’informazione, i fornitori di servizi online, a considerarli estranei a qualsiasi regolamentazione specifica, evidentemente in contrasto con l’impostazione dei titolari dei diritti d’autore, che spesso rivendicano la necessità di intervenire sui link a tutela dei propri diritti.
Un utente che navighi in Internet (ad esempio, visualizzando una pagina web attraverso l’utilizzo di un link) crea necessariamente copie temporanee delle opere e dei materiali protetti dal diritto d’autore che compaiono, legittimamente, sullo schermo (e risiedono nella “cache” del computer), tuttavia tali copie si configurano come atti di riproduzione temporanea, coperti dalla deroga obbligatoria di cui all’articolo 5 della direttiva 2001/29/CE “sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”, che costituisce lo strumento di armonizzazione del diritto di proprietà intellettuale tra gli Stati Membri ai fini dell’eliminazione degli ostacoli al mercato interno che potrebbero essere costituiti da tutele del diritto d’autore eccessivamente difformi tra gli Stati Membri.
La questione compare anche nella consultazione pubblica avviata dalla Commissione Europea sulla revisione del diritto di proprietà intellettuale nell’Unione Europea, in cui molta parte è stata dedicata alle interrelazioni tra le nuove tecnologie e i diritti di proprietà intellettuale e loro tutela(2). Poiché il problema è ormai evidente e non c’è ancora una soluzione normativa inequivoca, diversi casi sono stati portati dinanzi alla Corte di Giustizia rispetto alla questione se la fornitura di un collegamento ipertestuale cliccabile costituisca un atto di comunicazione al pubblico/messa a disposizione, tale da richiedere l’autorizzazione del titolare dei diritti.
Uno di questi, la causa C-466/12, è giunto a termine di recente: il 13 febbraio 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso la sentenza relativa al caso “Nils Svensson , Sten Sjögren, Sten Sjögren, Madelaine Sahlman, Madelaine Sahlman, Pia Gadd contro Retriever Sverige AB”.
La controversia era stata avviata dai ricorrenti, tutti giornalisti redattori della stessa testata “Göteborgs-Posten”, nei confronti della società Retriever Sverige AB, che gestisce un sito Internet che fornisce liste di collegamenti ipertestuali verso articoli pubblicati su altri siti Internet ai propri utenti. A sua volta, la testata “Göteborgs-Posten” dispone di un proprio sito Internet in cui gli articoli pubblicati sul giornale sono liberamente accessibili al pubblico.
I ricorrenti hanno sollevato la questione del risarcimento del preteso danno da essi subìto per effetto dell’inserimento, sul sito Internet della società Retriever Sverige AB, di collegamenti ipertestuali ai propri articoli, disponibili sul sito della testata su cui erano stati originariamente pubblicati. La causa è stata condotta dinnanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea come questione sull’interpretazione dell’art. 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, prima richiamata, pregiudiziale alla decisione della Corte d’Appello sul ricorso dei giornalisti avverso la sentenza del Tribunale di Stoccolma, che aveva respinto le richieste di risarcimento.
In particolare sono state poste quattro questioni pregiudiziali:
- Se il fatto che un soggetto diverso dal titolare del diritto d’autore su una determinata opera fornisca un collegamento ipertestuale alla stessa sul proprio sito Internet si configuri come comunicazione al pubblico dell’opera ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29.
- Se sia rilevante, ai fini della soluzione della prima questione, il fatto che l’opera alla quale rimanda il collegamento si trovi su un sito Internet accessibile a chiunque senza limitazioni oppure che l’accesso sia in qualche modo limitato.
- Se, ai fini della soluzione della prima questione, si debba distinguere il caso in cui l’opera, dopo che l’utente abbia cliccato il collegamento, sia presentata su un sito Internet diverso da quello in cui l’opera sia presentata con modalità tali da offrire al cliente l’impressione di restare nello stesso sito Internet.
- Se uno Stato membro possa stabilire una maggiore tutela del diritto esclusivo dell’autore includendo nella nozione di comunicazione al pubblico più forme di messa a disposizione di quante stabilite all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29.
Le questioni sono state risolte dalla Corte di Giustizia avendo riguardo al complesso normativo del diritto d’autore internazionale e comunitario(3) e alla relazione tra questo e le normative nazionali al fine di tutelare i principi di tutela della concorrenza a garanzia del mercato interno.
Per quanto riguarda l’esame (congiunto) delle prime tre questioni pregiudiziali, al fine di determinare se sia necessario o meno – nel caso in questione – richiedere l’autorizzazione del titolare del diritto per mostrare un «link» ad un contenuto protetto dal diritto d’autore ma liberamente accessibile in rete, la Corte dà particolare rilievo alla nozione di pubblico. La Corte interpreta la giurisprudenza nel senso di non ritenere necessaria una ulteriore autorizzazione nel caso in cui la nuova comunicazione riguardi le stesse opere della comunicazione iniziale, sia effettuata con le stesse modalità tecniche (in questo caso l’accessibilità tramite un sito Internet) e sia rivolta allo stesso pubblico della comunicazione iniziale. Secondo costante giurisprudenza infatti, «per ricadere nella nozione di “comunicazione al pubblico”, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, occorre che una comunicazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, riguardante le stesse opere della comunicazione iniziale ed effettuata in Internet come la comunicazione iniziale, quindi con le stesse modalità tecniche, sia rivolta ad un pubblico nuovo, cioè ad un pubblico che i titolari del diritto d’autore non abbiano considerato, al momento in cui abbiano autorizzato la comunicazione iniziale al pubblico(4)».
Nel caso in questione si può ritenere che la comunicazione iniziale fosse diretta al complesso degli internauti, quali potenziali visitatori del sito Internet della testata di riferimento dei ricorrenti su cui gli articoli erano liberamente disponibili; poiché la stessa platea degli internauti è l’utilizzatore potenziale anche del sito della Retriever Sverige AB, si deve concludere che la messa a disposizione degli articoli dei ricorrenti tramite un collegamento ipertestuale non integra una comunicazione delle opere protette ad un pubblico nuovo e alla luce di tale conclusione la Corte di Giustizia stabilisce che «l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE […] deve essere interpretato nel senso che non costituisce un atto di comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, la messa a disposizione su un sito Internet di collegamenti cliccabili verso opere liberamente disponibili su un altro sito Internet».
Nel valutare la quarta questione la Corte ha stabilito che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro possa stabilire una maggiore tutela dei titolari del diritto d’autore, includendo nella nozione di comunicazione al pubblico più forme di messa a disposizione di quelle disposte da tale articolo. Tale ultima conclusione è fondata con particolare riguardo – come si riportava in precedenza – alla tutela della concorrenza nel mercato interno. La Corte ritiene infatti che «ammettere che uno Stato membro possa stabilire una tutela maggiore per i titolari del diritto d’autore prevedendo che la nozione di comunicazione al pubblico comprenda altresì operazioni diverse da quelle elencate all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, avrebbe l’effetto di creare incoerenza normativa e, quindi, incertezza giuridica per i terzi».
Poiché i considerando 1, 6 e 7 della direttiva 2001/29 rendono chiaramente esplicito che obiettivo della direttiva è rimediare all’incoerenza normativa e all’incertezza giuridica che accompagnano la protezione del diritto d’autore, appare evidente che riconoscere agli Stati membri la facoltà di estendere la nozione di comunicazione al pubblico a forme di messa a disposizione ulteriori a quelle previste all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva stessa, comprometterebbe lo stesso funzionamento del mercato interno, ponendosi in contrasto con la ratio della disciplina comunitaria.©
NOTE
- Osservazioni dell’AGCM in merito alla tutela dei contenuti editoriali su Internet (documento AS1050 del 24 maggio 2013).
- Rif. http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/2013/copyright-rules/index_en.htm
- Trattato OMPI sul diritto d’autore; Convenzione di Berna; Dir 2001/29/CE.
- Per analogia, sentenza SGAE, cit., punti 40 e 42; ordinanza del 18 marzo 2010, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon, C‑136/09, punto 38, nonché sentenza ITV Broadcasting e a., cit., punto 39. ◊
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di Marzia Minozzi ( n.I_MMXIII )
La normativa primaria in tema di conservazione dei dati delle comunicazioni, il d. lgs. 109/08, ha previsto che l’Operatore di telecomunicazioni debba conservare i dati relativi agli accessi internet attraverso la propria rete, tra cui l’indirizzo di protocollo internet (IP) univocamente assegnato. Allo stato attuale è stato raggiunto il limite fisico alla creazione di indirizzi IPv4. Tale situazione ha potenziali impatti sull’interpretazione della normativa citata. Inoltre, nell’ipotesi di utilizzo delle tecniche NAT per ovviare al limite raggiunto, l’identificazione diretta ed univoca dell’utente per il solo tramite dell’indirizzo pubblico IPv4, da questo utilizzato nel corso della connessione alla rete, diventa tecnicamente impossibile.