di Antonio Di Tullio DElisiis
[vc_row]Corte di Cassazione, Sezione V penale, sentenza n. 13057 del 28 ottobre 2015 e depositata il 31 marzo 2016
Con la sentenza in argomento la Cassazione ha affermato per un verso che, tra i sistemi informatici che possono essere oggetto della condotta delittuosa preveduta dall’art. 615 ter c.p. (vale a dire il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico), vi è anche la casella di posta elettronica, per altro verso, ha chiarito come e in che termini questa casella di posta elettronica possa essere oggetto dell’attività delittuosa prevista dall’art. 615 ter c.p.
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1. Il fatto
La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza impugnata, in parziale riforma di quella emessa dal locale Tribunale, ha confermato la condanna dell’imputato per accesso abusivo alla posta elettronica. (reato di cui all’art. 615/ter c.p., comma 2, n. 1), nonchè per aver preso visione di messaggi contenuti in questa casella di posta elettronica, riqualificando il suddetto reato ai sensi dell’art. 616 cod. pen. (in primo grado (…) (l’imputato ndr.) era stato condannato per il reato di cui all’art. 617 cod. pen..)
2. I motivi addotti dalla difesa in sede di legittimità
Avverso il suddetto provvedimento la difesa proponeva ricorso per Cassazione adducendo nove motivi di ricorso. In particolare, per quello che rileva rispetto al tema trattato in questo scritto il difensore censurava, con il secondo motivo, la legittimità di questa sentenza posto che “sulla base delle testimonianze raccolte, riportate anche in sentenza – il “sistema informatico” rilevante ai sensi dell’art. 615 ter cod. pen. era quello dell’ufficio, a cui era possibile accedere con password non personalizzate, mentre la casella personale di posta rappresentava una “entità” estranea alla nozione sottesa all’articolo citato”.
Con il terzo motivo evidenziava che “la casella di posta elettronica non rappresenta il “domicilio informatico” tutelato dalla legge, perchè “non è uno spazio di riservatezza autonomo rispetto al vero sistema informatico”, essendo solo un “contenitore”” posto che l’“illecito (…) “scatta nel momento in cui si legge la singola e-mail”.”; con il quarto motivo deduceva “- in relazione al secondo reato contestato e ritenuto – la riferibilità della casella di posta elettronica alla Provincia e non al singolo dipendente; pertanto, persona offesa sarebbe la Provincia, con i conseguenti riflessi sulla titolarità del diritto di querela; con riflessi, aggiunge, sulla stessa esistenza del reato, giacchè (…) (l’imputato ndr.) era un superiore gerarchico di M. e aveva facoltà di libero accesso alla posta dell’Ente”.
Infine, con l’ottavo motivo, deduceva che “un vizio di motivazione con riguardo all’attribuzione all’imputato delle condotte contestate, posto che l’inimicizia esistente tra i due non prova alcunchè e posto che (…) (l’imputato ndr.) non aveva alcun interesse a violare la posta del dipendente” tenuto conto altresì che “la Corte di merito non abbia tenuto conto della facilità con cui era possibile violare il sistema dall’esterno”.
3. La valutazione giuridica formulata dalla Corte di Cassazione nella decisione in commento
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati questi motivi alla luce delle seguenti considerazioni. I giudici di Piazza Cavour, difatti, hanno osservato in primo luogo che la “casella di posta elettronica rappresenta, inequivocabilmente, un “sistema informatico” rilevante ai sensi dell’art. 615/ter cod. pen.” posto che, nell’“introdurre tale nozione nell’ordinamento il legislatore ha fatto evidentemente riferimento a concetti già diffusi ed elaborati nel mondo dell’economia, della tecnica e della comunicazione, essendo stato mosso dalla necessità di tutelare nuove forme di aggressione alla sfera personale, rese possibili dallo sviluppo della scienza”.
In particolare la Corte, sulla scorta di questa premessa giuridica, è giunta a rilevare che “conformemente alle acquisizioni del mondo scientifico, il “sistema informatico” recepito dal legislatore non può essere che il complesso organico di elementi fisici (hardware) ed astratti (software) che compongono un apparato di elaborazione dati” anche perché secondo “la Convenzione di Budapest (…) sistema informatico è, infatti, qualsiasi apparecchiatura o gruppo di apparecchiature interconnesse o collegate, una o più delle quali, in base ad un programma, compiono l’elaborazione automatica dei dati” e quindi la ““casella di posta” non è altro che uno spazio di memoria di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o informazioni di altra natura (immagini, video, ecc.), di un soggetto identificato da un account registrato presso un provider del servizio” atteso che “l’accesso a questo “spazio di memoria” concreta, chiaramente, un accesso al sistema informatico, giacchè la casella non è altro che una porzione della complessa apparecchiatura -fisica e astratta destinata alla memorizzazione delle informazioni”.
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