La confisca urbanistica dopo la sentenza n. 13539/2020 delle sezioni unite

di Antonio Picarella e di Francesco Botti

La confisca prevista dall’art 44 co. 2 del D.P.R. 380/2001 può essere disposta anche a seguito della prescrizione del reato di lottizzazione abusiva ove, prima che sia maturata detta prescrizione, sia stata già accertata la lottizzazione stessa nelle sue componenti oggettive e soggettive. Ne deriva che, in caso di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, all’esito del giudizio di gravame, il giudice di appello e la Corte di cassazione sono tenuti a decidere sull’impugnazione agli effetti della confisca urbanistica, in applicazione dell’art. 578-bis c.p.p. Resta fermo tuttavia che, una volta intervenuta la prescrizione, in applicazione dell’art. 129 c.p.p., co. 1 il giudizio non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento. Questi, in sintesi, i principi enunciati nella recente sentenza n. 13539 depositata il 30 aprile 2020 dalle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione.


Con la sentenza in commento le Sezioni Unite hanno provato a porre fine ad una lunga querelle che, da oltre un decennio, ha investito la Corte EDU e la Corte Costituzionale in merito alla confisca lottizzatoria nel caso in cui, nel corso del giudizio di impugnazione, maturi la prescrizione del reato.

Il caso sottoposto al vaglio della S.S.U.U. nasce da un ricorso dell’imputato avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Messina aveva confermato la condanna in primo grado per il reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001 per lottizzazione abusiva, con conseguente confisca dell’area e dei fabbricati abusivamente realizzati, ai sensi del comma 2 del citato art. 44. Intervenuta la prescrizione del reato dopo la pronuncia di secondo grado, impugnata con ricorso per cassazione dall’imputato, la Terza sezione del supremo consesso, investita del caso, con un’articolata ordinanza ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, ponendo il seguente quesito: “Se, in caso di declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, sia consentito l’annullamento con rinvio limitatamente alla statuizione sulla confisca ai fini della valutazione da parte del giudice di rinvio della proporzionalità della misura, secondo il principio indicato dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’uomo 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. e altri c. Italia”.

Per rispondere a tale interrogativo la Corte si è innanzitutto posta il problema di ricercare norme di diritto penale sostanziale e processuale che consentano di individuare statuizioni che restino “immuni” rispetto all’effetto caducante derivante dalla intervenuta prescrizione del reato. Sul piano sostanziale, il ragionamento si è subito concentrato sul tenore letterale dell’art. 44 co. 2 del Testo unico edilizia, a mente del quale “La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite”. Atteso che la norma richiede, quale presupposto per l’adozione della misura ablatoria, una sentenza definitiva (ma non necessariamente di condanna), se ne fa discendere che la confisca dei terreni può disporsi anche in presenza di una causa estintiva del reato, purché sia accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva.

Siffatta interpretazione trova sponda in un consolidato orientamento della Corte, risalente finanche al sistema previgente al Testo unico dell’edilizia. Ma a dare manforte a tale indirizzo ermeneutico ci ha pensato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 49/2015 cui ha fatto seguito la Corte EDU, con la sentenza del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. c. Italia. Il percorso giurisprudenziale interno e sovranazionale sul tema, prima di trovare una sintesi nella pronuncia delle Sezioni Unite del 30 aprile 2020, è stato travagliato e non scevro da ostacoli.

Un primo pronunciamento della Corte EDU risale al 30 agosto 2007, con sentenza Sud Fondi s.r.l. ed altri contro Italia, che ha poi trovato conferma nella successiva sentenza della Corte EDU del 20.1.2009, sempre nel caso Sud Fondi s.r.l. contro Italia. In tali importanti pronunzie, la CEDU ha avuto modo di evidenziare come la confisca in questione rientri nel concetto di “pena” ai sensi di cui all’art. 7 della Convenzione, sicché – per poter essere irrogata legittimamente – è necessario l’accertamento di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, del fatto di reato punito (anche) con tale sanzione. Ben si comprendono i forti elementi di novità introdotti dalla Corte di Strasburgo: la confisca urbanistica come “pena” e non come mera sanzione avente natura “amministrativa”, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale italiano.

La questione ha trovato ulteriore vigore nella successiva sentenza della Corte EDU del 29 ottobre 2013, caso “Varvara contro Italia”, secondo cui: “la sanzione penale inflitta al ricorrente, quando il reato era estinto e la sua responsabilità non era stata accertata con una sentenza di condanna, contrasta con i principi di legalità penale appena esposti dalla Corte e che sono parte integrante del principio di legalità che l’articolo 7 della Convenzione impone di rispettare. La sanzione controversa non è quindi prevista dalla legge ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione ed è arbitraria”.

La sentenza si (im)poneva con effetto assolutamente dirompente nel sistema interno, atteso che – applicandone i relativi principi – le frequenti declaratorie di intervenuta prescrizione del reato non potevano che comportare l’impossibilità di applicare la “pena” (convenzionalmente intesa) della confisca. Per arginare le conseguenze derivanti dall’orientamento espresso dalla Corte della convenzione, è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 49/2015. Il Giudice delle leggi, nel dichiarare inammissibili due questioni di legittimità costituzionale sull’art. 44 co. 2 D.P.R. 380/10, ha in primo luogo affermato il dovere del giudice nazionale di interpretare il diritto interno alla luce della CEDU, ma sempre mediante una interpretazione conforme a Costituzione. Ha inoltre chiarito che “deve ritenersi erroneo il convincimento, formulato dai rimettenti come punto di partenza dei dubbi di costituzionalità, che la sentenza Varvara sia univocamente interpretabile nel senso che la confisca urbanistica possa essere disposta solo unitamente ad una sentenza di condanna da parte del giudice per il reato di lottizzazione abusiva”.

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