di Claudio Cazzolla
[vc_row]Corte di Cassazione, Sezione VI penale, sentenza n. 1422 del 03 ottobre 2017 e deposita il 15 gennaio 2018
La Sesta sezione ha affermato che la registrazione fonografica di colloqui tra presenti, eseguita di iniziativa dalla persona offesa dal reato, costituisce prova documentale ed è pertanto utilizzabile in dibattimento, qualora tuttavia la conversazione risulti non continuativa per essere stata tagliata in alcune parti, si impone da parte del giudice una specifica valutazione della capacità probatoria della registrazione e della attendibilità delle dichiarazioni accusatorie, non potendo a tal fine ritenersi sufficiente la mera corrispondenza tra i brani registrati e quanto riferito dall’autore della manipolazione. Utilizzabilità delle registrazioni nel processo penale e regime delle preclusioni in appello, questi i temi trattati nel presente elaborato.
Contro una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Salerno, proponevano ricorso in Cassazione sia i due imputati condannati sia il Pubblico Ministero. Secondo l’accusa, i condannati, tra i quali il sindaco di un Comune della Campania, assieme ad altri imputati assolti, avevano commesso una serie di reati nel contesto delle nuove attività imprenditoriali poste in essere presso un nuovo centro commerciale, consistenti in fatti di concussione, violenza privata e scambio elettorale politico mafioso (artt. 317, 610, 416 ter c.p., aggravati dal metodo mafioso ex art. 7, D.L. 152/1991, conv. in L. 203/1991).
La minaccia era consistita essenzialmente nella possibilità per il sindaco di condizionare l’apertura ed il funzionamento del Centro commerciale, sia in quanto avrebbe dovuto emanare i necessari provvedimenti amministrativi, sia perché paventava la revoca della denominazione “città turistica” dello stesso Comune con conseguente divieto di apertura festiva del Centro commerciale (condizione che aveva una forte incidenza sulla redditività).
Tutto partiva da una denuncia presentata nel 2011 dal titolare dell’attività, nella quale si descrivevano plurimi episodi di pressioni indebite esercitate dai pubblici amministratori per il rilascio delle autorizzazioni necessarie all’esercizio delle attività economiche della sua famiglia. A seguito della denuncia, tra le altre indagini erano effettuate attività di intercettazione che, unitamente all’arricchimento delle dichiarazioni della persona offesa, consentivano di ipotizzare il rapporto degli imputati con la criminalità organizzata.
In particolare, la questione rilevante nell’esposizione del materiale probatorio, era la possibilità di utilizzare o meno la registrazione di un colloquio intervenuto tra il medesimo denunciante e i due condannati. Si trattava di una registrazione effettuata su iniziativa del denunciante all’insaputa degli imputati-condannati. Nel processo di primo grado, il Tribunale aveva ritenuto inutilizzabile tale registrazione, perché dagli accertamenti eseguiti, era emersa una manipolazione consistente nella eliminazione di alcune sue parti che ne inficiavano la legittimità. Tuttavia, il Tribunale ritenendo fondata la tesi dell’accusa condannava i due imputati e assolveva gli altri coimputati.
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