di Daniela Gentile
Legge 15 ottobre 2013, n. 119 (in G.U. n. 242 del 15 ottobre 2013 – in vigore dal 16 ottobre 2013)
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonchè in tema di protezione civile e di commissariamento delle province.
Se sottoponessimo ad un giurista degli anni ’70 del secolo scorso l’attuale impianto di misure volte specificatamente a tutelare la donna da aggressioni provenienti dal sesso opposto questi ne resterebbe sconcertato abituato a muoversi tra i delitti di adulterio (art. 559 c.p.) e di concubinato (art. 560 c.p.), con cui non soltanto lo Stato si arrogava il diritto di intervenire nelle faccende di alcova, ma esercitava tale avocato diritto in forme manifestamente discriminatorie: la moglie fedifraga, infatti, era punita anche solo per un singolo episodio di adulterio; il marito, invece, a patto che si avvedesse – per dirla con la terminologia dell’art. 560 c.p. – di non tenere la sua «concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove», poteva liberamente intrattenere altre relazioni; ancora, fino al 1981, se il marito uccideva la moglie (art. 587 c.p.) «nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale o nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia» era punito con la pena irrisoria della reclusione da 3 a 7 anni.
Il tema della violenza di genere, ormai invalso nei dibattici politici, sociologici e giuridici attuali è, dunque, a livello normativo, piuttosto recente.
Manifesto dello spartiacque e simbolo della mutata sensibilità internazionale è la Convenzione di Istanbul del 2011 sulla prevenzione della violenza contro le donne e la lotta contro la violenza domestica – primo strumento giuridicamente vincolante per le attività di contrasto alla violenza di genere in ambito europeo – che impone di considerare la violenza sulle donne una violazione dei diritti umani e uno dei principali ostacoli al conseguimento della parità di genere e dell’emancipazione femminile.
Il nostro ordinamento, recependo i dettami della Convenzione, ha introdotto da allora una serie di misure a livello di diritto penale sostanziale e processuale (ma non solo) volte a tutelare le donne da tutte quelle multiformi tipologie di violenza (fisica, sessuale, psicologica, economica) che si atteggiano in maniera eterogenea ma il cui trait d’union è rappresentato dal soggetto passivo nonché dalla causa radicata nella condizione specifica della donna ovvero nelle relazioni gerarchiche che la vedono protagonista.
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