L’ANTISEMITISMO ON LINE

di Domenico Vulpiani

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Nella seduta del 6 ottobre 2011 della Camera dei Deputati, è stato approvato dalle Commissioni Riunite I (Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio ed Interni) e III (Affari Esteri e Comunitari) il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sull’Antisemitismo (Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati), deliberata nella seduta del 28 ottobre 2009. Il 9 novembre 2011, l’Italia ha firmato il “Protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica, relativo all’incriminazione di atti di natura razzista e xenofobica commessi a mezzo di sistemi informatici” (STCE n.189).

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Lo scorso 6 Ottobre (2011, ndr) è stato approvato dal Parlamento il Documento Conclusivo dell’indagine conoscitiva sull’antisemitismo(1), condotta dalle Commissioni Riunite I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio ed interni) e III (Affari esteri e comunitari).

L’indagine, nata dall’esigenza di monitorare l’antisemitismo, sia a livello internazionale che nazionale, ha messo in luce che siamo di fronte ad un fenomeno tristemente in crescita, che sempre di più si avvale anche delle potenzialità del web, o per meglio dire dei social network, per propagandare e diffondere contenuti di stampo razzista nei confronti del popolo ebraico.
Pertanto in seno alle decine di audizioni effettuate(2) dalle Commissioni è stato previsto uno spazio destinato ad esperti(3) che a vario titolo si occupano di monitorare i contenuti inseriti in rete.

 

Evoluzione di Internet dal web 1.0 al web 2.0
Da uno studio del fenomeno è emerso che prima dell’avvento di Internet, l’antisemitismo era relegato a pubblicazioni di nicchia, con potenzialità limitate di diffusione ed influenza sull’opinione pubblica mondiale.

Con il world wide web di prima generazione, il cosiddetto web 1.0, si assiste all’introduzione di siti web antisemiti, realizzati da organizzazioni religiose o politiche antagoniste del popolo ebraico o dello Stato di Israele. Detti siti ripropongono tutti gli aspetti storici dell’antisemitismo che vanno da quelli a carattere religioso – espressione dell’integralismo cattolico o islamico o del paganesimo – a quelli culturali, razzisti e negazionisti dell’Olocausto, fino a quelli politici ed antisionisti. Chi si collega ad essi può attingere informazioni, immagini, video, ma non può modificarne i contenuti. È con il 2004, anno della nascita di Facebook, che avviene la rivoluzione, ovvero il passaggio dal web 1.0 ed il 2.0.

Con il web 2.0 si passa da un sistema statico dei siti, in cui l’utente può soltanto navigare tra le pagine, scambiare email o utilizzare i motori di ricerca, ad un sistema dinamico con applicazioni che permettono uno spiccato livello di interazione sito-utente.
Si sviluppa l’azione autonoma degli user della rete che liberamente interagiscono tra loro, trasformandosi, in un continuo gioco delle parti, da utilizzatori in produttori d’informazioni. Un fenomeno dirompente che si manifesta con blog, forum, gruppi di opinione, immagini e video diffusi attraverso You Tube, Facebook, MySpace, Twitter ed altri ancora.

La polizia di Stato,attraverso la polizia delle comunicazioni e le DIGOS, svolge oramai da tempo un’ intensa attività di monitoraggio della rete e di contrasto di tutti i crimini a sfondo razziale o xenofobo. Lo scopo è quello di individuare i contenuti con eventuale rilevanza penale, all’interno degli spazi e dei servizi di comunicazione on line, con particolare riferimento a quelli riconducibili ad ambienti politicamente caratterizzati, ai centri sociali, ovvero alle organizzazioni ideologicamente orientate verso la discriminazione raz-ziale, la xenofobia ed altre forme di intolleranza e di contrapposizione violenta.

 

La normativa
Un’attività non sempre supportata da una normativa adeguata. Occorre infatti premettere che nell’ordinamento italiano non esiste una norma specifica destinata a sanzionare condotte antisemite per il mondo on line.

In Italia, la legge di riferimento per quanto concerne la discriminazione, l’odio, la violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, anche attraverso i mezzi di comunicazione, è la c.d. legge Mancino (D.L. 26 aprile 1993, n. 122, recante: “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”, convertito in legge, 25 giugno 1993, n. 205).
In particolare, all’art.1 la legge dispone che “[…] è punito con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi […]”.
È invece “[…] punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi […]”.

Non essendo specificato con quali modalità si possano realizzare le condotte criminali sanzionate, si presuppone un’estensione della norma anche alla rete. Del resto, essendo la legge antecedente alla nascita di Internet, non può prevedere specifici comportamenti penalmente rilevanti in materia di razzismo e xenofobia, commessi con l’ausilio di mezzi informatici. Va altresì aggiunto che molti degli spazi web a carattere antisemita ripropongono documenti, riguardanti le teorie ‘revisioniste’ dell’Olocausto, di cui una gran parte ospitata su server collocati all’estero, in Paesi ove sostenere pubblicamente tesi “negazioniste” non costituisce reato, come del resto accade anche in Italia. In tal caso, non si può fare altro che inoltrare alle Procure della Repubblica delle segnalazioni, volte ad evidenziare gli aspetti palesemente antisemiti dei siti in questione.

Un esempio per tutti è il caso del sito: www.holywar.org. Detto sito a carattere internazionale, che risiede su un server collocato negli Stati Uniti, noto per la spiccata avversione verso il popolo ebraico, è stato denunciato all’A.G. competente che si è riservata di valutare se procedere con rogatoria internazionale negli USA. Sarebbe del resto, inutile avviare una procedura di assistenza giudiziaria internazionale, quando non vi è speranza di poterla ottenere.

Il presupposto per la repressione di tali reati da parte della competente Autorità giudiziaria italiana, può avvenire nel pieno rispetto dei principi generali di giurisdizione e soprattutto di quello della “doppia incriminazione” che è alla base della possibilità di accedere alla mutua assistenza giudiziaria internazionale. In assenza di tali basi procedurali, ci si limita alla comunicazione delle fattispecie alle collaterali autorità straniere, perché promuovano le iniziative del caso.

Un caso dall’esito diverso è quello del sito www.thule-toscana.com , ospitato su un server con sede in Italia, propagandista di articoli e di teorie revisioniste dell’Olocausto con chiare affermazioni fondate sull’odio razziale ed etnico. Al termine dell’indagine  il responsabile, noto con il nickname di “Erwin” è stato denunciato ed il sito oscurato.

Dai casi summenzionati emerge chiaramente che vi sono problemi di armonizzazione delle leggi in materia vigenti nei vari Stati e di collaborazione internazionale sia giudiziaria che di polizia. Per ovviare a questo stato di cose, il Consiglio d’Europa, successivamente all’adozione della Convenzione di Budapest in materia di cyber crime, sottoscritta dall’Italia nel 2001 e ratificata con legge 48/2008, ha adottato il “Protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica, relativo all’incriminazione di atti di natura razzista e xenofobica commessi a mezzo di sistemi informatici” (STCE n.189(4)).

All’epoca in cui l’indagine era in corso, il Protocollo era stato sottoscritto da 34 Paesi di cui 17 avevano proceduto alla successiva ratifica, mentre l’Italia non aveva né sottoscritto, né ratificato il Protocollo. Lo scorso 9 novembre, grazie al lavoro svolto egregiamente dalle Commissioni Riunite (I-III), l’Italia ha proceduto(5) alla firma del Protocollo in argomento. In detto testo sono peraltro sanzionate le condotte volte a negare, minimizzare, ad approvare o giustificare il genocidio o i crimini contro l’umanità, tra cui potrebbe rientrare anche il negazionismo dell’Olocausto.

Per quanto concerne, invece, la repressione di quelli che per la nostra legislazione sono reati, oltre ai limiti legati alla giurisdizione territoriale, non vanno sottovalutati anche i limiti di natura tecnica. Si può infatti procedere all’oscuramento di un sito, ubicato su un  server italiano, i cui contenuti costituiscono reato, come nel caso dell’istigazione a delinquere, ma si può altrettanto agevolmente procedere all’oscuramento delle pagine di un social network, ospitato su server all’estero?
Le ”architetture tecnologiche” del web 2.0 sono completamente diverse da quelle dei siti web di prima generazione, per i quali certe operazioni di intervento, per così dire, “chirurgico” sono possibili. Nel caso di un social network, la chiusura di una pagina, in assenza di collaborazione col content provider estero, implica l’oscuramento di tutto il social network.
Per ovviare a questi insormontabili ostacoli di natura tecnica, si auspica che il Parlamento approvi quanto prima la legge di ratifica del citato “Protocollo aggiuntivo”, così da introdurre nel nostro ordinamento quelle norme necessarie a rendere più efficace la repressione dell’antisemitismo on line. ©

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

  1. http://www.camera.it/453?shadow_organo_parlamentare=1496&bollet=_dati/leg16/lavori/bollet/201110/1006/html/0103#9n1
  2. http://www.camera.it/459?shadow_organo_parlamentare=1494&eleindag=/_dati/leg16/lavori/stencomm/0103/indag/antisemitismo
  3. Si rinvia all’audizione del dottor Vulpiani, tenutasi in data 25 maggio 2010 http://www.camera.it/461?shadow_organo_parlamentare=1494&stenog=/_dati/leg16/lavori/stencomm/0103/indag/antisemitismo/2010/0525&pagina=s010
  4. http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/QueVoulezVous.asp?NT=189&CM=8&DF=02/12/2011&CL=ENG
  5. http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/ChercheSig.asp?NT=189&CM=8&DF=02/12/2011&CL=ENG ◊

 

 

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