di Andrea Girella
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Corte di Cassazione, Sezione II Civile, sentenza n. 25220 del 19 giugno 2017 e depositata il 24 ottobre 2017
La Corte ha accolto il ricorso e cassato la sentenza gravata. Secondo il tribunale l’unica circolazione consentita è quella a fini di importazione; in altri termini, secondo il tribunale, in Italia si potrebbe circolare con targa temporanea tedesca solo per raggiungere, dal confine, l’importatore che dovrà immatricolare la macchina. L’interpretazione del tribunale torinese non è stata condivisa dalla Corte, perché non trova riscontro nel testo dell’accordo italo-germanico del 22.10.1993 che contempla “viaggi di prova, collaudo e trasferimento”.
[/vc_column][vc_column width=”1/6″][/vc_column] [/vc_row]La locuzione “circolazione internazionale” sintetizza e indica il fenomeno, oggi più diffuso di quanto lo fosse in passato, relativo alla circolazione dei veicoli sul territorio di uno Stato diverso da quello in cui i medesimi sono stati immatricolati.Secondo l’art. 1 della Convenzione di Vienna sulla circolazione stradale (ratificata in Italia con Legge 5 luglio 1995, n. 308) un veicolo è in ‘circolazione internazionale’ sul territorio di uno Stato quando il proprietario risiede fuori di quello Stato e il veicolo, immatricolato anch’esso fuori di quello Stato, vi si trova in temporanea importazione.
La disciplina giuridica di riferimento è particolarmente complessa in quanto frammentata e riconducibile ad unità solo dopo l’esame di disposizioni normative interne, europee ed internazionali. In tale contesto, il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 disciplina la materia agli artt. 132 (“Circolazione dei veicoli immatricolati negli stati esteri”), 133 (“Sigla distintiva dello stato di immatricolazione”) e 134 (“Circolazione di autoveicoli e motoveicoli appartenenti a cittadini italiani residenti all’estero o a stranieri”); il relativo Regolamento di attuazione (d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495), invece, all’art. 339, si sofferma sull’identificazione dei veicoli immatricolati negli Stati esteri e fissa la sigla distintiva dello Stato italiano, mentre all’art. 340 regola l’immatricolazione di autoveicoli e motoveicoli appartenenti a cittadini italiani residenti all’estero o a stranieri.
L’ipotesi qui in trattazione va ricondotta, quindi, alla circolazione in Italia dei veicoli, con targa e documenti stranieri, appartenenti a persone residenti all’estero, più sotto l’aspetto del Codice della Strada che doganale. E alle sue patologie.
Illeciti che talvolta derivano da un comportamento che, nelle più lievi delle ipotesi, avevano il solo scopo di evitare “multe” (diversi Paesi, infatti, non concedono l’autorizzazione alla riscossione delle violazioni commesse e contestate nel nostro Paese), o di eludere il fisco (si pensi all’IVA, al ‘bollo’ alle operazioni di esterovestizione – ove la localizzazione in altro paese consente di sfruttare regimi fiscali o condizioni economiche più vantaggiose rispetto al Paese in cui, in termini effettivi, il bene si trova o l’attività viene svolta – al c.d. rating (che consiste nel noleggiare veicoli immatricolati in altri Stati europei per utilizzarli in Italia. In alcuni casi, il veicolo viene acquistato dal proprietario e ceduto, per la gestione e l’immatricolazione, ad una società straniera, che lo immatricola a proprio nome in altro Paese e lo concede in uso allo stesso proprietario), oppure solo per avere un notevole sconto sulla polizza assicurativa. Altre volte, invece, tale tipo di circolazione è un elemento del fenomeno più propriamente criminale legato al furto e riciclaggio di veicoli, un affare economico quest’ultimo gestito da organizzazioni complesse e ben strutturate.
Con la creazione dell’Unione Europea (oltre, U.E.), la circolazione nel nostro Paese (e in tutti i Paesi dell’Unione) dei veicoli appartenenti a cittadini dell’U.E. non prevede alcuna formalità doganale, in quanto la Convenzione di Ginevra del 19 settembre 1949 (ratificata con L. n. 1049/1952) e, successivamente, la citata Convenzione di Vienna dell’8 novembre 1968 hanno imposto a tutte le nazioni aderenti di riconoscere il certificato di immatricolazione dello Stato di origine del veicolo per un periodo non inferiore ad 1 anno. In Italia la circolazione internazionale dei veicoli è regolamentata dal Codice della Strada agli artt. 132 e 134.
L’art. 134, che regolamenta la circolazione di autoveicoli e motoveicoli appartenenti a cittadini italiani residenti all’estero o a stranieri, prevede che nel dettaglio, venga rilasciata:
- una carta di circolazione della durata massima di 1 anno, salvo eventuale proroga;
- una speciale targa di riconoscimento,
- agli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi importati temporaneamente (ovvero nuovi di fabbrica acquistati per l’esportazione), che abbiano già adempiuto alle formalità doganali (se prescritte), appartenenti a cittadini italiani residenti all’estero ovvero a stranieri che sono di passaggio.
Per residenza qui deve intendersi la cd. residenza normale, intendendo per tale – come indicato dal Decreto del 30 settembre 2003 del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, art. 10 (Disposizioni comunitarie in materia di patenti di guida e recepimento della direttiva 2000/56/CE – Decreto n. 40T) – il luogo dove il soggetto dimora per almeno 185 giorni all’anno; sono rilevanti nel determinare il luogo di residenza di una persona anche i legami personali e professionali.
L’art. 132, invece, sancisce per i veicoli immatricolati in uno Stato estero appartenente alla U.E. (nuovi o usati) la possibilità di circolare in Italia per un periodo della durata massima di 1 anno, utilizzando la carta di circolazione dello Stato di origine; trascorso tale termine i veicoli devono essere immatricolati in Italia e muniti di carta di circolazione e targa italiana.
Tale disposizione si riferisce agli autoveicoli, ai motoveicoli e ai rimorchi immatricolati in modo definitivo in uno Stato estero. Non si applica, perciò, ai veicoli dotati di registrazione temporanea e/o targa temporanea di importazione per i quali la circolazione è ammessa alle condizioni e per il tempo previsto dalle norme che disciplinano il rilascio di tali documenti di riconoscimento dei veicoli. Né trova diretta applicazione nel caso di ciclomotori immatricolati ovvero immessi in circolazione all’estero. Per essi, tuttavia, valgono le regole generali della Convenzione di Vienna del 1968 (e, quindi, sono ammessi a circolare in Italia solo se ricorrono le condizioni della circolazione internazionale).
Tra le condizioni per la circolazione in Italia di veicoli immatricolati all’estero c’è l’adempimento delle formalità doganali (quando previste), che si riferiscono a due distinti regimi: quello della temporanea importazione e quello della importazione definitiva, di diversa rilevanza a seconda che si tratti di veicoli immatricolati nell’UE o in Paesi extracomunitari. In genere, qualora i veicoli immatricolati in uno Stato estero (anche U.E.), ammessi a circolare in Italia in quanto hanno già adempiuto alle formalità doganali, protraggano tale situazione oltre l’anno si verifica una violazione al Codice della Strada (art. 132), che comporta una sanzione amministrativa pecuniaria. Inoltre, il mancato rispetto della norma implica l’interdizione all’accesso nel territorio nazionale. Non è consentito, tuttavia, il sequestro del veicolo né sono previste sanzioni amministrative accessorie.
Per la procedura da seguire si fa riferimento a quanto previsto dall’art. 207 dello stesso Codice, mentre per le violazioni inerenti ai casi di circolazione sul territorio nazionale di veicoli:
- registrati oltre confine ma non ancora radiati dal Pubblico Registro Automobilistico.
- immatricolati all’estero (Extra UE) utilizzati in locazione o in comodato da residente in Italia,
- si configura, nella prima ipotesi l’illecito in tema di targhe di cui all’art. 100, commi 1 e 12, del Codice in argomento ovvero 103, mentre nella seconda può applicarsi l’art. 132 (se ne ricorrono le condizioni).
Da ultimo, chiunque circola con l’apposita carta di circolazione scaduta di validità, in violazione dell’art. 134 del Codice della Strada è soggetto alla sanzione amministrativa. In questo caso, dalla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo. Tuttavia, questa sanzione non si applica qualora al veicolo, successivamente all’accertamento, venga rilasciata la carta di circolazione, ai sensi dell’art. 93 del Codice della Strada.
Concluso questo necessario breve inquadramento normativo, si può affermare che il caso di contestazione per avere circolato sul territorio italiano con un veicolo munito di targa temporanea tedesca, nonostante che tale veicolo non provenisse direttamente dalla Germania a fini di importazione, va letto tenendo conto dell’accordo transfrontaliero di reciprocità tra Italia e Germania del 22.10.1993, entrato in vigore l’1.1.1994 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 15.4.1994) e della successiva circolare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti n. 692/M383 del 10 marzo 2004. Ne discende che la circolazione sul territorio italiano dei veicoli con targa temporanea tedesca è ammessa alla sola condizione che tali veicoli “provengano, a fini di importazione, direttamente dalla Germania, come ancora ribadito con la circolare del Ministero dell’Interno n. 300/A/3/44559/123/2/27/3 del 16 giugno 2004”.
La circolare del Ministero dell’Interno n. 300/A/3/449/123/2/27/3 del 31.10.2003, la circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti n. 692/M383 del 10.3.2004 e la circolare del Ministero dell’Interno n. 300/A/3/44559/123/2/27/3 del 16.6.2004 si occupano della questione se le “targhe di breve termine” in uso in Germania dal 1.5.1998 potessero essere equiparate, ai fini della circolazione in Italia, alle c.d. “targhe rosse per singolo utilizzo destinate agli utenti privati”, le sole espressamente contemplate nel suddetto accordo italo – germanico del 22.10.1993.
Tali circolari riguardano, quindi, l’individuazione del tipo di targa tedesca con la quale si può circolare in Italia, ma non si occupano della definizione del tipo di circolazione che è possibile effettuare in Italia con targa tedesca. Secondo il Tribunale di Torino (sentenza n. 5285 del 31.7.2012) l’unica circolazione consentita è quella a fini di importazione; in altri termini, in Italia si potrebbe circolare con targa temporanea tedesca solo per raggiungere, dal confine, l’importatore che dovrà immatricolare la macchina.
L’interpretazione del tribunale torinese non è stata condivisa dalla Cassazione (sentenza n. 25220 del 24.10.2017), perché non troverebbe riscontro nel testo dell’accordo italo-germanico che parla di “viaggi di prova, collaudo e trasferimento”. Pertanto, il Supremo Collegio ha accolto il ricorso, con cassazione della sentenza gravata e rinvio ad altra sezione del Tribunale di Torino perché il medesimo verifichi se la circolazione contestata al ricorrente fosse meno riconducibile ad una circolazione per “viaggi di prova, collaudo e trasferimento”. Anche perché, nel caso di situazioni invertite, i giudici di merito (fra le più recenti: Giudice di pace Milano, Sez. III, 11.03.2010) hanno sostenuto che qualora un’autovettura già immatricolata in Italia e cessata dalla circolazione sia destinata all’esportazione in Germania, questa dovrà essere munita, non di targhe temporanee tedesche, bensì di apposita carta di circolazione EE (Escursionisti esteri) e relative targhe rilasciate dal competente Ufficio del Dipartimento dei Trasporti Terrestri, in conformità all’art. 134 del Codice della Strada. ©
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