Le nuove regole sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali

di Marco Massavelli

Decreto legislativo 23 giugno 2016, n. 129 (GU Serie Generale n.163 del 14-7-2016)
Nel 2014, in attuazione di una Direttiva europea, sono state inserite nell’ordinamento nazionale nuove regole in materia di diritto ad avere l’interprete e la traduzione degli atti per coloro che siano sottoposti a procedimento penale. Pochi mesi fa, il quadro normativo di riferimento è stato ulteriormente integrato con il decreto legislativo 23 giugno 2016, n. 129.
Analizziamo le regole da un punto di vista strettamente pratico-operativo, al fine di fornire utili spunti per l’attività della polizia giudiziaria e degli organi inquirenti.

 


 

La Direttiva 2010/64/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 ha introdotto importanti regole in materia di diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali e nei procedimenti di esecuzione di un mandato di arresto euro­peo. Tali norme si applicano nei confronti delle persone che siano messe a conoscenza dalle Autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se abbiano commesso il reato, inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle istanze in corso.

Nello specifico, per quanto concerne il diritto all’interpretazione, gli Stati membri assicurano che gli indagati o gli imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedi­mento penale siano assistiti senza indugio da un interprete dinanzi alle Autorità inqui­renti e giudiziarie, inclusi gli interrogatori di polizia, e in tutte le udienze, comprese le necessarie udienze preliminari.
Gli Stati membri assicurano, ove necessario al fine di tutelare l’equità del procedimento, che l’interpretazione sia disponibile per le comunicazioni tra indagati o imputati e il loro avvocato, direttamente correlate a qualsiasi interrogatorio o audizione durante il procedimento o alla presentazione di un ricorso o di un’altra istanza procedurale. Gli Stati membri assicurano la messa a disposizione di procedure o meccanismi allo scopo di accertare, preventivamente, se gli indagati o gli imputati parlano e comprendono la lingua del procedimento penale e se hanno bisogno dell’assistenza di un interprete.

L’Unione Europea prescrive che dovrà essere possibile utilizzare tecnologie di comunicazione quali la videoconferenza, il telefono o Internet, a meno che la presenza fisica dell’interprete non sia necessaria al fine di tutelare l’equità del procedimento.
Per quanto riguarda, invece, il diritto alla traduzione di documenti fondamentali, l’articolo 3, della direttiva, prescrive che per i soggetti indagati o imputati che non comprendono la lingua del procedimento penale sia garantita, una traduzione scritta di tutti i documenti che sono fondamentali per garantire che siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa e per tutelare l’equità del procedimento.

La direttiva 2010/64/UE è stata recepita dall’ordinamento nazionale con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32, entrato in vigore il 2 aprile 2014. Tale disposizione normativa ha introdotto delle importanti modifiche al codice di procedura penale.
In tema di diritto, per l’imputato che si trovi in custodia cautelare, e per la persona arrestata in flagranza di reato o fermata, a norma dell’articolo 384, c.p.p. (fermo di indiziato di delitto), di poter avere dei colloqui, e poter conferire con il difensore, all’articolo 104, c.p.p., è stato inserito il nuovo comma 4-bis, secondo il quale l’imputato in stato di custodia cautelare, l’arrestato e il fermato, che non conoscono la lingua italiana, hanno diritto all’assistenza gratuita di un interprete per conferire con il difensore.

 

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