Angelo MagliacanoIII_MMXIXScientific Investigation

L’eloquenza del difetto

di Angelo Magliacano

Il criterio di ricerca di quest’analisi balistica ripercorre ed integra il processo logico suggerito dall’approccio Empirico-Analitico, postulato nell’articolo di recente pubblicazione – Nr. 2 MMXIX Sicurezza e Giustizia -. L’oggetto della speculazione è rappresentato dall’elemento binario (arma – bossoli <test> esplosi) costituito da due gruppi (A e B) di bossoli, esplosi sperimentalmente da due pistole semiautomatiche dalle medesime caratteristiche di classe, assemblate in successione e testate al termine del lay-out di produzione, denominate “FTX” e “FTY”.
Ciò detto, è del tutto evidente che il fondamento di questa sperimentazione è indubbiamente rappresentato dal fatto che le cause (difetti), che determinano gli effetti documentati, non sono inquinate dalla “metamorfosi” prodotta dal variare delle condizioni meccaniche dell’arma, determinata dalla sua vita operativa e dalla sua storia, che arricchisce e modifica inevitabilmente il patrimonio improntativo, corrispondente alle caratteristiche balistiche di classe e singolarità d’arma (2. Il concetto di “decadimento” nel tempo delle caratteristiche balistiche dell’arma – N. 2 – MMXIX Sicurezza e Giustizia).
Inoltre, l’analisi balistica eseguita sui bossoli test (FTXA1-2 ; FTYB1-2) conferma che ogni arma, sin dall’origine, rappresenta un “UNICUM” distinto e singolare dal punto di vista dell’identità balistica.
Nello specifico l’accertamento micro-comparativo insegue l’obiettivo di “codificare” gli effetti (macro e micro improntamenti a copiare) prodotti dalle loro matrici (es. espulsori) ed affermare il nesso di casualità tra i processi industriali (lavorazioni meccaniche) utilizzati per produrre le parti d’arma (espulsori/percussori/estrattori) e taluni micro-improntamenti osservati e originati da evidenti difettosità delle loro superfici.
In particolare l’operosa dedizione all’indagine eziologica consente di de-codificare la “singolare” eloquenza del difetto, che può essere infatti considerato in funzione dell’aspetto che assume, della causa che l’ha generato, dell’effetto che esso ha sulla funzionalità del prodotto e così via.
Esso è fine “oratore” e dovrà permettere di individuare elementi comuni (caratteristiche di singolarità d’arma) in difetti che appaiono distinti.

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L’Approccio Empirico-Analitico (fig. 5), centrale nell’analisi balistica comparativa, postulato nell’articolo di recente pubblicazione (N. 2 MMXIX Sicurezza e Giustizia), esige ad integrazione questa trattazione, il cui criterio di ricerca e sperimentazione sostiene con evidenza concreta la necessità inderogabile, avvertita dall’esperto balistico, di codificare la genesi e la metamorfosi del patrimonio improntativo.
Il lettore vorrà perdonare l’uso e l’abuso del termine “eziologia”, liberamente considerato poiché ben definisce il processo di codifica degli effetti (macro e micro improntamenti a copiare: morfologia – metrologia – ripetitività – soluzioni di continuità delle caratteristiche balistiche) e ricerca delle cause (endogene-esogene) nell’analisi balistica comparativa delle impronte di classe e di singolarità d’arma impresse sui reperti balistici (proiettili sparati e bossoli esplosi).
L’esame balistico comparativo riguarda due gruppi (A e B) di bossoli (fig. nr.1,2,3, e 4), esplosi sperimentalmente da due pistole semiautomatiche cal. 9×21 mm IMI, denominate “FTX” e “FTY”, di uguale marca e modello, assemblate in successione e testate al termine del lay-out di produzione.
Lo specifico accertamento balistico, oggetto di questa sperimentazione, per ovvie ragioni, non si propone di esprimere un giudizio comparativo, essendo conosciuto l’abbinamento “arma – bossoli<test>esplosi”.
L’attività di ricerca definisce in concreto le ipotesi di lavoro, dovendo essa perseguire l’obiettivo di “codificare” le impronte (di classe e di singolarità d’arma) generate dagli elementi, parti, meccanismi e congegni delle armi. In particolare, le impronte di espulsione sono l’oggetto della speculazione di quest’analisi (FTX – A1a, A2a e FTY-B1a, B2a).
Ripercorrendo il processo logico dettato dall’approccio citato in esordio è stato possibile documentare e gli effetti (macro e micro improntamenti a copiare) prodotti dalle loro matrici (espulsori) e l’interdipendenza con i processi produttivi (lavorazioni meccaniche) utilizzati per produrre le parti d’arma (cause).
Il peso validante di questa sperimentazione è indubbiamente rappresentata dal fatto che le cause (difetti) che determinano gli effetti documentati non sono inquinate dalla metamorfosi prodotta dal variare delle condizioni meccaniche dell’arma, determinata dalla sua vita operativa e dalla sua storia, che arricchisce e modifica inevitabilmente il patrimonio improntativo, corrispondente alle caratteristiche balistiche di classe e singolarità d’arma (2. Il concetto di “decadimento” nel tempo delle caratteristiche balistiche dell’arma – N. 2- MMXIX Sicurezza e Giustizia).

1. Analisi micro-comparativa delle caratteristiche balistiche presenti sui bossoli-FTX (A1 e A2) ed i bossoli-FTY (B1 e B2)

L’accostamento dei piani del fondello dei bossoli test (FTX– A1,A1b, A2, A2b e FTY-B1, B1b, B2, B2b) consente di esprimere una valutazione generale delle caratteristiche balistiche, in particolare una corrispondenza della disposizione spaziale delle impronte primarie (percussione – espulsione – estrazione), nonché una parziale differenziazione morfologica d’improntamento del cratere di percussione e dell’impronta di espulsione (fig. nr. 1, 2, 3 e 4).
Di contro, un approccio induttivo, che parte dal particolare ingrandimento delle impronte precedentemente osservate, ci consente di estrapolare considerazioni generali riguardo le impronte¹ di percussione ed espulsione: becco di bricco – craterizzazioni causate dalla formazione di Blister/noduli sul piano dell’espulsore (bossoli-FTY fig. B1a-B2a) – difettosità causate dalla discontinuità superficiale della faccia dell’espulsore(bossoli-FTX fig. A1a-A2a) – leggere variazioni morfologiche, dimensionali e topografiche.

Il processo induttivo che procede dall’osservazione/valutazione del particolare ha consentito di documentare considerevoli differenziazioni di improntamenti, aventi caratteristiche di singolarità.
In realtà, le osservazioni/valutazioni che hanno riguardato i caratteri generali dei “reperti” balistici (bossoli-FTXA1-A2 ed i bossoli-FTYB1-B2), permettono di rilevare che vi sono corrispondenze delle caratteristiche impronte primarie di classe, per identità morfologica, topografica e dimensionale.

Gli elementi di singolarità che sembrano caratterizzare le impronte primarie di classe ed evidenziate durante il processo di osservazione generale, sono stati rivalutati attraverso un’analisi del particolare, che oltremodo ha permesso di rilevare un evidente nesso di casualità tra le craterizzazioni osservate ed i difetti superficiali di lavorazione, in particolare del piano dell’espulsore.
Taluni micro-improntamenti osservati sono originati da evidenti difettosità trattandosi di elementi (espulsori) prodotti mediante processo industriale di sinterizzazione (M.I.M.), le cui superfici non sono sottoposte a lavorazioni di finitura.
Difatti, è di fondamentale importanza la conoscenza delle attuali lavorazioni industriali, utilizzate per produrre parti meccaniche costitutive dei meccanismi dell’arma, nella fattispecie gli espulsori, che per forma e dimensioni, sono progettati e prodotti mediante processi industriali² tra i quali i più diffusi sono la pressofusione o colata, stampaggio a freddo, la sinterizzazione (M.I.M.).
L’analisi balistica comparativa eseguita sui bossoli FTXA1-A2 e FTYB1-B2, esplosi sperimentalmente da due pistole semiautomatiche di uguale marca e modello, assemblate in successione e testate al termine del lay-out di produzione, ha fortemente confermato che ogni arma rappresenta un “UNICUM” distinto e singolare dal punto di vista dell’identità balistica. Nonostante la generica affermazione della realtà industriale intervistata, che asserisce la naturale indifferenziazione dell’identità balistica delle armi prodotte in successione e con gli stessi processi produttivi, il caso sperimentale proposto conferma l’esatto contrario.

A tal proposito, in un recente studio presentato in ambito internazionale³, si espone il concetto secondo cui il richiamo alla centralità dell’aitia=causa coinvolge e aggredisce il concetto di rendimento meccanico della macchina termobalistica in cui il Sistema di equazioni non lineari che lo determina, al variare delle condizioni al contorno, contestualizza la capacità dell’arma ad essere “singolare”.

2. “Difettologia” in ambito industriale

Lawful Interception per gli Operatori di Tlc

Per esigenze espositive si rinuncia ad un approfondimento, pur necessario, riguardo le proprietà meccaniche dei materiali. È del tutto evidente, tuttavia, richiamare l’importanza della capacità (Resilienza), in ingegneria come in metallurgia, di un materiale di resistere a forze dinamiche, ovvero ad urti, fino al raggiungimento di una tensione in grado di deformare in modo permanente il materiale (ovvero sino al raggiungimento del limite elastico); invece che della capacità (Tenacità) di un materiale sottoposto ad uno sforzo statico di assorbire energia dall’inizio della deformazione fino alla rottura come nella prova di trazione; piuttosto che discorrere della matrice metallica dei prodotti della metallurgia in rapporto alla soluzione di continuità costituita da cavità di varie forme, distribuite più o meno uniformemente al suo interno (Porosità); ed ancora, della successione di “creste” e “valli” distribuite caoticamente o con regolarità, a seconda del tipo di lavorazione subite dalla superficie (Rugosità)⁴.

L’indeterminatezza dei difetti estetici è amplificata dal fatto che essi raramente hanno un impatto funzionale (e quindi non possono essere caratterizzati in termini prestazionali) e dipendono dalla percezione visiva (“strumento di misura” che in realtà strumento di misura non è); oltremodo per i difetti funzionali i problemi non mancano di certo, a cominciare dalla “prospettiva” da cui si guarda il difetto. Un difetto può essere infatti considerato in funzione dell’aspetto che assume, della causa che l’ha generato, dell’effetto che esso ha sulla funzionalità del prodotto e così via.
Consideriamo infatti un semplice “avvallamento” sulla superficie di un cubo, esso può essere considerato come:

Difetto superficiale (per dove è collocato)
Difetto geometrico (per l’effetto che ha sul design del prodotto)
Difetto prestazionale (perché diminuisce la sezione del prodotto)
Difetto da ritiro (per la causa meccanica che l’ha generato)
Difetto a freddo ( per indicare quando si è verificato)

Quest’impostazione ci permette di introdurre un secondo aspetto legato alla nomenclatura dei difetti, ossia la loro categorizzazione, o classificazione.
Se la nomenclatura dei difetti si pone come obbiettivo semplicemente di individuare definizioni specifiche per ogni singolo “tipo” di difetto, passando alla classificazione dei difetti l’obbiettivo diventa molto più ambizioso, in quanto in tal caso alle definizioni dei difetti si chiede anche di essere in un certo qual modo “parlanti” e permettere di individuare elementi comuni in difetti distinti.
Esemplificando, si può affermare che l’”avvallamento” appena citato è accumunabile ad una porosità superficiale dal fatto di essere in superficie, ma non lo è se consideriamo l’effetto geometrico (la forma del cubo non cambia), la causa che l’ha generato (non il ritiro ma la presenza di gas, ad esempio) o quando si è manifestato (a caldo, durante l’iniezione e non al raffreddamento).
Diversamente diremmo che una porosità interna non ha niente in comune con il suddetto avvallamento, ma rispetto alla porosità superficiale ha in comune tutte le caratteristiche con l’eccezione di dove si manifesta (nel cuore del materiale e non sulla superficie).
“Classificare” è un operazione più complessa del semplice nominare: con la classificazione non si vuole dare una semplice descrizione ma uno strumento tecnico che fornisca indicazioni sulle cause o sugli effetti di quel difetto, e quindi indicazioni o sulle criticità del processo o sulle criticità del prodotto.
Tutto questo comporta che, se bene o male è possibile pensare ad una certa omogeneità nella nomenclatura dei difetti, molto più difficile pensare alla stessa omogeneità nelle classificazioni: basti pensare alla diversa prospettiva di chi fa produzione (interessato ad una classificazione che tenga in considerazione soprattutto il processo) e di chi utilizza il prodotto (interessato soprattutto all’impatto dei difetti sulla funzionalità inutilizzo).
Nel corso del tempo si sono sviluppati diversi sistemi di identificazione e classificazione dei difetti nei getti di fusione, e tutt’oggi questo è un argomento ancora in sviluppo, ad esempio si sta lavorando ad una futura proposta di classificazione delle difettosità dei getti, specifica per i getti in alluminio.

3. La difettosità nei getti di fusione (pressofusi) secondo la classificazione ICFTA

In breve, di seguito, viene richiamata la stesura di una interessante classificazione delle difettosità nei getti di fusione, in uno sforzo indirizzato a dare non solo una definizione univoca per ognuna delle diverse tipologie di difetto che possono gravare sul getto di fusione, ma anche a fornire una sorta di prontuario per risalire dalla tipologia di difetto alla causa di processo che l’ha indotto. Limitandoci all’attuale stato dell’arte, la classificazione che a tutt’oggi gode della massima diffusione internazionale è quella codificata dal Comitato Internazionale delle Associazioni Tecniche di Fonderia (International Committee of Foundry Technical Associations – ICFTA).
La ICFTA è un comitato che riunisce le più importanti associazioni nazionali nel campo della fonderia, e come tutte le principali associazioni tecniche il suo scopo principale è sempre stato quello di favorire l’armonizzazione nel settore di standard produttivi, criteri qualitativi e strumenti di giudizio. Nello sforzo di classificazione e nomenclatura delle difettosità dei getti, la ICFTA ha seguito un approccio basato sulla suddivisione iniziale dei difetti secondo la loro morfologia, individuando sette categorie principali di difetto così suddivise:
sporgenze;
cavità;
discontinuità;
difetti;
mancanze;
dimensione o forma improprie;
inclusioni o anomalie strutturali.

4. Conclusioni

Le valutazioni espresse sono il frutto di argomentazioni che scaturiscono dall’acquisizione di informazioni, variabili e conoscenze (x), che traducono il fenomeno fisico balistico, tali che x ε [ 0 + ∞ [, considerando Ө = Errore di giudizio e il limite matematico della funzione f(x) = per x ∞, si abbia che l’errore (Ө) sia nullo (Fig. 5 Ciclo Empirico – Analitico). Dunque, è necessario conoscere la genesi, la variazione al mutare delle condizioni al contorno e l’interdipendenza delle innumerevoli variabili che influenzano e determinano il fenomeno balistico, originato da una macchina termobalistica, i cui prodotti (bossoli e proiettili) sono oggetto dell’indagine balistica comparativa.
L’analisi balistica comparativa relativa ai bossoli, sperimentalmente ottenuti dalle pistole semiautomatiche “FTX” e “FTY”, ha evidenziato il processo di raffinamento delle valutazioni scaturite inizialmente dall’analisi generale (deduzioni) delle caratteristiche balistiche osservate sui predetti bossoli.
Qualora, come nel caso esposto, si ha la disponibilità della/e armi che hanno esploso/sparato i “reperti” balistici, il demando all’osservazione/valutazione della faccia degli espulsori (matrice), che ha prodotto le impronte, ha ingenerato un processo logico deduttivo-induttivo.
Tale processo è finalizzato ad individuare il nesso duale, causa – effetto, affinché ogni effetto (impronta) osservato e descritto venga fatto risalire alla causa che lo ha prodotto, ove le cause individuate possono essere endogene (usura, tolleranze, pressioni di esercizio, rendimento meccanico, progettuali, etc.) che esogene (cause accidentali, ambientali, manutenzioni ordinarie e straordinarie, conservazione, etc).
Ciò detto, è del tutto evidente che il fondamento di questa sperimentazione è indubbiamente rappresentato dal fatto che le cause (difetti) che determinano gli effetti documentati non sono inquinate dalla “metamorfosi” prodotta dal variare delle condizioni meccaniche dell’arma, determinata dalla sua vita operativa e dalla sua storia, e che coinvolge inevitabilmente il patrimonio improntativo.
Lo studio della difettosità superficiale del piano dell’espulsore a diretto contatto con il fondello del bossolo esploso, estratto e predisposto all’espulsione, e la conoscenza dei processi di lavorazione industriale utilizzati per la produzione delle parti meccaniche (espulsori) sono stati di fondamentale importanza per argomentare il giudizio conclusivo, discriminando al meglio ogni considerazione soggettiva. Gli elementi di singolarità che sembrano caratterizzare le impronte primarie di classe ed evidenziate durante il processo di osservazione generale, sono state rivalutate attraverso un’analisi del particolare, che oltremodo ha permesso di rilevare un evidente nesso di casualità tra le craterizzazioni osservate (Fig. B1a-B2a) ed i difetti superficiali (Blister/noduli) di lavorazione meccanica (sinterizzazione M.I.M.), in particolare del piano dell’espulsore a contatto con i fondelli dei rispettivi bossoli FTYB1-B2 esplosi.
Infine, non si è tralasciato di analizzare l’ulteriore elemento di distinzione costituito dai micro-improntamenti (Fig. A1a-A2a) caratterizzanti gli espulsori dei bossoli FTXA1-A2, ovvero in parte prodotti da difettosità causate dalla discontinuità superficiale della faccia dell’espulsore, ma anche generati dall’azione dinamica esercitata dal piano dell’espulsore a contatto con il fondello del bossolo durante il ciclo funzionale dell’arma (espulsione), con formazione di brevi linee di spiaggia (per similitudine con il fenomeno di rottura a fatica di parti meccaniche).
Taluni micro-improntamenti osservati sono originati da evidenti difettosità trattandosi di superfici non sottoposte a lavorazioni di finitura.
Infine, se dovessimo attenerci all’etimo del termine “processo”non potremmo che congedarci con una certezza che questo “difetto”, o altri ancora, avrà tempo e modo di sussurrare, e qualcuno, esperto, avrà (ha avuto) la perizia di stanarlo e codificarne la metamorfosi. ©

 

 

 


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EZIOLOGIA DEL PATRIMONIO IMPRONTATIVO NELL’ANALISI BALISTICA COMPARATIVA -
di Angelo Magliacano (N. II_MMXIX)
L’analisi degli “effetti” (impronta balistica), trasversalmente innalzata a principe del giudizio, inquina il processo costante e ciclico di ricerca delle origini delle cause. L’azzardo semantico contenuto nel titolo richiama lo studioso esperto alla centralità dell’aitia = causa. Le argomentazioni proposte sostengono lo sviluppo di un metodo induttivo – deduttivo (un processo ciclico Empirico – Analitico) che miri a scandagliare, conoscere, riprodurre, argomentare il nesso duale causa - effetto, cioè l'"Eziologia" del patrimonio improntativo appartenente a quel reperto balistico, prodotto della macchina termobalistica, utile all'analisi comparativa; ovvero raffinare e dedicare l’algoritmo umano dell’esperto balistico. A tal proposito, gli strumenti di insiemistica applicati verificano che la curva crescente, grafico della funzione convessa f(τ)=Ψconτ>0, (Ψ=Indice qualitativo e quantitativo delle Caratteristiche balistiche τ=Grandezza temporale influenzata dalla vita operativa della macchina termobalistica), è costituita dall’interpolazione dei punti che altro non sono la contestualizzazione della vita operativa dell’arma, ovvero “l’Eziogenesi” del patrimonio improntativo relativo al reperto balistico oggetto dell’analisi comparativa. Dunque, l'originalità e la validità dei modelli statistici-matematici, a cui la ricerca attuale pare investire e dare credito, andranno sicuramente raffinati e dedicati, poiché attribuiscono un peso eccessivo a taluni effetti, tradotti statisticamente ed utilizzati nel confronto comparativo (matching).

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