L’ispezione informatica e la disciplina processuale delle attività di computer forensics

di Luca Battinieri

L’attività investigativa tesa a repertare la prova digitale è sovente veicolata de plano nell’ambito degli accertamenti tecnici irripetibili, trascurando, tuttavia, che, nei casi più comuni di accesso informatico, difetta proprio l’elemento caratterizzante dell’istituto processuale invocato.

 


1. L’ispezione informatica

L’aspetto maggiormente critico è legato al fatto che, allorquando si opera in ambiente informatico, l’ispezione perde il suo carattere descrittivo, tipicamente statico, per acquisire una veste inevitabilmente dinamica, atteso che l’intervento stesso, al momento della sua effettuazione, andrebbe ad alterare in modo irrimediabile i dati presenti sul supporto analizzato. In pratica, anche limitarsi alla mera analisi del contenuto di un hard disk, implicherebbe una modifica dei files presenti sull’hardware, in modo tale da rendere impossibile un successivo analogo intervento che fotografi ex post le stesse condizioni di fatto presenti al momento del primo accesso. Ecco perché, a giudizio di alcuni, di ispezione informatica “pura” dovrebbe parlarsi nei limiti di una descrizione esterna dell’apparato (acceso-spento; presenza di periferiche collegate; connessione ad Internet; informazioni riportate sulla schermata del desktop etc.), dovendo farsi riferimento necessario all’accertamento tecnico irripetibile ex art. 360 c.p.p. ogni qualvolta occorre investigare sul contenuto interno al supporto.

Ricondurre la semplice analisi di un componente informatico alla disciplina in materia di ispezioni piuttosto che a quella degli accertamenti tecnici irripetibili implica conseguenze determinanti non tanto in punto di contraddittorio, atteso che, in entrambi i casi, si è in presenza di un atto c.d. “garantito”, ma in tema di assistenza tecnica, posto che solo nel secondo caso è previsto il diritto dell’indagato (e della persona offesa) di partecipare alla procedura con l’assistenza di un consulente di parte che vigili – ed eventualmente deduca – sull’operato di quello del PM. Il pubblico ministero che procedesse esclusivamente sulla base degli artt. 244 e ss. c.p.p. e, quindi, senza dare avviso alla parte della possibilità di valersi di un proprio consulente, darebbe luogo ad una nullità di ordine generale perché incidente sul diritto di partecipazione ed assistenza [art. 178 lett. c)]. Sul punto, la S.C., con orientamento pressoché costante, ritiene che “In tema di accertamento tecnico non ripetibile nel corso delle indagini preliminari, il mancato avviso all’imputato e al difensore del conferimento dell’incarico e della facoltà di nominare un consulente tecnico di parte, dà luogo a nullità di ordine generale a regime intermedio, che va dedotta non oltre la conclusione del giudizio di primo grado” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 46715 del 11/10/2012).

A ben vedere, tuttavia, al fine di individuare il momento di preclusione dell’eccezione, è indispensabile distinguere se la parte assista o meno al compimento delle operazioni, dovendo, in tale ultimo caso, sollevare l’illegittimità del modus procedendi prima dell’inizio delle stesse o, comunque, immediatamente dopo (art. 182 comma 2 c.p.p.), pena una inevitabile decadenza. In pratica, il difensore che presidiasse un accertamento tecnico non ripetibile, irritualmente effettuato come mezzo di ricerca della prova, riservandosi l’eccezione per il dibattimento rischierebbe seriamente di vedersela rigettata per preclusione, avendo dovuto presentarla (ad. esempio) in udienza preliminare piuttosto che nel segmento camerale ex art. 406 c.p.p. e così via. Addirittura, la S.C. ritiene che la deduzione di tale invalidità processuale sia scorporata dalla necessità di un successivo momento di contraddittorio giurisdizionale, ben potendo (e, a questo punto, dovendo) la difesa veicolarla in una memoria ex art. 121 c.p.p. (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 44840 del 11/10/2012). Ecco perché, recependo questo orientamento, nel nostro caso la nullità della ispezione informatica andrebbe dedotta ben prima dell’accesso al dibattimento di primo grado, con conseguenze molto più serie per le parti private che per il pubblico ministero.

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