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Penalmente “lecita” la coltivazione domestica di piante stupefacenti a fine di autoconsumo ma sanzionabile amministrativamente

Corte di Cassazione, Sezione Unite, sentenza n. 12348 del 19 dicembre 2019 e depositata il 16 aprile 2020

È stato accolto, con rinvio, il ricorso di un trentenne campano condannato a un anno di reclusione e tremila euro di multa perché in casa aveva due ‘piantine’ e una riserva di circa 11 grammi di cannabis.

L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale e di legittimità in materia di coltivazione di piante stupefacenti evidenzia alcuni punti fermi e alcuni profili problematici. Tuttavia le Sezioni Unite ritengono che la soluzione da dare alla questione sollevata con l’ordinanza di rimessione debba basarsi sull’affermazione della mancanza di tipicità – qualora ricorrano tutte le condizioni sopra specificate – della condotta di coltivazione domestica destinata all’autoconsumo; condotta in relazione alla quale non potrà trovare applicazione l’art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990, perché tale disposizione non si riferisce in nessun caso alla coltivazione, neanche a quella penalmente rilevante.

Qualora, però, la coltivazione domestica a fini di autoconsumo produca effettivamente una sostanza stupefacente dotata di efficacia drogante, le sanzioni amministrative dell’art. 75 richiamato potranno essere applicate al soggetto agente considerato non come coltivatore, ma come detentore di sostanza destinata a uso personale.

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