Le Sezioni Unite Penali, con la sentenza n. 19415 depositata l’8 maggio 2023 hanno enunciato il seguente principio di diritto: “nei confronti della sentenza resa all’esito di concordato in appello è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza”.
Ad avviso della Suprema Corte, infatti, anche dopo la riforma del 2017, esclusa l’introduzione di speciali limiti di ricorribilità in cassazione per la sentenza emessa a seguito di concordato in appello, resta censurabile, con il ricorso per cassazione, l’errore del giudice di appello che abbia omesso di dichiarare la già intervenuta prescrizione del reato, pur se non eccepita dalla parte interessata in quel grado.
L’error in iudicando – scrivono le Sezioni Unite – si concretizza proprio nella detta omissione, che si riverbera sul punto della sentenza concernente la punibilità. L’impugnazione mira ad emendare tale errore.
La sentenza evidenzia poi che l’ammissibilità del ricorso non è pregiudicata dal fatto che il ricorrente, con le conclusioni rassegnate in appello, non abbia eccepito la prescrizione maturata nel corso di quel giudizio; né alcuna rilevanza preclusiva all’ammissibilità dell’impugnazione può attribuirsi, in caso di prescrizione verificatasi addirittura prima della proposizione dell’appello, alla mancata deduzione di parte con i relativi motivi (art. 606, com m a 3, cod. proc. pen.).
Ciò in quanto l’art. 129 cod. proc. pen. impone al giudice, come recita la rubrica, l’obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e a tale “obbligo” il giudice di merito non può sottrarsi e deve ex officio adottare il provvedimento consequenziale. Se a tanto non adempie, la sentenza di condanna emessa, in quanto viziata da palese violazione di legge, può essere fondatamente impugnata con atto certamente idoneo ad attivare il rapporto processuale del grado superiore, il che esclude la formazione del c.d. “giudicato sostanziale”.
Di seguito il testo integrale della sentenza: