di Walter Riccitelli
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Corretta acquisizione delle prove tramite sopralluogo e repertamento da parte degli organi di Polizia: il primo intervento, le problematiche tecniche e procedurali, quando e come far intervenire il RIS/Polizia Scientifica. Difficoltà nel coordinamento tra il comando operante e l’organo tecnico specializzato.
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Uno dei principali problemi nella trattazione di un caso giudiziario nel quale vi sia una scena del crimine è l’approccio con cui si svolgono le attività di primo soccorso e le fasi di attivazione del sopralluogo e repertamento. I protocolli di intervento presuppongono, al verificarsi di un grave reato, l’attivazione di diversi soggetti all’interno della forza di polizia intervenuta per prima sul luogo, ai quali corrispondono differenti competenze. Ogni caso è diverso dagli altri e deve essere “attagliato” alle esigenze contingenti di ricerca ed assicurazione della prova, non dimenticandosi mai delle necessità di coordinamento e dell’ottimizzazione del numero dei soggetti coinvolti.
1- Il primo intervento
Nella ordinaria amministrazione dei servizi di pronto intervento, una volta allertati della presenza di un evento penalmente rilevante in un dato luogo, ci si reca senza ritardo. Tralasciando i testimoni dell’evento (siano essi sconosciuti, amici o parenti della vittima) ogni categoria professionale deputata ad intervenire ha l’obbligo di garantire il migliore servizio possibile, attuando le tecniche di cui dispone al fine di salvare delle vite e di perseguire l’autore del reato 1 2 3 4.
In particolare, si è fatto gran parlare nella comunità scientifica dell’importanza di un corretto approccio da parte dei paramedici al fine di non rendere inservibili le eventuali e magari labili prove necessarie alla polizia giudiziaria. L’approccio del personale medico è infatti quello di verifica delle condizioni cliniche della vittima e la sua stabilizzazione propedeutica al trasferimento in ospedale, nulla importando le ragioni di polizia giudiziaria. L’approccio dell’operatore di polizia, invece, è quello della verifica macroscopica delle condizioni delle persone coinvolte e della messa in sicurezza del sito per la successiva ricerca delle fonti di prova, quasi nulla potendo per quanto riguarda le condizioni cliniche della vittima, ma predisponendo il luogo all’arrivo dell’ambulanza.
È importante quindi preparare il personale paramedico ad una più attenta verifica del luogo di intervento secondo i principi base della criminalista, quali ad esempio un corridoio preferenziale di movimento tra l’ambulanza e il soggetto da medicare, l’uso dei dispositivi di protezione individuale (guanti, mascherine, etc..) per non inquinare la scena di “falsi positivi” (elementi che nella realtà dei fatti non sono pertinenti al reato e che possono sviare le successive indagini), evitare di spostare oggetti non indispensabili al trattamento del paziente per consentire una corretta ricostruzione della dinamica dell’evento.
Allo stesso modo è importante per l’operatore di polizia riconoscere i parametri fondamentali di vita quali il battito, respirazione etc., utilizzando eventualmente il kit di pronto soccorso e/o di defibrillazione in dotazione ad alcune auto, sempre utilissimi durante la pratica quotidiana ed in particolare in situazioni di emergenza. In questo senso si sta compiendo un grande sforzo di preparazione del personale di polizia attraverso corsi di primo soccorso e BLSD (Basic Life Support and early Defibrillation) per sopperire a queste esigenze.
2- L’intervento del personale specializzato
Una volta gestita l’emergenza sanitaria si deve necessariamente procedere alla constatazione dei fatti cinturando la zona, identificando eventuali testimoni e chiedendo l’intervento del personale specializzato. Anche in questo caso è essenziale la preparazione del personale con corsi specifici di criminalistica di base per la predisposizione all’intervento delle cosiddette “squadre rilievi” composte da personale addestrato al sopralluogo e repertamento. È importante che l’agente sia capace di spiegare correttamente a chi interverrà lo scenario in cui si andrà ad operare e nel caso pre-allertare chi ha la responsabilità di comando alla richiesta del personale tecnico. Il fulcro è proprio questo: la gestione routinaria degli interventi delle “squadre rilievi” è, per così dire, una gestione di secondo livello, ovvero volta alla ricerca delle cose pertinenti il reato nei quali non è richiesto l’impiego di attrezzature tecniche particolarmente complesse. Qualora lo fosse, invece, l’intervento dei tecnici appartenenti ai reparti speciali di polizia scientifica è soggetta ad una richiesta formale da parte dell’Autorità Giudiziaria5 procedente, ovvero del Comando intermedio operante e di concerto con quest’ultima. Una situazione come quella appena descritta porta a due possibilità:
- procedere ai rilievi, effettuare dettagliate riprese fotografiche e/o audiovisive e raccogliere tutte le informazioni possibili dalla scena criminis e successivamente permettere all’organo tecnico (sia esso il R.I.S. o la Polizia Scientifica) di effettuare ulteriori rilievi e/o accertamenti con le attrezzature in loro dotazione;
- isolare la scena criminis e lo spazio circostante in attesa dell’intervento diretto e tempestivo del personale specializzato, limitandosi ai rilievi descrittivi e alla raccolta delle prove deteriorabili.
È evidente che un buon coordinamento tra le forze in campo permette di gestire il sopralluogo e repertamento come attività complesse ma risolvibili in pochi passaggi; possiamo pertanto definire tre soli livelli di azione principali:
- primo livello: gestione emergenze, perimetrazione della zona e allertamento del personale addetto ai rilievi
- secondo livello: rilievi tecnici e assicurazione delle fonti di prova2 3; eventuale richiesta di ausilio del personale tecnico appartenente ai reparti speciali per operazioni complesse
- terzo livello: rilievi ed accertamenti tecnici sulla scena – anche irripetibili6 – effettuati grazie all’utilizzo di mezzi tecnici complessi e ad uso esclusivo di questi reparti.
3- Criticità
Come si può facilmente notare, una struttura di intervento come quella descritta sopra, avendo tre soli livelli è facilmente gestibile sul piano meramente concettuale, tuttavia la pratica è ben altra cosa. In particolare è fondamentale un adeguato livello di preparazione individuale rispetto a ciascun livello di interazione, secondo uno schema priorità-competenze-esecuzione capace di dare a ciascun agente attivo una sua collocazione nel contesto operativo, da cui derivano poi tutte le azioni che svolgerà all’interno di esso. Per quanto riguarda l’operatore di polizia:
<tabella presente nell’allegato pdf>
La maggioranza dei casi non prevede l’intervento dei reparti speciali, ma solo di una “squadra rilievi”, ovvero di un team di uomini che ha come occupazione prevalente la ricerca e l’assicurazione delle fonti di prova e che è stato adeguatamente addestrato per assolvere questo compito. Quando il caso è particolarmente grave o c’è la necessità di utilizzare in loco attrezzature complesse (si pensi ad esempio all’uso del luminol per la ricerca e l’esaltazione di tracce di sangue latenti o strumentazioni come laserscan o georadar) di concerto con il Pubblico Ministero titolare dell’indagine si deve richiedere l’intervento del personale tecnico più specializzato, ovvero quello appartenente ai Reparti/Sezioni Investigazioni Scientifiche dell’Arma dei Carabinieri e ai Gabinetti centrali o periferici della Polizia di Stato. È opportuno, in questo contesto, che venga fatta una valutazione sia sull’opportunità che sui tempi di intervento di queste professionalità per salvaguardare le esigenze procedurali in primis (si pensi ad esempio alla riserva di incidente probatorio7) e riservando ai tecnici solo i casi in cui la loro azione sia indispensabile e rimandando il loro intervento agli accertamenti tecnici di laboratorio, previa delega d’indagine8 da parte dell’Autorità Giudiziaria procedente, in cui saranno chiari gli obiettivi da perseguire tramite le analisi scientifiche.
Un sistema di attivazione a più stadi come quello sopra descritto gode di indubbi vantaggi: tempi di intervento adeguati, filo diretto tra personale investigativo e squadra rilievi (spesso fanno capo allo stesso comandante), minore impiego di personale, numero minore di soggetti attivi all’interno della scena criminis con conseguente diminuzione del rischio di contaminazione. In questo senso la specializzazione e l’addestramento del personale sono essenziali, attraverso strutture interne alle Forze di Polizia, ovvero attraverso mezzi meno convenzionali come convegni e/o seminari organizzati per i cosiddetti “addetti ai lavori” (avvocati, consulenti, forze dell’ordine, etc…) che sono ormai molto comuni all’interno di ordini professionali (si pensi a quello degli Avvocati, per esempio) e Università.
In questo senso l’approccio squisitamente anglosassone dell’aggiornamento professionale continuo sarebbe sicuramente molto vantaggioso in quanto tende ad uniformare i protocolli, ad informare gli operatori sullo stato dell’arte e sulle nuove tecniche e coinvolgere il personale interessato in attività non routinarie con un positivo riflesso sulla qualità del servizio offerto. Tuttavia il mondo “latino” è tradizionalmente più riluttante a questo metodo di lavoro, stante il fatto che comporta un grosso impegno in termini di finanza pubblica e di impiego di uomini. Uno degli approcci sicuramente meno dispendiosi è quello dell’apprendimento “a cascata” in cui pochi operatori sono demandati all’apprendimento diretto tramite corsi tenuti in/da unità specializzate, per poi trasmettere questa conoscenza – a cascata, appunto – agli altri operatori che insistono direttamente sul territorio. Tale criterio ha però alcune criticità, soprattutto nei riguardi degli organi periferici, che spesso non sentono l’esigenza del costante aggiornamento, dovendo sopperire gioco forza a mille altre dinamiche operative ed alle necessità contingenti. In questo senso si potrebbe migliorare questo approccio grazie alle nuove tecnologie, attraverso le quali è possibile fornire un primo supporto teorico scientifico in e-learning, al quale deve necessariamente seguire una sessione pratica; ciò comporterebbe un maggiore coinvolgimento diretto degli organi più periferici anche solo sensibilizzandoli ad una maggiore apertura, malgrado i già pressanti impegni giornalieri. ©
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di Walter Riccitelli (N. III_MMXVI)
Ogni caso giudiziario ha nella ricostruzione della sua dinamica il fulcro, dal quale si definiscono la rilevanza penale e le responsabilità di tutti gli agenti principali ed al contempo le situazioni accidentali e non, che portano in sede di giudizio alla esatta quantificazione delle pene. Quando nella scena del crimine sono impiegate armi da fuoco, oltre ai consueti parametri di affidabilità - o non affidabilità - di ciascun testimone, ci si scontra con l’effetto shock creato dall’esplosione dei colpi, il quale può influire negativamente sulla metabolizzazione e rielaborazione dei ricordi, siano essi elementi generali o dettagli. Inoltre, una delle parti potrebbe avere interesse ad “omettere” alcuni particolari al fine di sgravare la propria posizione, ovvero aggravare quella altrui. In certi contesti criminali in particolare, inoltre, risulta frequente lo sparo “a bruciapelo” o comunque a distanza molto ravvicinata, pertanto la quantificazione della distanza di sparo si dimostra un efficace ausilio d’indagine.
di Walter Riccitelli (N. I_MMXVI)
In accordo con quanto già pubblicato su questa rivista relativamente alla sezione tematica “Balistica, alle cinque grandi aree di interesse già esaminate si aggiunge tradizionalmente una sesta area, quella dei residui dell’esplosione di colpi d’arma da fuoco (anche detti impropriamente “residui dello sparo”), un accertamento di natura chimico-merceologica. In ambito ENFSI (European Network of Forensic Science Institutes), si è discusso molto sull’opportunità di separare quest’ultima dalle prime, tuttavia alla fine ha prevalso la tesi secondo cui mantenere i due gruppi di lavoro uniti avrebbe dato maggiori benefici in termini di coordinamento ed indirizzamento verso gli standard qualitativi e di ricerca a cui l’Istituto aspira. Tale decisione è anche funzionale, poiché la ricerca dei residui dello sparo è strettamente collegata a tutti i rami della balistica forense tranne il ripristino delle matricole identificative, campo a sé stante perché non direttamente collegato all’azione di fuoco.
di Walter Riccitelli (N. III_MMXV)
Il presente intervento costituisce un’estensione di quello pubblicato nel precedente numero, trattando delle problematiche relative al dialogo tra Autorità Giudiziaria e Polizia Giudiziaria una volta che è cessata l’emergenza relativa alla gestione della scena del crimine e si avvia l’esame delle tracce e dei reperti in essa rinvenuti, per ricostruire la dinamica dei fatti e la successiva attribuzione delle responsabilità.