di Faustino De Gregorio
Il concetto di sovranità di un ordinamento giuridico, secondo il quale ogni ordinamento trova in sé il fondamento della propria essenza giuridica non riconoscendo al suo interno norme di altri ordinamenti, è relativamente moderno se solo pensiamo a come, detta sovranità, fosse intesa dalla cultura medievale in cui tutti gli ordinamenti risultavano secondari a quello divino. Di conseguenza anche le norme di riflesso subivano lo stesso trattamento al punto che, qualora fosse accertato che, dette norme, non avessero tale provenienza divina, per ciò solo decadevano ipso iure, senza cioè l’ulteriore intervento che le dichiarasse nulle. In questo contesto, ai giuristi del tempo era demandato il compito dell’interpretazione delle norme e della loro modifica qualora risultavano in contrasto con il diritto di provenienza divina.
Nell’ultimo numero di questa Rivista abbiamo trattato del diritto e dell’etica e quale fosse il corretto modo di intendere i due termini negli atteggiamenti comportamentali della società odierna. Adesso la riflessione si concentra sull’ordinamento giuridico di matrice canonica dal quale le norme, qualsiasi norme, traggono origine; o almeno ciò è quello che si crede.
Sarà utile, allora, ricordare come il concetto di sovranità di un ordinamento giuridico, secondo il quale ogni ordinamento trova in sé il fondamento della propria essenza giuridica non riconoscendo al suo interno norme di altri ordinamenti, è relativamente moderno se solo pensiamo a come, detta sovranità, fosse intesa dalla cultura medievale. Quello del riconoscimento della sovranità degli ordinamenti è un problema che ha riguardato da vicino ciò che abbiamo inteso per Respublica christiana che ha modellato il proprio essere, la propria dinamicità, riconoscendo il solo diritto divino al vertice del sistema: null’altro. Così tutti coloro i quali operavano nel campo del diritto erano assolutamente consapevoli di agire in un ambito per così dire più vasto, onnicomprensivo, quindi anche degli ordinamenti umani positivi per come li abbiamo studiati, e che si dovevano considerare senz’altro presupposti al diritto divino stesso.
Se tutti gli ordinamenti sono la diretta emanazione di quello divino con le implicazioni ad esso connesse, lo saranno anche quelli frutto di un autonomo potere giuridico, anche se ciò dovesse essere, poniamo, riferibile alla ripetizione di norme di diritto umano. Si intende dire che è comunque incontestabile la circostanza che ogni ordinamento si trovasse in una posizione di subordine rispetto a quella di provenienza divina, per quanto detta subordinazione fosse indipendente dalla volontà del soggetto subordinato in virtù della originarietà del sistema; non a caso abbiamo, in altre occasioni, parlato di presupposizione del diritto divino.
È utile spendere una parola in più per spiegare la differenza tra il subordinarsi e l’essere subordinato che potrebbe apparire agli occhi dei più una distinzione nient’altro che capziosa, mentre, se ben specificato, la potremmo intendere come il fondamento dell’indipendenza della subordinazione dalla volontà sia del subordinato che del subordinante. Non è una semplice equazione terminologica se solo pensiamo che la sovraordinazione del diritto divino non è mai in discussione tanto per gli ordinamenti concepiti ed ordinati dagli uomini per quanto titolari di una qualche potestà, come anche per quelli di matrice ecclesiastica. Insomma tutti gli ordinamenti, qualunque provenienza avessero, dipendevano indissolubilmente ed unicamente da quello divino.
A maggior ragione qusto vale per l’ordinamento della Chiesa, che avrà valenza giuridica non in quanto ordinamento autonomo bensì emanazione di quello divino dal quale trae fondamento, così evidenziando quanto fosse profondo il limite di ogni ordinamento terreno che prescindesse da quella promanazione.
C’è dunque da sottolineare come le leges ed i canoni, intesi come leggi della Chiesa, ricevessero la forma della giuridicità non da un riconoscimento reciproco tra ordinamenti oppure autonomamente da sé, bensì dalla esplicita autorità superiore che è Dio.
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