UN PORTALE COMMERCIALE DI NEWS RISPONDE DI DIFFAMAZIONE SE NON RIMUOVE LE OFFESE DI TERZI

di Angela Gabriele

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Corte europea dei diritti dell’Uomo, Grande Camera, sentenza del 16 giugno 2015 (ricorso n. 64569/09)

La Corte europea dei diritti dell’Uomo ha respinto il ricorso di una società estone, che gestisce un portale di informazione, pubblicando articoli e notizie e consentendo l’aggiunta di commenti, senza moderazione e senza registrazione obbligatoria. Il manager di una società di traghetti era stato vittima di commenti offensivi e ne aveva chiesto la rimozione, avvenuta dopo 6 settimane. Di qui l’azione giudiziaria e la condanna del portale a una sanzione pecuniaria di 320 euro.

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Da quasi 60 anni la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), divenuta organo permanente dal 1998 con sede a Strasburgo, è l’estremo ma anche il supremo baluardo della salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo siglata originariamente nel 1950. In essa è stata istituita la CEDU (art. 19 Convenzione) e ad essa vi aderiscono praticamente tutti i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa. Il loro intento va oltre quello basilarmente economico della UE e, ispirandosi alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, ha l’obiettivo di realizzare un’unione più stretta tra i membri attraverso la promozione e difesa dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Ciò per affermare un profondo attaccamento a tali principi ritenendoli base della giustizia e della pace nel mondo, “il cui mantenimento si fonda essenzialmente, da una parte, su un regime politico effettivamente democratico e dall’altra, su una concezione comune e un comune rispetto dei diritti dell’uomo di cui essi si valgono” (Premessa della Convenzione – Roma, 4.XI.1950).

Dunque le pronunce della Corte Europea possono contribuire ad armonizzare la normativa degli Stati europei impegnatisi ad applicare i diritti umani fondamentali sanciti dalla Convenzione. Infatti “la competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione” (art. 32) e “può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati che sostenga d’essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli” (art. 34).

In effetti la sentenza del 16 giugno 2015 è conseguente ad un ricorso (n. 64569/09) presentato alla Corte di Strasburgo contro la Repubblica di Estonia da una società che gestisce un portale di news su internet, lamentando che la libertà di espressione, tutelata dall’art. 10 della Convenzione, era stata violata per il fatto di essere stata ritenuta responsabile della presenza nel proprio portale di commenti offensivi pubblicati da terzi. In particolare, a seguito della pubblicazione di una notizia circa una compagnia di traghetti, alla fine del corpo delle news, nei campi per i commenti, sono state inserite da anonimi frasi denigratorie e minacciose dirette alla suddetta compagnia. Quest’ultima pur avendo richiesto la rimozione immediata di tali commenti, li ha visti concretamente eliminati solo dopo sei settimane. Per questo, rivoltasi alla giustizia estone, ha ottenuto la dichiarazione di responsabilità della società di diffusione di notizie via internet. I Giudici estoni non hanno ritenuto sufficiente come esimente il fatto che la società del portale informi espressamente gli utenti che i commenti non riflettono la propria opinione e che gli autori degli stessi sono responsabili del loro contenuto, pubblicando tra l’altro un regolamento con suggerimenti per evitare espressioni sconvenienti e ingiuriose. La società veniva quindi condannata al pagamento di una sanzione seppure esigua (€ 320,00).

La Corte Europea respinge la richiesta di declaratoria di violazione, confermando la validità della sentenza estone dopo un’ampia analisi delle circostanze di fatto e delle norme dello Stato coinvolto, tutto tenuto conto dell’art. 10 della Convenzione secondo cui “ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. … 2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario”.

 

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