di Maria Laura Cantarelli, Silvia Giannone
[vc_row] [vc_column width=”5/6″]Corte di Cassazione, Sezione Tributaria Civile, sentenza n. 2922 del l’8 gennaio 2015 e depositata il 14 febbraio 2015
È inammissibile l’appello del concessionario notificato tramite un’agenzia privata anziché tramite il servizio postale. Tale modalità di consegna è equiparabile alla consegna diretta, non rivestendo l’agenzia privata la qualifica di pubblico ufficiale.
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Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per lo sviluppo Economico, ha approvato, a febbraio 2015, un disegno di legge che dà attuazione, per la prima volta, al provvedimento annuale sulla concorrenza previsto dalla legge, con l’obiettivo di stimolare la crescita economica frenata dalla scarsa concorrenza nel settore dei servizi. Per il settore postale il disegno di legge prevede l’abrogazione dell’art. 4 del d.lgs. 261/1999 e ss.mm. eliminando così quel che resta del monopolio di Poste Italiane: la riserva sulla spedizione degli atti giudiziari e delle notifiche delle sanzioni da parte della Pubblica Amministrazione. L’approvazione di questa misura adeguerà l’Italia alla panorama dell’Unione Europea per quanto riguarda la liberalizzazione del settore postale, e consentirà di superare definitivamente la questione, ampiamente dibattuta in giurisprudenza, dell’esatta area della riserva postale: quali servizi copre e quali possono essere considerati ormai pienamente in concorrenza.
Con sentenza numero 2922 dell’8 gennaio 2015 e depositata il 14 febbraio 2015, la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria Civile, afferma che “è inammissibile l’appello del concessionario notificato tramite un’agenzia privata anziché tramite il servizio postale. Tale modalità di consegna è equiparabile alla consegna diretta, non rivestendo l’agenzia privata la qualifica di pubblico ufficiale”. Al fine di chiarire il tema della validità delle notifiche effettuate da agenzie private di recapito postale, occorre in primo luogo delineare brevemente il quadro normativo nel quale il Fornitore del Servizio Universale e gli operatori privati si trovano oggi a muoversi.
La liberalizzazione del settore postale è avvenuta in Europa tramite un processo per tappe successive scandite da tre Direttive che hanno gradualmente aperto i mercati, tradizionalmente monopolistici, alla concorrenza. Per effetto delle direttive di liberalizzazione postale, accanto a Poste Italiane, anche altri operatori possono fornire servizi postali, sia nell’ambito del servizio universale, per i titolari di licenza individuale, sia al di fuori dello stesso nell’ambito dei cosiddetti servizi a valore aggiunto per i titolari di autorizzazione generale.
Con il recepimento dell’ultima Direttiva postale, la 2008/6/CE ad opera del d.lgs. 58/2011, si sarebbe dovuto portare a termine quel processo di liberalizzazione, ma il legislatore italiano ha mantenuto, a favore di Poste Italiane, un diritto di esclusiva per i servizi inerenti alle notificazioni – e comunicazioni connesse – a mezzo posta di atti giudiziari di cui alla l. 890/1982 e alle notificazioni a mezzo posta relative alle violazioni del Codice della Strada. Una scelta questa che è stata ampiamente criticata dall’Autorità Antitrust a causa dei problemi concorrenziali che solleva e che oggi è oggetto di ripensamento. Il disegno di legge sulla concorrenza, all’attenzione del Parlamento in questi giorni, prevede l’abolizione di ogni forma di residuo monopolio, allineando il nostro ordinamento alla normativa europea che proibisce agli Stati Membri di “creare o mantenere in vita diritti speciali o esclusivi per la fornitura di servizi postali”(cfr. articolo 7 della Direttiva Postale).
Secondo le intenzioni dichiarate dal legislatore italiano, il mantenimento di un’area di riserva trovava giustificazione in esigenze di tutela dell’ordine pubblico. Eppure le notifiche degli atti relativi alle infrazioni del Codice della Strada sono da tempo svolte anche da soggetti privati attraverso messi comunali. Occorre infatti ricordare che spesso le Amministrazioni comunali esternalizzano il servizio di notifica “a mano”, a soggetti terzi, purché gli stessi siano stati regolarmente nominati “messi comunali” in qualità di pubblici ufficiali. Ferma restando ovviamente l’esigenza che il legislatore o l’Autorità di Regolazione dettino severe regole per lo svolgimento delle attività di notifica, appare quanto meno contraddittorio che agli operatori concorrenti sia consentito recapitare notificazioni di atti in riserva tramite servizio di messo comunale, ma non tramite postalizzazione.
La nozione di atto giudiziario, il cui servizio di notifica a mezzo posta è oggi ancora riservato a Poste Italiane, va ricondotta ai soli procedimenti giurisdizionali in senso stretto. Per atti giudiziari si intendono quindi quegli atti per i quali la legge impone la notificazione, ad istanza di parte o di un ufficio giudiziario, ai fini dell’instaurazione di un procedimento giudiziario civile, amministrativo, penale. La notifica, che può essere effettuata sia direttamente e personalmente al destinatario dall’ufficiale giudiziario, sia tramite il servizio postale, è l’atto giuridico attraverso il quale si porta a conoscenza di un soggetto un determinato documento o atto processuale.
Le modalità con le quali il procedimento di notifica deve svolgersi sono indicate in maniera dettagliata dalla legge: quando una notifica non è stata effettuata secondo la legge, essa è irregolare o, nei casi più gravi, nulla. Il soggetto che provvede alla notifica deve essere un ufficiale giudiziario o comunque un altro soggetto abilitato. La notifica, generalmente, avviene consegnando una copia dell’atto, conforme all’originale, nelle mani del destinatario. Nel momento in cui tale consegna avviene, per la legge il destinatario è da considerarsi a conoscenza dell’esistenza e del contenuto dell’atto o del documento che gli è stato notificato.
In alternativa alla consegna nelle mani del destinatario, l’ufficiale giudiziario o il diverso soggetto abilitato a effettuare la notifica può spedire via posta l’atto o il documento da notificare, attraverso una raccomandata con avviso di ricevimento.
A norma dell’art. 149 del Codice di procedura civile (Notificazione a mezzo del servizio postale), infatti, “se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale. In tal caso l’ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendovi menzione dell’Ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Quest’ultimo è allegato all’originale. La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto”. Consequenziale a tale disposizione è quanto previsto dall’art. 1 della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), secondo cui “in materia civile, amministrativa e penale, l’ufficiale giudiziario può avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti, salvo che l’autorità giudiziaria disponga o la parte richieda che la notificazione sia eseguita personalmente”. Pertanto, se non richiesto diversamente da leggi particolari, autorità giudiziarie o parti avverse, la notifica può essere effettuata spedendo l’atto a mezzo del servizio postale.
Il d.lgs. 58/2011, modificando l’art. 4 del d.lgs. 261/99, ha escluso esplicitamente dall’area di riserva gli invii raccomandati attinenti agli atti della Pubblica Amministrazione ed alle gare ad evidenza pubblica, precedentemente oggetto anch’essi di riserva a favore del Fornitore designato del servizio universale. A voler ragionare diversamente, e quindi a voler includere gli atti amministrativi nell’area di monopolio del fornitore del servizio universale, si finirebbe per ampliare l’area della riserva in modo arbitrario rispetto al tenore letterale dell’art. 4 d.lgs. 261/1999. Ne consegue, pertanto, che, fermo restando quanto in merito all’interpretazione dell’art. 26 del DPR n. 602/1973 (cioè circa il soggetto preposto alla notificazione, con esclusione, quindi, della notifica “diretta”), occorre valutare di volta in volta la qualificazione dell’atto di cui si tratta. Ad esempio la giurisprudenza di merito esclude che gli atti emessi dal concessionario della riscossione siano da ricomprendere tra quelli di cui all’art. 14 della L. n. 890/1982 ed esclude pertanto che abbiano natura di atto giudiziario. Nel caso delle cartelle di pagamento, al pari degli avvisi di accertamento,quindi, solo laddove fossero da considerare quale “atti giudiziari”, la relativa notifica via posta, quando consentita, dovrebbe avvenire secondo le prescrizioni di cui alla l.890/1982, che il vigente art. 4 del d.lgs. 261/1999 riserva in via esclusiva al fornitore del servizio universale. Fuori dal perimetro della riserva, il servizio postale di raccomandata può essere fornito da tutti gli operatori postali con lo stesso valore giuridico del servizio svolto da Poste Italiane. Ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 261/1999, gli invii raccomandati rientrano nell’ambito del servizio universale e possono pertanto essere forniti da qualsiasi operatore postale munito di licenza individuale ai sensi del D.M. n. 73 del 4 febbraio 2000. Ne consegue che, a partire dal 2011, gli operatori postali in possesso di licenza individuale e di autorizzazione generale possono fornire i servizi che rientrano nel campo di applicazione del titolo abilitativo conseguito purché non compresi tra quelli affidati in esclusiva al Fornitore del servizio universale, come ribadito da sentenza della Cassazione n. 2886 del 22/01/2014. La licenza rilasciata dal Ministero dello Sviluppo Economico è molto chiara nello stabilire che gli operatori postali privati possono effettuare invii di posta raccomandata, al pari di Poste Italiane, ad eccezione delle cosiddette “buste verdi”, ossia le notifiche di atti giudiziari e le notifiche delle sanzioni amministrative del Codice della Strada. La poca chiarezza è stata a volte alimentata da alcune pronunce di Commissioni Tributarie che, anche recentemente, hanno affermato l’inesistenza della notifica a mezzo poste private di una cartella di pagamento, citando, quali riferimenti giurisprudenziali, alcune pronunce della Corte di Cassazione antecedenti alla liberalizzazione del 2011 e che per questo non erano in alcun modo applicabili ai casi in esame. La riserva, ante modifiche 2011, infatti, affidava in esclusiva al fornitore del servizio universale, ovvero a Poste Italiane, gli invii raccomandati attinenti alle procedure sia amministrative sia giudiziarie.
Per quanto riguarda la sentenza della Cassazione che qui interessa, la 2922 del 2015, si fa presente che la notifica riguardava un atto giudiziario (Equitalia aveva notificato a mezzo posta privata un ricorso contro una sentenza della CTP Avellino) e quindi un atto riconducibile nell’ambito dei servizi inerenti le notificazioni degli atti giudiziari a mezzo posta di cui alla l. 890/82 e, quindi, in riserva.
Al di fuori dei servizi in riserva, pertanto, gli operatori postali in possesso di licenza individuale e di autorizzazione generale possono fornire i servizi sia dentro che fuori dall’ambito del servizio universale, come ribadito da sentenza della Cassazione, n. 2886 del 22/01/2014. Peraltro è da notare che, nell’ottica di una progressiva apertura del mercato, l’art. 25 del disegno di legge sulla concorrenza prevede addirittura l’abrogazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 261/1999 con definitiva e piena equiparazione dei servizi resi da tutti i fornitori dei servizi postali. Come spiegato dal comunicato stampa di Palazzo Chigi al termine del Consiglio dei Ministri del 20 febbraio scorso, che ha approvato il citato disegno di legge: “per allargare ulteriormente la concorrenza viene eliminata la riserva di Poste Italiane sulla spedizione degli atti giudiziari e delle notifiche di sanzione da parte della Pubblica amministrazione”.
L’eliminazione di questi diritti esclusivi era stata in più occasioni sollecitata dall’AGCM, la quale ritiene che il mantenimento della riserva sui servizi qui in esame non consenta un pieno confronto concorrenziale nell’ambito degli invii raccomandati. Non solo, il mantenimento di un area di riserva comporta inoltre un extra-costo a carico dei cittadini, tanto che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha posto in evidenza come non sussistano ragioni giuridiche o economiche che giustifichino la scelta di non consentire agli operatori concorrenti di offrire tali servizi (delibera AGCOM n. 728/13/CONS). Del resto l’Unione Europea aveva da tempo richiesto agli Stati Membri di abolire qualunque forma di monopolio, di riserva e di diritti speciali nel settore postale e di adottare tutte le misure necessarie alla completa apertura del mercato. ©
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