VERIFICA BIOMETRICA DELL’IDENTITÀ E VIDEOSORVEGLIANZA DEGLI ACCESSI PER COMBATTERE L’ASSENTEISMO

di Elena Bassoli

[vc_row] Legge 19 giugno 2019, n. 56
La Legge 19 giugno 2019, n. 56 recante “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”, prevede l’istituzione del “Nucleo della concretezza”, norme di contrasto all’assenteismo con l’introduzione di sistemi di verifica biometrica dell’identità e di videosorveglianza per gli accessi, procedure per accelerare il ricambio generazionale delle Pubbliche Amministrazioni. [/vc_row]

 

1. Introduzione

Già qualche mese fa avevamo affrontato su queste stesse pagine la querelle insorta tra il legislatore ed il Garante per la protezione dei dati personali sull’introduzione della verifica biometrica dell’identità unitamente alla videosorveglianza degli accessi dei dipendenti ai fini della verifica dell’osservanza degli orari di lavoro nelle pubbliche amministrazioni (di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni). L’introduzione dei sistemi suddetti è prevista in sostituzione di quelli di rilevazione automatica attualmente in uso.

Sono esclusi dalla previsione dei nuovi sistemi: il personale in regime di diritto pubblico (di cui all’articolo 3 del citato D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni); i dipendenti titolari di un rapporto agile (rapporto di lavoro subordinato che, secondo la definizione di cui all’articolo 18 della L. 22 maggio 2017, n. 81, si svolge senza precisi vincoli di orario o di luogo, con svolgimento della prestazione in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa).
È infatti entrata in vigore il 7 luglio la discussa legge n. 56 del 19 giugno 2019, rubricata “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”, con la quale il legislatore nazionale istituisce presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa, denominato “Nucleo della Concretezza” ed introduce la verifica biometrica dell’identità e la videosorveglianza degli accessi nella pubblica amministrazione.

Ed è proprio questo secondo punto, disciplinato all’art. 2, quello che nei mesi scorsi ha suscitato maggiori critiche, soprattutto per le questioni sollevate dal Garante per la protezione dei dati personali in ordine a pervasivi controlli di dubbia legittimità sull’attività del lavoratore ad opera del datore di lavoro. Infatti, la nuova disciplina infatti prevede al comma 1 del predetto articolo, l’impiego contestuale e non alternativo dei relativi sistemi, il trattamento sia di dati personali quali l’immagine della persona (attraverso l’utilizzo di strumenti di videosorveglianza), che di dati biometrici, reintranti invece nei dati particolari (già dati sensibili secondo la vecchia disciplina).
I rilievi critici espressi dal Garante per la protezione dei dati personali nel corso dell’Audizione sul provvedimento in esame presso l’11a Commissione del Senato del 27 novembre 2018 di approvazione della legge sono state parzialmente introdotte nel testo licenziato, anche se la loro portata risulta, di fatto, assai limitatata sul piano concreto.7

2. Il principio di proporzionalità

Si fa riferimento al richiamo esplicito introdotto all’art. 2 della legge, al “principio di proporzionalità” di cui all’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che, anche qualora non fosse stato espressamente menzionato avrebbe comunque mantenuto la sua cogenza. Proprio per tale ragione l’espresso rinvio appare di naura meramente programmatica e perde di concretezza, in assenza di ulteriori limitazioni alla pervasività dei controlli sui lavoratori.

Il criterio di proporzionalità, infatti, da un lato rappresenta un criterio regolativo essenziale nello svolgimento del trattamento da parte del titolare del trattamento dei dati personali, per quanto concerne la scelta sulla portata e sulle modalità del trattamento; dall’altro lato il principio di proporzionalità rappresenta un parametro generale di legittimità delle limitazioni del diritto alla protezione dei dati da osservare in conformità ai canoni di cui all’articolo 52 della Carta di Nizza, anche in sede di esercizio del potere legislativo.

La Carta di Nizza prevede infatti una serie di requisiti molto puntuali per le limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà dalla stessa riconosciuti. Tra questi, rileva anzitutto il necessario rispetto del contenuto essenziale del diritto ed il principio di proporzionalità, che ammette limitazioni dei diritti fondamentali solo se esse risultino indefettibili e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà degli interessati.
I principi di necessità e proporzionalità sono stati declinati in maniera particolarmente precisa dalla disciplina della protezione dei dati, prima con la direttiva 95/46, e ora con il Regolamento europeo 2016/679.

3. I limiti europei alla limitazione dei diritti

A tale riguardo, va sottolineato che con la famosa sentenza Digital Right, a proposito di Data retention, la Corte di Giustizia europea ha dichiarato invalido un intero atto normativo dell’Unione per violazione del principio di proporzionalità.
La Corte, in tale occasione, ha infatti ritenuto eccessivamente compresso il diritto alla protezione dei dati, nonostante l’indiscutibile merito del fine di contrasto dei reati per effetto di una misura quale la conservazione dei tabulati telefonici e telematici massiva, in quanto indirizzata verso la generalità dei cittadini e non limitata ad esigenze repressive dei soli reati gravi.

 

 

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