di Sara Piancastelli
Organizzazioni criminali transnazionali e truffatori del commercio amatoriale online sono gli estremi della delinquenza informatica tradizionale. Per le vittime non cambia molto che l’aggressore sia l’uno o l’altro: sempre una violenza è stata subita, un patrimonio depredato, la disponibilità allo scambio minata. Alle persone lese in via diretta – siano esse donne, uomini o imprese – si sommano quelle in via indiretta: le comunità, i mercati e le Istituzioni locali, che di esse sono i primi interlocutori. Complessivamente, danni per milioni di euro e migliaia di vittime. Al dettaglio, il patrimonio frodato alla persona non sempre è tale da convincere a costituirsi parte civile, cioè a sostenere le spese, il tempo e le possibili delusioni del processo contro autori di reato che normalmente hanno speso tutto e nessun bene hanno per risarcire.
Per chi è stato truffato, al trauma subito ed alla perdita economica sempre soggettivamente importanti, si somma il ruolo pubblico marginale o del tutto silente della parte lesa, specie se il tipo di processo non ne prevede la voce. La vittima che ha subito il danno materiale ed il trauma avverte nuova violenza: nessuno la ascolta. Di essa non si dice, resta vittima ineffabile. Come meglio apprezzare nella richiesta di condanna il trauma subito dalle vittime e le loro perdite economiche? Come meglio valutare il marginale e la possibilità di recidiva? Come impedire che le menti giovani e competenti, ancora non compromesse con ben strutturati imprenditori del crimine, divengano risorsa, dipendenti, consulenti di ben altre organizzazioni e vengano avviati a carriere criminali di alta pericolosità? Nei limiti dei compiti della Pubblica Accusa, questi quesiti hanno suggerito l’azione penal-processuale illustrata nel working paper “Vittim@ ineffabile”(1), idee in divenire che si possono sintetizzare in due elementi: uno è l’adempimento a rispettare la condizione di vittima, non trascurando nel valutare l’offensività del reato il trauma subito, indicando una proposta condivisa con gli attori del processo, in cooperazione con le Istituzioni, specie quelle locali; l’altro è l’adempimento ad una riflessione sul ruolo dell’Accusa entro il dettato costituzionale della funzione rieducativa della pena. I due aspetti del problema (risarcire le vittime, comunità inclusa, e costruire una efficace azione penale contro il delinquente informatico) sono messi alla prova con due casi reali, entrambi riportati nel citato documento.
La presentazione del paper, ad opera di Alberto Nobili, introduce il lavoro che il pool reati informatici della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e l’Assessorato alle Politiche per il lavoro, Sviluppo economico, Università e Ricerca del Comune di Milano hanno da tempo intrapreso, con progetti il cui comun denominatore è la ricerca di strategie condivise di giustizia sostanziale. Una partnership(2) con propositi articolati sul peso ed evoluzione del crimine informatico e sulla vittima, sia essa persona fisica ovvero azienda o gruppo imprenditoriale. Il working paper formalizza dunque alcune delle riflessioni su cui si è lavorato, nel dichiarato intento di una circolazione delle esperienze al fine di maggiore sensibilizzazione degli operatori del settore.
Nella prima parte del paper è illustrata, ad opera della scrivente, la “Normativa vigente” ed “Il ruolo della vittima nel processo penale negoziato”, trattando, in particolare, la controversa questione del ruolo della vittima del reato in caso si proceda all’applicazione della pena su richiesta delle parti. Ed infatti, se è vero che nel procedimento penale ordinario la vittima riveste solo ruolo propulsivo nei confronti della Pubblica Accusa, nei cd. riti alternativi (e cioè quelli che eliminano il dibattimento) viene quasi del tutto emarginata. Esistono pertanto ragioni per una doverosa riscoperta della vittima, non fosse altro perché prescritto dalle fonti sovranazionali(3) volte ad accrescere il ruolo della persona offesa nell’ambito del procedimento penale, così realizzando una giustizia più sensibile per la parte offesa. Un procedimento penale, dunque, capace di valorizzare e soddisfare le aspettative della vittima, certo non dimenticando i diritti dell’imputato.
Nella seconda parte del paper, “I nodi giuridici”, vengono presi in considerazione gli aspetti più dibattuti, laddove Accusa e Difesa, nei rispettivi ruoli processuali, cercano di affrontare e risolvere alcune questioni concrete legate al tema del risarcimento in senso ampio delle vittime e, in questo senso, alla funzione risocializzante della pena fin dalla formulazione della richiesta delle parti di una pena concordata (cd. patteggiamento). Nel capitolo “Le danze della giustizia alla prova dei fatti: il punto di vista dell’accusa”, Francesco Cajani parte dall’assunto che la vittima dei reati informatici – così come assente agli occhi del criminale informatico che di regola opera attraverso lo schermo del computer – è invisibile anche agli operatori del diritto, perché sovente è assente nel giudizio penale, considerato che il danno materiale subìto di regola si colloca su importi di gran lunga inferiori alle spese per una difesa. Emerge quindi l’importanza che il consenso al patteggiamento prestato dal Pubblico Ministero sia vincolato alle attività risarcitorie ad opera dell’autore del reato, anche nei confronti della vittima specifica e/o aspecifica, soprattutto laddove sia mancato un contributo ad opera dell’indagato di carattere collaborativo.
Così riassunto il punto di vista dell’accusa, “la prospettiva della difesa” viene invece illustrata da Alessandra Bersino nel capitolo “Quando l’imputato non sa chi e come risarcire”. Ricordata l’esperienza di un proprio patrocinato partecipe di un’organizzazione di truffatori informatici, viene sottolineato il paradosso verificatosi nel processo per cui, pur volendo l’indagato risarcire il danno, tale intenzione non si è potuta realizzare. Questo per un concatenarsi di meccanismi processuali particolari, che spesso si realizzavano anche per la vittima laddove, se anche chiedesse di essere risarcita, non sempre sarebbe messa nelle condizioni di ottenere un risarcimento. E dunque esistono, a livello procedurale,
evenienze che penalizzano sia la vittima che il reo. Nella terza parte del documento viene illustrato il caso pilota, “Una ipotesi di lavoro per la tutela delle vittime: il caso del sig. H.”, che ha dato luogo alle riflessioni più generali per cui il paper è stato redatto, rimandando in appendice il dettaglio per i materiali tecnici.
Walter Vannini, dopo aver richiamato nel capitolo “Tra vittima e reo” il progetto sviluppato tra Procura della Repubblica e Comune di Milano, illustra aspetti e la possibile metodologia per una felice combinazione di prevenzione criminale secondaria e attività riparative orientate alle vittime dirette ed alla comunità di appartenenza delle vittime. Carlo Alberto Pirro, anch’egli avvocato, nel capitolo “Note sul caso del sig. H. ad opera del suo difensore” espone i dubbi e le perplessità del proprio assistito sottolineando, da un lato, l’utilità del progetto per gli scopi propri della difesa e, dall’altro, l’occasione propria apprenditiva e di crescita professionale. Federica Cantaluppi e Luana De Stasio, dell’Assessorato alla Educazione del Comune di Milano, con il capitolo “Il lavoro del Centro per la Mediazione Penale del Comune di Milano a supporto del caso del sig. H.”, dettagliano la particolarità del loro apporto specialistico. Nello scritto, qualificato l’obiettivo, illustrano come questo approccio permetta una tutela della vittima migliore rispetto alla prospettiva tradizionale, mentre l’autore di reato diventa protagonista di attività socialmente utili presso un Ente del terzo settore, a titolo di percorso ripartivo in favore dell’intera collettività, ovvero di vittime aspecifiche.
Loredana Rossetti, in “Il sig. H. e l’opera Cardinal Ferrari”, descrive le attività ed il percorso che è stato prospettato al sig. H, alla luce della natura e delle finalità del Centro “Opera Cardinal Ferrari Onlus” da lei diretto. L’appendice del paper colleziona atti e documenti utili alla più analitica comprensione più in dettaglio delle singole fasi del lavoro coralmente realizzato. Qui trova posto la relazione criminologica effettuata nel caso del sig. H ed il rilievo ricevuto dai mezzi di comunicazione a tale caso nonché una ricostruzione iconografica della partnership tra la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e il Comune di Milano. In sintesi, tenute in considerazione la vittima e la funzione costituzionale della pena, l’idea di fondo è che questa ipotesi di lavoro suggerita possa costituire un parametro, nella miglior delle ipotesi una best practice, che viene offerta agli attori del processo ed ai decisori delle politiche sociali. Si vorrebbe così fare in modo che la vittima del crimine informatico non resti attore ineffabile, interlocutore dimenticato e silente. Alla vittima pertanto si deve dare miglior voce; come dell’autore del reato, di essa si deve raccontare grazie alle istituzioni ed entro logiche di legalità, ricostitutive del legame sociale e lontano da attese vendicative. Una vittima dunque destinataria di azioni riparative in senso ampio.
Il working paper “Vittim@ ineffabile” è stato poi l’occasione di un incontro cui hanno partecipato, il 15 maggio 2013(4), i vertici della Giustizia milanese e dell’Amministrazione comunale: Giovanni Canzio – Presidente della Corte di Appello di Milano, Paolo Giuggioli – Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, Manlio Minale – Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Milano, Livia Pomodoro – Presidente del Tribunale di Milano. Vi è stata, inoltre, una tavola rotonda sul tema con interventi di: Giuliano Pisapia – Sindaco di Milano, Edmondo Bruti Liberati – Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, Cristina Tajani – Assessore Politiche per il Lavoro, Sviluppo Economico, Università e Ricerca del Comune di Milano, Claudio Castelli – Presidente aggiunto Ufficio GIP e Responsabile innovazione per il Tribunale di Milano, Corrado Limentani – Avvocato del foro di Milano, Maurizio Romanelli – Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Tavola rotonda moderata dal giornalista Massimo Cirri ed introdotta dalla proiezione(5) del reportage “Furto d’identità online” di Giuseppe Laganà, autore RAI. Nell’occasione, ogni relatore ha proposto soluzioni pratiche, alcune d’immediata fattibilità (come la creazione di uno sportello informativo per le vittime presso il Tribunale di Milano) il cui minimo comun denominatore è stato proprio il soggetto protagonista del paper: la vittima. Non sono mancati anche autorevoli rilievi volti ad indicare margini di miglioramento, per esempio in relazione alla necessità di attribuire già al Giudice di primo grado il potere di applicare sanzioni sostitutive alla pena detentiva: ipotesi oggi giuridicamente non prevista (e lasciata invece alla Magistratura di sorveglianza) e quindi bisognosa di proposte legislative di riforma del codice penale e del codice di procedura penale. Non ultimo, il Sindaco ha difeso l’approccio illustrato nel paper di tutela rafforzata delle vittime e di ricerca di politiche di prevenzione della recidiva anche alternative al carcere, mentre l’Assessore alle Politiche per il Lavoro ha annunciato l’istituzione di un fondo economico del Comune di Milano creato con le somme risarcitorie che gli autori di reati informatici si troveranno a versare qualora le vittime non siano presenti al processo penale: scopo del fondo sarà la realizzazione di attività informative e azioni di prevenzione rivolte alle vittime potenziali, persone e imprese(6). ©
NOTE
1. Il paper (con i nomi di tutti gli autori e le relative competenze professionali)
è reperibile a questo indirizzo: http://www.procura.milano.giustizia.it/files/Vittima-ineffabile.pdf.
2. Cfr. sul punto anche F. Cajani, D. D’Agostino, W. Vannini, (2012), “
‘Di necessità virtù’: appunti per una strategia globale al contrasto del
cybercrime. L’esperienza del Pool Reati Informatici della Procura di
Milano” in G. Costabile, A. Attanasio (a cura di), IISFA Memberbook
2011 Digital Forensics, Experta, Forlì (articolo reperibile a questo
indirizzo: http://www.procura.milano.giustizia.it/files/CAJANI-DAGOSTINO-VANNINI-di-necessita-virtu.pdf ).
3. Cfr. specie dalla Decisione quadro 2001/220/GAI oggi sostituita
dalla Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio.
4. Tutti i materiali preparatori sono recuperabili su http://www.procura.milano.giustizia.it/15-maggio-2013.html.
5. Reportage ora visibile anche su http://www.procura.milano.giustizia.it/il-furto-di-identita-online.html.
6. Cfr. il comunicato stampa del Comune di Milano alla pagina del
convegno indicata nelle precedenti.