BREVI NOTE SULLA ‘NDRANGHETA COME SOGGETTO E ORDINAMENTO COMPLESSI

di Angelo Gaglioti

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Il fenomeno della ‘ndrangheta è complesso sotto il profilo giuridico, trattandosi di un’istituzione, di un ordinamento e di un soggetto. Nel presente articolo si illustrano brevi osservazioni sulla giuridicità di tale fenomeno e sulla sua illiceità dal punto di vista delle valutazioni assiologico/normative dell’ordinamento giuridico dello Stato. Si ipotizza, inoltre, l’ammissibilità e la conducenza di un trapianto di categorie, concetti ed istituti propri del diritto dello Stato per l’analisi critica dell’ordinamento della ‘ndrangheta. Questo esercizio, si ritiene, potrà condurre a una gestione più efficace del fenomeno da parte del diritto penale dello Stato ed a una risposta repressiva più consapevole e severa.

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1.     ‘Ndrangheta e teoria istituzionalistica: rilevanza giuridica primaria endoassociativa
La ‘ndrangheta è un soggetto (termine inteso sub specie juris come centro di imputazione di interessi e di situazioni giuridiche; vds. A. FALZEA, Soggetto giuridico, Enc. Dir., 1959) ed un ordinamento (termine inteso sub specie juris come sistema organico di norme aventi natura giuridica che regolano condotte dell’uomo e che vi riconnettono effetti giuridici; in tal senso vds. T. MARTINES, Diritto Costituzionale, 1996, Capitolo 1). Tale soggettività e tale natura ordinamentale hanno giuridicità in senso istituzionale, normativo ed assiologico (cioè di alcune delle principali modalità di ragionamento giuridico secondo C. SCHMITT, Ueber die drei Arten des rechtswissenschaftlichen Denkens, 1934, Berlin).
Si tratta di un soggetto giuridico che pone proprie norme giuridiche. Di un “vero e proprio complesso normativo”, di un “ordinamento parallelo” a quello statale e di “un sistema ordinamentale consolidato” si parla nella sentenza Meta del Tribunale di Locri (sentenza n. 242/13 depositata il 19.05.2016, cap. 9 delle motivazioni pp. 185-186-187). Tale soggetto e tale ordinamento sono essenzialmente ed immancabilmente illeciti dal punto di vista dell’ordinamento statale, vengono da quest’ultimo riprovati, e sono valutati negativamente dal profondo da parte della Costituzione e delle leggi dello Stato. Tuttavia, pur se illecita dal punto di vista statuale, la ‘ndrangheta come soggetto e ordinamento ha – in senso istituzionalistico (nel senso di istituzione di cui all’opera di S. ROMANO, L’ordinamento giuridico. Studi sul concetto, le fonti e i caratteri del diritto) – una rilevanza giuridica nel proprio ambito associativo. Per giunta, si tratta di un ordinamento che si caratterizza per spiccata autonomia delle proprie valutazioni, per pervasività del proprio spettro di azione sull’intero tipo di vita e stile di vita dei suoi associati (vds. per i concetti di tipo di vita e di stile di vita A. FALZEA, Introduzione alle scienze giuridiche, Giuffrè, 1985, passim) e tendenzialmente anche di tutti i terzi che si trovano ad interferire con esso, sia pur loro malgrado, in quanto esso contende allo Stato la caratteristica di sovranità e territorialità. L’idea stessa della ominosità o omertà, intesa come modo complessivo di essere dell’uomo d’onore, altro non incarna se non un peculiare stile di vita (inteso come insieme di condotte umane mirate al raggiungimento degli interessi fondamentali dell’individuo e/o di una comunità) di totale spregio e antitesi col vivere improntato al senso civico e civile (“honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere”: Ulpianus, D. 1.1.10 pr.).

L’idea base del presente articolo è che, una volta ammessa – in senso istituzionalistico – la rilevanza giuridica della ‘ndrangheta come ordinamento autonomo, seppur strenuamente riprovato da parte dello Stato, tale ordinamento autonomo potrà essere analizzato mediante l’applicazione di concetti, categorie e istituti sostanzialmente e formalmente propri del diritto pubblico e privato dello Stato. Del resto, già in alcuni arresti giurisprudenziali (vds. Tribunale di Locri, sentenza sul processo c.d. Meta dianzi citata) si ricostruisce l’ordinamento della ‘ndrangheta come una sorta di federazione tra organismi, similmente a ciò che accade tra gli Stati dell’Unione Europea. Nel presente saggio, si tratta non solo di indicare una similitudine nella manifestazione fenomenologica di tali situazioni, ma genotipicamente un’applicabilità diretta (un trapianto, nel senso del termine proprio del diritto comparato) di concetti, categorie e istituti del diritto dello Stato, in virtù dell’intrinseca giuridicità (illecita) dell’ordinamento della ‘ndrangheta.

2.     Rilevanza giuridica secondaria dell’ordinamento della ‘ndrangheta per lo Stato: illiceità
La rilevanza giuridica endo-associativa delle regole della ‘ndrangheta può essere rilevante anche per l’ordinamento dello Stato, che pur lo riprova all’ennesima potenza. Così ad es., per risolvere il concetto di partecipazione, di dirigente, di organizzatore, di associato esterno, di estraneo, appare possibile ricorrere ad un rinvio iniziale alle valutazioni autonome proprie dell’ordinamento interno della ‘ndrangheta; tuttavia, la norma oggetto di rinvio deve poi essere fatta oggetto di rivalutazione superiore secondo le categorie, gli istituti ed i valori propri dell’ordinamento statale.

2.1     Un’applicazione: il concorso esterno in associazione mafiosa
In un altro articolo (che ci si permette di citare: A. GAGLIOTI, Il concorso esterno in associazione mafiosa tra pluralità degli ordinamenti giuridici e principio di legalità multilivello (pp. 10), accettato per la pubblicazione il 28.03.2017 dal MICHR – Mediterranea International Centre for Human Rights e Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, nell’ambito del Proyecto de investigación interuniversitario y comparativo su “La protección multinivel de los derechos fundamentales en Europa y en América Latina”, in esito a Call for papers per una Conferenza internazionale sul tema “La tutela multilivello dei diritti fondamentali in Europa e in America Latina”), chi scrive ha modestamente proposto di declinare i requisiti del concorso esterno in associazione di ‘ndrangheta dapprima mediante un rinvio normativo alle regole dell’ordinamento autonomo della ‘ndrangheta e quindi mediante le rivalutazioni assiologico/normative statuali, attraverso l’impiego ricostruttivo dei concetti di condizioni di rilevanza e di efficacia (cioè requisiti esterni aggiunti dalla norma statale rispetto agli elementi o requisiti interni di fattispecie direttamente provenienti dall’ordinamento della ‘ndrangheta; per la distinzione tra requisiti interni ed esterni, vds. A. FALZEA, il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, 1939; Id., La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, 1941).

2.2     Un’ulteriore applicazione: il concorso morale nei reati-fine
Così, anche il concorso di persone (art. 110 c.p.) nei reati-fine da parte dei capi delle varie figure soggettive coinvolte nella deliberazione e nell’attuazione del programma delinquenziale, può risentire delle regole autonome interne proprie della ‘ndrangheta (in termini di ripartizione ed allocazione del potere di decisione, di informazione, di consultazione, di autorizzazione e/o approvazione, di veto e di implementazione dei deliberata).

Per es., se l’ordinamento della ‘ndrangheta prevede che un determinato delitto da programmare ed eseguire necessiti della previa autorizzazione e/o del concerto di un certo organo dell’ordinamento della ‘ndrangheta, il titolare di quell’organo dell’ordinamento ‘ndranghetistico potrà rispondere a titolo di fattispecie plurisoggettiva eventuale nel reato-fine.

Così, ancora, se un certo tipo di reato-fine, necessita, in base alle regole della ‘ndrangheta, della formale deliberazione di un determinato organo della ‘ndrangheta, appare lecito assumere tale regola sub art. 110 c.p. nella specie del concorso di persone, quantomeno morale, in quanto la semplice titolarità di quell’organo dell’ordinamento della ‘ndrangheta in un certo tempo, laddove dimostrata, unitamente alla dimostrazione dell’esistenza di quella regola interna propria dell’ordinamento della ‘ndrangheta, consentiranno di riconoscere efficienza (con-)causale alla condotta di ogni titolare di quell’organo come concorrente nel reato-fine, non già in base alla semplice posizione del soggetto persona fisica nell’ordinamento gerarchico della ndrangheta, bensì in base al rilievo anche per l’ordinamento statale della regola dell’ordinamento autonomo della ‘ndrangheta, secondo cui il titolare di quella posizione concorre alla deliberazione di quel reato-fine; non si tratta di dare tout court rilevanza giuridica penalistica ad una posizione organizzativa di un soggetto nella ‘ndrangheta, bensì di riconoscere rilevanza giuridica alla regola autonoma della ‘ndrangheta secondo cui il titolare di quella posizione deve avere deliberato quella determinata azione delittuosa; non quindi la rilevanza giuridica di una situazione di fatto nell’ordinamento della ‘ndrangheta (i.e. la posizione organizzativa di cui trattasi), ma la rilevanza giuridica del fenomeno istituzionale e normativo dell’ordinamento della ‘ndrangheta, secondo cui la regola autonoma dell’ordinamento associativo secondario autonomo (e pur ab imis riprovato dallo Stato), assume rilievo anche per il sistema giuridico statale, mediante una sua incorporazione mediante la tecnica del rinvio normativo e/o della presupposizione come fatto, in forza dei quali la regola autonoma secondaria, nell’economia della fattispecie normativa statale, diviene un elemento normativo di fattispecie e/o un presupposto di rilevanza.
3.     La ‘ndrangheta come ordinamento di ordinamenti

3.1     Soggettività giuridica e oggettività giuridica nell’ordinamento della ‘ndrangheta
L’ordinamento della ‘ndrangheta è complesso. Esso consiste di una pluralità di figure soggettive e di organi, intendendo per soggetto associativo un centro di imputazione di interessi e situazioni giuridiche non persona fisica e per organo uno strumento di imputazione di atti e di effetti ad una figura soggettiva (in tal senso, cfr. M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, 1993, vol. I; G. GUARINO, L’organizzazione pubblica, vol. 1, 1977, Giuffrè, Milano, passim). I soggetti giuridici nell’ordinamento della ‘ndrangheta hanno status, qualità e privilegi. Esistono persone fisiche che sono oggetti nell’ordinamento della ‘ndrangheta (vittime per lo Stato), cioè tutti gli uomini e le donne che non sono “federizzati”, e quindi per l’ordinamento della ‘ndrangheta costituiscono entità della realtà idonea a soddisfare gli interessi degli associati (per un tale concetto di oggetto giuridico, cfr. A. FALZEA, Introduzione, cit., passim), piuttosto che centri di imputazione di interessi umani e di situazioni giuridiche rilevanti per la ‘ndrangheta.

3.2     La ‘ndrangheta come soggetto giuridico e ordinamento giuridico complessi
La soggettività giuridica della ‘ndrangheta è complessa: si tratta di un ordinamento di ordinamenti e di un soggetto giuridico complesso. Tale complessità non esclude l’ipotesi ricostruttiva di una soggettività globale unitaria nell’ordinamento della ‘ndrangheta, per cui l’intero ordinamento associativo della ‘ndrangheta è a sua volta rappresentato unitariamente e globalmente da un organo unico, collegiale, misto e direttoriale, che possa anche essere inteso come organo/persona giuridica, con la conseguenza che la partecipazione a tale organo costituisca condotta di vera e propria partecipazione (aggravata ex art. 416bis comma 2 c.p.) in associazione mafiosa.
In giurisprudenza si è parlato di consorzio delle cosche, di una super-associazione per delinquere, di una società di società (sentenza Meta succitata, pp. 69-70), di un’organizzazione mafiosa a struttura federativa (così anche C. Cass. sentenza nr. 606 del 25.05.2002, p. 4), di una federazione di più cosche; a pagina 71 della sentenza Meta succitata si allude a un organismo decisionale verticistico all’interno di un’associazione mafiosa, pur sottolineando che – all’epoca – la S.C., Sez. V, in data 10.04.2002, pp. 30-31, escludeva a quel tempo che per la ‘ndrangheta un tale organismo e una simile federazione fosse già riuscita ad attecchire ottenendo soggettività distinta, apparendo invece un simile organismo privo di una sua identità (p. 72 della sentenza Meta, ed in generale il Cap. 2 delle motivazioni della stessa sentenza). Già la sentenza Armonia (sentenza n. 714/04 della Corte di Appello di Reggio Calabria del 04.05.2004) dava atto di un processo evolutivo di tipo piramidale nella ‘ndrangheta.

3.3     Livelli di soggettività giuridica nell’ordinamento della ‘ndrangheta
Sulla base della documentazione giudiziaria tuttora edita, si può affermare che esistono livelli di soggettività giuridica diversi e crescenti in termini di complessità e di rango gerarchico all’interno dell’ordinamento della ‘ndrangheta.
In senso crescente di complessità si avranno:
Contrasto: persona fisica priva di soggettività giuridica per l’ordinamento della ‘ndrangheta, per il quale il contrasto è piuttosto l’oggetto degli atti di supremazia ed esercizio di potere da parte della ‘ndrangheta; oggetto per l’ordinamento della ‘ndrangheta, vittima per l’ordinamento dello Stato.
Associato: soggettività giuridica semplice (persona fisica).
Concorrente esterno: figura soggettiva estranea alle regole della ‘ndrangheta ed oggetto di valutazioni di rilevanza giuridica da parte della norma statale, che aggiunge condizioni di rilevanza e/o efficacia alla logica dentro (federizzato)/fuori (contrasto) dell’ordinamento della ‘ndrangheta
Famiglia: soggetto giuridico (ente morale) dell’ordinamento della ‘ndrangheta, costituita da associati legati da vincoli di sangue o da legami di natura quasi feudale di vassallaggio.
‘Ndrina: soggetto giuridico (ente morale) dell’ordinamento della ‘ndrangheta, costituita da più famiglie federate tra loro.
Società: articolazione del locale costituita da una o più ‘ndrine, soggetto giuridico (ente morale) dell’ordinamento della ndrangheta. La società minore è elemento essenziale del locale; la società maggiore è elemento accidentale del locale.
Locale: soggetto dell’ordinamento della ‘ndrangheta dotato di potere autonomo e sovrano su un certo territorio, costituito da almeno quarantanove soggetti battezzati e articolato in società minore e società maggiore.
Corona: soggetto dell’ordinamento della ‘ndrangheta (ente morale) di natura accidentale, costituito in sostanza da una federazione tra più locali, e quindi organismo accidentale intermedio di coordinamento e unione tra più locali.

3.4     Livelli di organicità nell’ordinamento della ‘ndrangheta
Esistono, inoltre, diversi livelli di organi rappresentativi della ‘ndrangheta che, secondo livelli crescenti di complessità e di grado gerarchico, si lasciano sintetizzare nel modo seguente:
Organi monocratici:
Capo famiglia: organo monocratico rappresentativo;
Capo ‘ndrina: organo monocratico rappresentativo;
Capo società: organo monocratico rappresentativo. Accanto ad esso, in ogni società, stanno il responsabile delle finanze, il responsabile del gruppo di fuoco e il responsabile dei servizi di comunicazione/informazioni interni: questi ultimi sono organi monocratici e non rappresentativi;
Capo locale: organo monocratico rappresentativo.

Organi collegiali:
Mandamento: organo collegiale direttoriale, intermedio di coordinamento di tipo tecnico/organizzativo;
Provincia: organo collegiale direttoriale superiore di coordinamento strategico;
Componente riservata: organo collegiale direttoriale supremo. Organo misto cui partecipano anche persone fisiche non associate, ma ammesse a partecipare alla deliberazione degli indirizzi strategici più ampi e globali della ‘ndrangheta, in raccordo con altre associazioni di natura illecite (associazioni di stampo mafioso di diversa natura, altre associazioni segrete vietate).
Si deve ritenere che gli organi collegiali direttoriali di cui sopra (mandamento, provincia e Componente riservata) costituiscano dei veri e propri organi personificati (sempre dal punto di vista interno dell’ordinamento della ‘ndrangheta), per cui oltre ad essere strumenti di imputazione di atti ed effetti giuridici nell’ordinamento della ‘ndrangheta (organi), costituiscono delle vere e proprie associazioni e degli organismi associativi in sé perfetti sub specie juris (anche per l’ordinamento dello Stato), la cui partecipazione è di per sé idonea a configurare la fattispecie ex art. 416bis.

Così, ad es., in tale caso, i soggetti non battezzati che partecipano alle decisioni dell’organo supremo strategico della ‘ndrangheta potrebbero essere incriminati anche come partecipi di ‘ndrangheta con posizioni organizzative qualificate. La partecipazione ad un organo collegiale direttoriale di cui sopra, stante il rango gerarchico inter-organizzativo di tali organi nell’ordinamento interno della ‘ndrangheta, configura, nei termini del diritto penale statuale, una partecipazione associativa qualificata da posizione organizzativa (promotore, dirigente e/o organizzatore), stante la natura sostanzialmente paritetica e di collegio perfetto di tali organi/persone nell’ordinamento della ‘ndrangheta, per cui ogni persona fisica ammessa a parteciparvi condivide poteri qualificati di partecipazione decisionale per l’intero livello gerarchico di pertinenza dell’associazione in questione. In tal senso, partecipare ad un organismo associativo come un locale può dar luogo per lo Stato ad associazione qualificata e/o non qualificata da posizione organizzativa, mentre la mera partecipazione ai succitati organi collegiali direttoriali, in virtù delle regole interne proprie della ‘ndrangheta, non può che implicare – per il diritto penale sostanziale dello Stato – la qualificazione della partecipazione alla ‘ndrangheta con posizione organizzativa e quindi con ipotesi circostanziale aggravata.

Gli organi collegiali personificati di cui sopra hanno le caratteristiche di comitati, cioè di enti morali i cui membri del sodalizio operano in posizione paritaria ed equipollenti, condividendo i poteri decisionali. Come, per es., nel diritto civile dello Stato ogni membro del comitato risponde personalmente e solidalmente delle obbligazioni del comitato, così nei comitati di cui sopra nell’ambito dell’ordinamento della ‘ndrangheta è da ritenere che la semplice partecipazione configuri un’ipotesi di responsabilità ex art. 416-bis comma 2 c.p. (partecipazione qualificata da posizione organizzativa in associazione di stampo mafioso).

3.5     Competenza residuale e Kompetenz-Kompetenz
Sembra che attualmente la competenza residuale nell’ambito dell’ordinamento della ‘ndrangheta spetti al locale, per cui le funzioni necessarie al funzionamento della ‘ndrangheta – che non siano espressamente allocate in altro livello ordinamentale – spettano a ciascun locale, mentre la competenza sulla competenza (cioè la competenza di distribuire le competenze tra i vari livelli ordinamentali) spetta all’organo supremo, cioè oggi è da ritenere la Componente riservata.

Tra organismi sovrani, paritetici e periferici (i locali), la ripartizione di competenze opera in senso orizzontale e territoriale, mentre le funzioni di coordinamento risultano intestate ad organi/persone superiori (intermedi e/o supremi nell’ordine suindicato) di coordinamento organizzativo e/o strategico. In realtà, anche tra organismi associativi formalmente equipollenti in termini ordinamentali endo-associativi, il rapporto è pur sempre dominato dalla logica della forza e della violenza.
Si pensi, ad es., all’esistenza di una Corona di più locali, espediente resosi necessario per consentire a entità associative formalmente autonome, ma sostanzialmente non troppo potenti e floride, relativamente ad altre associazioni “consorelle”, di poter esprimere con maggiore autorevolezza la propria voce all’interno delle istanze associative dell’ordinamento della ‘ndrangheta.
Si pensi, ancora, al fenomeno delle cc.dd. ‘ndrine distaccate, che può assumere una forma “benigna”, quando favorita dal locale nel cui territorio essa va ad installarsi per ragioni di opportunità, ma che può anche assumere connotati di ostilità nei confronti del locale formalmente sovrano su tale territorio, potendo dar luogo anche a una faida; anche in tal caso, più che il rango formale dell’organismo associativo in contesa, prevale sempre la logica della violenza e del potere materiale. Si potrebbero applicare sul punto, è da ritenere in questa sede, concetti e categorie del diritto pubblico così come del diritto societario per studiare le caratteristiche, nell’ordinamento interno della ‘ndrangheta, di questi fenomeni di sostanziale scalata su un’associazione e su un territorio e/o di sostanziale merger and acquisition.

In tal senso, sia nell’ambito dei rapporti tra singoli associati, che tra locali e ‘ndrine, la tutela endo-associativa viene sostanzialmente rimessa all’autotutela da parte dei soggetti in contestazione, un po’ come si riteneva avvenisse essenzialmente nel diritto internazionale pubblico classico, laddove mancava un’istanza di giurisdizionalità per ogni situazione giuridicamente rilevante nell’ambito delle relazioni tra i soggetti (statali) della comunità internazionale.
Pertanto, la creazione di organismi e organi intermedi e/o supremi di coordinamento, corrisponde all’esigenza (sopravvenuta solo più di recente negli ultimi decenni) di gestione in maniera più efficace ed efficiente dei conflitti, la cui risoluzione si era avvertito (dopo le due cc.dd. lunghe Guerre di Mafia, sulle quali cfr. N. GRATTERI – A. NICASO, op. ult cit., passim) non potesse più essere semplicemente rimessa all’autotutela di singoli e associazioni dell’ordinamento della ‘ndrangheta, specie in relazione all’entità anche globale dei nuovi traffici illeciti assunti dalla holding ‘ndrangheta (in primis il traffico e il brokeraggio internazionale di cocaina dai Paesi dell’America Latina).
All’interno del locale, le due società sono disposte a livello ordinamentale in maniera gerarchica, sebbene non manchino forme (rudimentali) di coordinamento e solidarietà mediante la gestione di flussi finanziari della c.d. baciletta dalla società più ricca, la maggiore, alla società meno ricca, la minore.

3.6     Poteri nell’ordinamento della ‘ndrangheta
L’ordinamento della ‘ndrangheta prevede funzioni di natura sostanzialmente legislativa, esecutiva e giudiziaria, sempre per ciò che riguarda le posizioni e le situazioni rilevanti all’interno dell’ordinamento della ‘ndrangheta stessa.
Così, per es., i giudizi con cui l’associato si “tira la dritta”, ed in sostanza – così facendo – pignora la sua quota dalla c.d. baciletta nella persona del contabile (un vero e proprio processo di esecuzione civile con pignoramento presso terzi, all’interno dell’ordinamento della ‘ndrangheta), ovvero la messa in stato di accusa di un associato da parte di un altro ed il successivo giudizio (un vero e proprio processo accusatorio all’interno dell’ordinamento della ‘ndrangheta; come per es. emergente anche in atti processuali, cfr. la messa in stato di accusa innanzi al c.d. Tribunale della ‘ndrangheta, di cui a pagina 82 della sentenza Meta del Tribunale di Locri, capitolo 3 e § 6.6. della motivazione, pp. 135 ss.), sono, dal punto di vista proprio ed interno della ‘ndrangheta, dei procedimenti giurisdizionali e/o di autotutela decisoria-esecutiva, quindi di natura latamente giustiziale. L’atto con cui un associato sospende dai diritti associativi un altro associato, ponendolo in stato di accusa, atto sostanzialmente rimesso alla forza e alla capacità del singolo, lascia quasi richiamare il rudimentale meccanismo di vocatio in jus del diritto romano arcaico della manus iniectio, che per la dottrina romanistica configurava una sorta di Volksjustiz (cfr. G. NICOSIA, Il processo privato romano, Vol. 1, Le origini, 1980).
Così per es., le regole sulle macchie, sugli sbagli e sulle trascuranze costituiscono, per l’ordinamento proprio della ‘ndrangheta, il diritto penale sostanziale di tale ordinamento autonomo. Esiste anche un ricco apparato sanzionatorio, che va da sanzioni pecuniarie ed amministrative, sino alla capitis deminutio (minima, media e maxima, a seconda dei casi, si potrebbe dire!), all’espulsione con disonore e alla condanna a morte del trasgressore. Ovviamente, di un principio di regola di diritto, di tipicità o di altri simili corollari, pur sempre all’interno e nell’ottica dello stesso ordinamento associativo in esame, non è dato ravvisare neppure la benché minima ombra.

Infine, le regole strategiche circa le aree di attività ed i territori da annettere, sono decisioni di natura amministrativa e/o di alta amministrazione, sempre dal punto di vista dell’ordinamento della ‘ndrangheta.
Esistono anche funzioni latamente religiose o sacrali nell’ordinamento della ‘ndrangheta; per es., il battesimo del locale all’inizio della riunione di società da parte del capo società, elemento accidentale del procedimento di riunione. Anche numerosi rituali di attribuzioni di doti fanno riferimento a elementi sostanzialmente sacrali e liturgici, di cui è depositaria l’assemblea dei partecipi e/o il titolare dell’organo monocratico rappresentativo di pertinenza. Anche il riferimento a miti leggendari sulla fondazione della ‘ndrangheta, consente di ricostruire in termini teorici una legittimazione del potere endo-associativo non tanto in termini contrattuali/convenzionali (bottom-up), quanto in termini di natura sacrale (top-down), tali da connotare la missione dell’intero corpo associativo e degli organi che lo rappresentano, almeno nelle intenzioni dei loro partecipi. Tanto costituisce anche un ottimo paravento per una connotazione della forma del potere endo-associativo nella ‘ndrangheta in senso assoluto, con una sostanziale eliminazione di una qualunque forma di equilibrio o contro-bilanciamento tra poteri. Discendendo la fonte del potere associativo da regole e rituali in sostanza sacri agli associati, il potere del leader di ogni singolo organismo associativo non può essere (formalmente e teoricamente) messo in discussione dai subordinati, apparendo legittimato da una fonte estranea alla stessa volontà collegiale degli associati; ovviamente tale orpello rituale funge da contraltare della spietata logica della violenza e della sopraffazione, anche all’interno della stessa struttura associativa.

Sembra estraneo alla logica architetturale dell’ordinamento della ‘ndrangheta un qualsiasi embrione di principio di separazione ed equilibrio di poteri, in quanto i soggetti persone fisiche titolari di organi rappresentativi sommano in sé pressoché tutti i poteri all’interno di quel determinato livello dell’ordinamento della ‘ndrangheta. Nel libro scritto da N. GRATTERI-A. NICASO, Fratelli di sangue, Mondadori, 2013, passim, si espone tra l’altro che non risulta ancora chiarito (processualmente) il meccanismo di nomina e/o elezione del capo locale; in una fonte antica si faceva riferimento alla decisione della maggioranza, mentre in realtà oggi sembra da escludere una qualunque forma di legittimazione democratica endo-associativa, dovendosi propendere per l’affermazione (anche in questo caso) della logica della forza e della violenza.

3.7     Soggettività giuridica, status, qualità e privilegi nell’ordinamento della ‘ndrangheta
Nell’ordinamento della ‘ndrangheta i soggetti giuridici-persone fisiche hanno diversi status (le cc.dd. doti), mentre gli status dei locali li distinguono in attivi e inattivi, aperti e chiusi e il locale di San Luca ha un suo regime giuridico con alcune peculiari prerogative del tutto tipiche.
Le cariche delle persone fisiche associate sono invece qualità non permanenti, che si perdono, ad es. in caso di distacco (per es. la carica di mastro di giornata).
Le sovra-doti conferiscono l’idoneità a porre in essere certi atti (per es. presiedere una riunione di affiliazione) o ricevere determinati effetti (poter ricevere un certo incarico), per cui sembrano da ricondurre a requisiti di legittimazione ad agire e/o a ricevere (nel senso di legittimazione ad agire e a ricevere di cui alla voce Capacità, in Enc. Dir., 1959, di A. FALZEA).
Lo status è tutelato anche in via di auto-tutela; per es., all’atto della c.d. puliciata nelle fasi prodromiche all’apertura di una seduta del locale, il soggetto che perquisisce, compiendo un’operazione sostanzialmente invisa di controllo dei coassociati, e quindi di polizia, al termine dell’operazione – con una formula rituale – si riprende il proprio onore, cioè la propria dote, mediante atto di sostanziale autotutela decisoria; se lo status dell’associato è tutelato in via di autotutela, non sembrano sussistere ostacoli al profilarsi di vere e proprie azioni di stato in caso di contestazione dello status soggettivo, per es. in caso di problemi in ordine alla copiata, soprattutto in specie di dote attribuita mediante affiliazione semplice in carcere; problemi del genere sono risolti in via preventiva mediante la concessione di uno spatium deliberandi per assumere informazioni in ordine alla genuinità dell’affiliazione semplice da parte del neofita una volta scarcerato (vds. sul punto N. GRATTERI – A. NICASO, op. ult. cit., passim). In tale periodo, la posizione del soggetto, in attesa di essere confermato affiliato, è da ricondurre a una vera e propria aspettativa (spes juris, sempre dal punto di vista interno dell’ordinamento della ‘ndrangheta). A una spes facti (sempre dal punto di vista interno all’ordinamento della ‘ndrangheta) sembra ricondursi, invece, la posizione del contrasto onorato e/o del giovane d’onore, che sono sotto osservazione da parte degli affiliati e potrebbero, in futuro e verosimilmente, entrare a far parte dell’associazione. Sempre a una spes juris (dal punto di vista dell’ordinamento della ‘ndrangheta) sembra riconducibile la posizione di un locale costituito in attesa del benestare del locale principale di San Luca.

Nell’ordinamento della ‘ndrangheta esistono anche veri e propri privilegi personali; per es., i latitanti, cc.dd. cavalieri erranti, sono esentati dal deporre le armi all’inizio di una riunione di società, professando tale loro qualità.
Il passaggio alla dote di santista, e quindi l’ingresso nella società maggiore, conferisce all’associato delle prerogative peculiari, come ad es. la facoltà di prestare giuramento in altre associazioni segrete, di mantenere contatti con soggetti istituzionali e notabili vari della società civile (proibiti nella logica dello sgarro) e anche di fungere da delatore contro soggetti della società minore per il bene della Santa. Si tratta di facoltà derivanti dall’acquisto della dote almeno di santista, che connotano in senso gerarchico i rapporti tra le due articolazioni del locale. Inoltre, tali facoltà determinano (almeno in linea teorica e potenziale) una forte frattura e tensione tra le due articolazioni del locale, tali per cui – in sostanza – ogni meccanismo di solidarietà tra di essi viene sistematicamente risolto con un’opzione di conservazione e preferenza per la società maggiore. Il rapporto di relazione tra le due società viene gestito mediante la logica della facoltà di annientamento da parte dell’articolazione gerarchicamente sovraordinata. L’ossequio all’efficienza e all’autoconservazione della struttura organizzativa e dei soggetti con status gerarchicamente superiori tiranneggia, dal punto di vista assiologico endo-associativo dell’ordinamento della ‘ndrangheta, una qualunque visione unitaria in senso solidaristico, per cui la scalata verso le doti della società maggiore è anche una garanzia per il parvenu di così porsi al riparo dalle insidie delle opportunistiche delazioni da parte degli associati della maggiore. La tenuta dell’associazione di fronte ad un simile meccanismo potenzialmente antisolidaristico all’interno dell’associazione stessa, può essere garantito solo dalla spinta e dall’ambizione di ogni singolo associato (posto alla base della piramide organizzativa) della minore di poter riuscire un giorno a scalare i gradini della minore per giungere alle soglie dell’articolazione maggiore, con tutte le facoltà che ne conseguono e i benefits spettanti all’associato con dote almeno di santista.

La ferrea disciplina degli status personarum nell’ordinamento della ‘ndrangheta, in uno alla legittimazione top-down della stessa associazione (un fondamento asseritamente mitologico, sacrale e rituale, ut supra indicato), rendono ragione di una struttura soggettiva di base del tutto arcaica, feudale e pre-moderna, nel senso di cui in dottrina (cfr. H. S. MAINE, From status to contract, in Ancient Law, 1861).
Potrebbe dirsi che il mix tra tradizione e innovazione nella struttura della ‘ndrangheta, già osservato in dottrina (cfr. N. GRATTERI – A. NICASO, op. ult. cit., passim), si può descrivere mediante una sapiente combinazione di organizzazione arcaica della componente soggettiva dell’associazione, e di organizzazione contemporanea (organismi di coordinamento, holding e stratificazioni societarie, management strategico, direzionale ed operativo) per quanto riguarda la componente organica dell’associazione. In termini organizzativi, i soggetti sono trattati nella ‘ndrangheta alla stregua dei servi e/o dei vassalli dell’ordinamento feudale pre-moderno, ma la distribuzione delle competenze, dei compiti e delle funzioni tra organi ed uffici è al contrario sempre più moderna, integrata, efficace ed efficiente in termini gestionali. La completa sottomissione del singolo associato ai soggetti sovraordinati dell’associazione, elimina molti fattori di rigidità nella gestione delle risorse umane dell’organizzazione, così consentendo maggiore efficienza ed economicità nelle attività dell’apparato.

3.8     Illusione e sussidiarietà verticale nell’ordinamento della ‘ndrangheta
Una regola ulteriore della ’ndrangheta consiste nel fatto che ogni associato può conoscere soggetti e questioni sino al limite derivante dal proprio status associativo, mentre il tentativo di interferire in questioni di livello superiore costituisce uno sbaglio. Pertanto, la segretezza all’interno dell’ordinamento della ‘ndrangheta opera a strati, secondo livelli crescenti di conoscenza della struttura e dell’organizzazione dell’ordinamento associativo.

Per giunta, quando le decisioni strategiche sono adottate da organi superiori e/o supremi, in specie da quelli a composizione direttoriale mista, esse vengono poi mandate per l’esecuzione e implementazione ai livelli decisionali intermedi e inferiori, che le recepiscono, sembrando, agli occhi degli associati di grado più basso, che tali decisioni siano state adottate a livello periferico e subordinato in via autonoma, mentre esse tradiscono in realtà una sorta di travisamento e sostituzione (una vera e propria novazione) della fonte della decisione, in modo da rendere i livelli endo-associativi inferiori meglio disposti a eseguire efficacemente un deliberato che essi percepiscono come a loro più vicino, ma in realtà a essi del tutto estraneo e lontano, nella forma quanto nella sostanza.
Una sorta di concetto di illusione (nella scienza delle finanze il concetto di illusione è stato applicato al campo delle decisioni finanziarie da A. PUVIANI, Teoria dell’illusione finanziaria, 1903) applicato al principio di sussidiarietà verticale all’interno dell’ordinamento della ‘ndrangheta, per cui si può dire che il potere esecutivo nell’ordinamento della ‘ndrangheta è connotato da una simulazione di sussidiarietà (per il concetto di sussidiarietà in riferimento al ruolo dei vari attori sociali, cfr. già ARISTOTELE, Politica, I, 2, 1252 b) verticale.

4.     La più recente ricostruzione dell’organizzazione della ‘ndrangheta, tuttora sub judice
Nell’ambito del c.d. processo Gotha, tuttora pendente presso l’Autorità Giudiziaria di Reggio Calabria in fase dibattimentale, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria – D.D.A., ricostruisce i caratteri e gli elementi dell’associazione di stampo mafioso denominata “’Ndrangheta”, presente ed operante in forma unitaria sul territorio della provincia di Reggio Calabria, sul territorio nazionale ed all’estero, costituita da numerosi locali, come caratterizzata da strutture distaccate a carattere intermedio, articolata in tre mandamenti e dotata di organo collegiale di vertice denominato “Provincia”; l’organo collegiale di vertice denominato Provincia, è chiamato a svolgere compiti di direzione organizzativa, di garanzia dell’unitarietà dell’organizzazione e di tutela delle sue regole fondamentali, mentre l’organismo decisionale relativo al “mandamento di centro” è chiamato a svolgere una funzioni operative processualmente ricostruite nell’ambito del proc. pen. n. 7734/10/21DDA RC – Op. META. Viene quindi identificata una componente apicale “segreta o riservata” della ‘Ndrangheta, la cui esistenza e composizione appare coperta attraverso lo strumentale utilizzo di molteplici schermi personali, professionali, istituzionali e massonici (come tali vietati dall’art. 18 della Costituzione per la presenza, all’interno di formazioni plurisoggettive apparentemente legittime anche a carattere politico, di accorgimenti strutturali in grado di celare l’esistenza di componenti occulte, di tenerne segrete le finalità e le attività sociali, di renderne sconosciuti in tutto o in parte ed anche reciprocamente i componenti), con una serie di funzioni decisionali di massimo livello.
Interpretando l’indicazione delle dette strutture organiche secondo gli schemi adoperati nel presente articolo, risulta che sia il Mandamento, che la Provincia che la Componente riservata sono organi nell’ordinamento della ‘ndrangheta, con proprie competenze e funzioni; ma essi sono al tempo stesso anche organismi associativi (dotati di soggettività), del tipo comitato, e sono cioè degli organi personificati.

4.1     Concorso di reati e soggettività complessa nell’ordinamento della ‘ndrangheta
Le regole interne dell’ordinamento della ‘ndrangheta, ed in specie i principi dell’autonomia sovrana delle diverse entità associative orizzontali territoriali e dell’autonoma soggettività degli organi verticistici di direzione e di coordinamento, consentono di risolvere le questioni di concorso reale/apparente relative alla partecipazione a più di uno di tali organismi.

4.2     Concorso reale formale di reati relativamente alla partecipazione a più organi verticistici di coordinamento
La partecipazione a uno di tali organi/persona (Mandamento, Provincia, Componente riservata) dovrebbe consentire l’addebito ex art. 416bis comma 2 c.p. (partecipazione qualificata ad associazione di stampo mafioso), per quanto dianzi esposto.
Inoltre, la partecipazione alla Componente riservata può configurare un addebito ex art. 416bis comma 2 c.p. in concorso reale formale di reati con ulteriori addebiti relativi alla natura segreta/vietata di tale organismo.

Appare possibile, inoltre, ipotizzare un concorso reale formale di reati di partecipazione (qualificata) ad una pluralità di associazioni gravitanti nell’ordinamento complesso della ‘ndrangheta con riguardo alla contemporanea partecipazione (ad es.) a una cosca e a un organismo intermedio come il Mandamento, o alla contemporanea partecipazione a un locale e alla Provincia. Infatti, il riconoscimento di una distinta ed autonoma soggettività anche a tali organi/persona (Mandamento, Provincia, Componente riservata), dotati di un proprio organigramma e di competenze, poteri e funzioni proprie, consente di non ritenere apparente il concorso delle condotte di partecipazione a più di un organismo gravitante all’interno di quel macro-ordinamento complesso che è la ‘ndrangheta. In virtù delle competenze e delle funzioni proprie intestate, nell’ordinamento della ‘ndrangheta, ad ognuno degli organismi associativi di cui sopra, ciascuno dotato di una propria autonoma e distinta soggettività, non sembra ravvisabile, ad es., nella partecipazione a un locale un antefatto non punibile della partecipazione al Mandamento o alla Provincia, o viceversa nella partecipazione al Mandamento o alla Provincia un post-fatto non punibile rispetto alla partecipazione ad una cosca o a un locale. Del resto, l’intensità dell’offesa (nel senso del diritto penale sostanziale dello Stato) derivante dalla partecipazione a ciascuno degli organismi associativi di cui sopra, si amplifica a man a mano che l’affiliato acquisisca lo status di partecipe in ulteriori e più elevati organismi associativi dell’ordinamento della ‘ndrangheta. L’inclusione, a seguito di progressione di carriera criminale, dell’affiliato in organismi associativi via via più elevati deve corrispondere a una risposta punitiva sempre più severa. A contrario, se gli organi Mandamento/Provincia/Componente riservata fossero considerati organi non personificati, la sola condotta di partecipazione configurabile sarebbe quella di appartenenza a una cosca, mentre il successivo cursus honorum (!) dello ‘ndranghetista non permetterebbe di configurare ulteriori addebiti associativi; in realtà, la titolarità di diritti e poteri in capo a tali organi all’interno dell’ordinamento della ‘ndrangheta consente di qualificarli come veri e propri centri di imputazioni giuridiche (nell’ordinamento della ‘ndrangheta), e quindi come soggetti autonomi, tali da poter costituire il terminale di riferimento di ulteriori contestazioni concorrenti ex art. 416bis c.p..

In senso contrario, potrebbe essere opposta l’applicazione del ne bis in idem sostanziale, secondo cui, essendo la ‘ndrangheta un soggetto ordinamentale complessivamente unitario, la partecipazione alla ‘ndrangheta è una sola, e non può essere considerata polivalente in ragione della pluralità delle strutture associative che ne compongono la complessità: si potrebbe essere ‘ndranghetista una volta sola e non più volte. Si tratta di un argomento valido dal punto di vista sociologico, ma non dal punto di vista giuridico, se si accettano le premesse ricostruttive di cui sopra. In realtà, chi scrive modestamente ritiene che proprio il riconoscimento di giuridicità (in senso istituzionalistico) all’ordinamento della ‘ndrangheta, nonché il trapianto delle categorie del diritto dello Stato nello studio e nell’analisi delle regole della ‘ndrangheta, comportano che ogni struttura dotata di soggettività per la ‘ndrangheta costituisce il punto di riferimento di una contestazione di partecipazione ex art. 416bis c.p. La complessità della soggettività e dell’ordinamento della ‘ndrangheta consentono una pluralità di addebiti partecipativi, se del caso. Dal punto di vista della condotta, altro è partecipare alla cosca, altro è partecipare al Mandamento, per es., stante la netta distinzione di regole, requisiti, procedure, riti, competenze, funzioni, poteri etc., tra i distinti organismi associativi de quibus. Il rilievo sociologico dell’unitarietà del fenomeno ‘ndranghetistico non riuscirebbe a superare l’argomento giuridico di cui sopra derivante dalla complessità della soggettività ordinamentale della ‘ndrangheta.

4.3     Esclusività dell’appartenenza a un organismo orizzontale territoriale
Invece, le regole dell’ordinamento della ‘ndrangheta sulla ripartizione orizzontale delle competenze e delle autonomie tra organismi associativi territoriali (le famiglie, le ‘ndrine, le società e i locali) rendono ragione di una sorta di esclusività dell’appartenenza a una di tali entità associative, per cui non potrebbe configurarsi una contemporanea plurima appartenenza a più locali, ovvero a più ‘ndrine o più famiglie, e quindi di conseguenza si può escludere un concorso reale formale per la partecipazione, per es., a più locali. La regola dell’esclusività parrebbe operare tra organismi associativi ripartiti territorialmente in senso orizzontale, mentre non sembra precludere il concorso reale formale di reati in relazione all’appartenenza a un organismo territoriale e a uno o più organismi verticistici di direzione e coordinamento. Tali affermazioni appaiono conseguenza diretta del rilievo giuridico delle norme di organizzazione interne proprie dell’ordinamento della ‘ndrangheta nel senso dell’autonomia tra organismi orizzontali e dell’autonoma soggettività degli organismi verticistici.

5.     Conclusioni
Si esprime il modesto avviso che sembrano maturi i tempi per un’analisi teorico-pratica delle regole e degli istituti dell’ordinamento interno della ‘ndrangheta mediante un trapianto (seppure temperato e/o condizionato dalle peculiarità proprie dell’istituzione in esame, di chiara e evidente natura illecita per lo Stato), di concetti, categorie ed istituti propri del diritto dello Stato, privato, pubblico e processuale. Tanto potrà, è da ritenere, agevolare, unitamente alla migliore comprensione critica di questo deprecabile fenomeno, anche la sua più efficace, severa ed effettiva repressione. ©

 


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