Tribunale di Roma, sentenza n. 12076 dell’11 maggio 2015 e depositata il 1° giugno 2015
Il caso riguarda un fotografo che realizzava un breve reportage sul fenomeno delle baby-cubiste nelle discoteche della capitale e pubblicava l’operato sulla propria pagina Facebook. Gli scatti venivano poi “rubati” dai media e diffusi. Il Tribunale ha stabilito che, nell’ipotesi in cui il trasferimento di fotografie digitali sia avvenuto tramite il download da una pagina web riconducibile al titolare o nella quale siano chiaramente indicati il nome del titolare della foto e la data dello scatto, i terzi sono comunque posti nella condizione di individuare, con l’ordinaria diligenza, il nome del fotografo e la data anche se collocati in prossimità della foto stessa e non sopra.
Non avrà l’incidenza di una sentenza di Cassazione ma sicuramente la sentenza del Tribunale di Roma n. 12076 dell’11 maggio 2015 può considerarsi un imprescindibile punto di riferimento in merito alla tutela della titolarità e di tutti i diritti conseguenti circa le fotografie postate su Facebook o in genere caricate su internet. Va considerato che l’ha emessa una Sezione Specializzata in materia di impresa in forma collegiale e che la stessa ha elaborato dei principi applicabili in via generale a fattispecie attuali che ovviamente non potevano essere previste né disciplinate dalla normativa “ante-web”. In particolare, in tema di fotografie, in Italia la legge fondamentale resta quella sul diritto d’autore in genere (L.A.) che risale alla seconda guerra mondiale (Legge 22 aprile 1941. n.633). Nel tempo sono state apportate alcune modifiche, prima col D.P.R. n. 19 del 8/1/1979, poi con il Dlgs n. 154 del 26 maggio 1997 (attuazione direttiva 93/98/Cee) ancora con la legge 248 del 28 agosto 2000 e con il DLgs. n. 68/2003 (attuazione direttiva 2001/20/CE). Neppure queste ultime modifiche hanno però affrontato i problemi strettamente connessi al caricamento e diffusione via internet, soprattutto sui social network, di foto non protette digitalmente ma i cui autori sono comunque meritevoli di tutela.
Dalla evoluzione della normativa elencata risulta in ogni caso chiaro che la disciplina del diritto d’autore sulle opere fotografiche contempla attualmente tre ipotesi:
“1) le opere di ingegno che ricadono sotto la previsione dell’art. 2 n. 7 L.A. e che godono della tutela d’autore ai sensi degli artt. 12 e ss., 20 e ss. e 171 e ss.;
2) le fotografie semplici, vale a dire le ‘immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale o sociale’, prive del carattere creativo, pur essendo caratterizzate da una qualche attività personale del fotografo, quanto meno nella ricerca del soggetto da fotografare, e tutelate, più limitatamente, ai sensi degli artt. 87 e ss. L.A., come tipici diritti connessi;
3) le fotografie di ‘scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili’, prive di tutela ex art. 87, 2° comma L.A.”.
Il Tribunale di Roma, partendo da questa premessa, ha inteso approfondire la problematica su come poter distinguere le foto c.d. “artistiche” da quelle “semplici”. Da tale classificazione dipende poi il grado di tutela applicabile. “La fotografia è creativa quando è capace di evocare suggestioni o comunque di lasciare trasparire l’apporto personale del fotografo e non si limiti a riprodurre e documentare determinate azioni o situazioni reali (T. Firenze 16/2/1994). L’apporto creativo, che può essere anche minimo, è desumibile da una precisa attività del fotografo, volta alla valorizzazione degli effetti ottenibili con l’apparecchio (inquadratura, prospettiva, cura della luce, del tutto peculiari) o alla scelta del soggetto (intervenendo il fotografo sull’atteggiamento o sull’espressione, se non creando addirittura il soggetto stesso), purché emerga in sostanza una prevalenza del profilo artistico sull’aspetto prettamente tecnico (C.C. 4606/1998; T. Catania 11/9/2001, F.I. 2002, 1236)”. Quando la foto è riconosciuta come tale, il suo autore beneficia del diritto esclusivo per la sua utilizzazione economica, di un connesso diritto morale e anche di una tutela penale.
La fattispecie sottoposta al Tribunale di Roma configura invece una tutela semplicemente risarcitoria ai sensi degli artt. 87 e ss. della L. 633/41 (“diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia”). Il caso riguarda un giovanissimo fotografo (tant’è che in giudizio agiscono i genitori esercenti la potestà) che realizzava un reportage sul fenomeno delle “baby-cubiste” nelle discoteche di Roma e che, pubblicato l’operato sulla propria pagina Facebook, lo ha poi visto diffuso dai media senza che li avesse autorizzati a farlo e senza peraltro essere da questi nominato come autore. Dunque tali foto, secondo la Sezione Speciale del Tribunale, “non presentano quella necessaria impronta personale e peculiare del fotografo, ovvero quella capacità di intervenire sul soggetto in modo tale da evocare suggestioni … le stesse si esauriscono in una semplice riproduzione documentale di un determinato evento: il fenomeno delle c.d. baby cubiste”.
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