Il 9 agosto 2022 è stato bollinato il testo dello schema di decreto legislativo di riforma della giustizia penale, approvato dal Consiglio dei Ministri, in sede di esame preliminare, lo scorso 4 agosto. Lo schema di decreto, che si compone di 99 articoli, è accompagnato da un’ampia relazione illustrativa, corredata da indice, che pure pubblichiamo. I testi sono stati trasmessi e assegnati alle commissioni competenti per i pareri. Il decreto è stato adottato in attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134 e realizza un’ampia riforma del processo e del sistema sanzionatorio penale, oltre a introdurre per la prima volta una disciplina organica della giustizia riparativa.
Il Governo negli scorsi giorni ha trasmesso alle Camere, per il vaglio delle Commissioni Giustizia, gli schemi di legge delega attuativi della l. n. 134 del 2021 contenenti la c.d. riforma Cartabia della giustizia penale.
Uno riguarda l’ufficio del processo, l’altra l’attuazione del processo penale. Il 6 settembre le Commissioni ne inizieranno l’esame. Va ricordato che la l. n. 134 del 2021 è già operativa per la parte (art. 2) relativa alla improcedibilità (art. 344 bis c.p.p., oltre ad altre previsioni più mirate) per integrare le previsioni per la quale la prescrizione è sospesa con la sentenza di primo grado.
Lo schema di d. lgs. contiene 99 articoli e si poggia su tre pilastri: la riforma del sistema sanzionatorio; le modifiche al codice di procedura penale; l’introduzione della giustizia riparativa.
Mentre quest’ultimo aspetto dovrà essere supportato da non poche strutture oggettive e da figure soggettive, la riforma della giustizia penale, fatto salvo il regime transitorio, diventerà rapidamente operativa.
In questa occasione non possono essere affrontati tutti i profili della riforma, ma esistendo una filosofia della stessa, governata dagli impegni assunti con l’Europa, attraverso il PNRR, alcune considerazioni generali possono essere svolte, anche perché le modifiche del diritto sanzionatorio e quelle dei meccanismi processuali si integrano, secondo l’obiettivo della deflazione del 25% del carico giudiziario.
Non essendo possibile né depenalizzare, né modificare in modo generalizzato le soglie edittali delle pene previste per i diversi reati e non essendo possibile alterare la struttura del processo, si è ritenuto, per un verso, di introdurre pene sostitutive (e non più sanzioni sostitutive) delle pene detentive brevi, per un altro, di canalizzare queste pene dentro il circuito processuale in termini di premialità e di allargare nei percorsi speciali le situazioni suscettibili di condurre ad esiti anticipati.
Sotto il primo profilo, il legislatore ha quindi trasformato, anche al fine di sgravare la magistratura di sorveglianza ed il carcere dell’esecuzione delle pene, non sospese, fino alla soglia – ormai storicamente individuata come limite della fascia medio-bassa di reati – in pene applicabili dal giudice della cognizione alcune pene convertite da quelle ordinarie: semilibertà, detenzione domiciliare, lavori di pubblica utilità, pena pecuniaria, secondo fasce detentive determinate.
La pena pecuniaria, sia quella ordinaria, sia quella sostituita, dovrà essere effettiva e quindi pagata dal condannato. In caso di sostituzione sarà calcolata secondo i c.d. tassi giornalieri, in relazione alle condizioni economiche e patrimoniali del condannato (il range va da 5 a 2500 Euro al giorno).
Naturalmente, ci sono condizioni soggettive, positive e preclusive, per le concessioni, nonché modalità di esecuzione delle stesse, e di sanzioni in caso di mancato rispetto degli obblighi che la legge fissa, trattandosi, comunque di pene, proprio perché solo sostitutive delle pene detentive, ancorché brevi.
Spetterà, quindi, al giudice della cognizione decidere la pena principale o sostitutiva da applicare al caso concreto ed al singolo condannato.
Resteranno di competenza del giudice di sorveglianza l’applicazione eventuale delle pene alternative nei confronti dei soggetti detenuti, con applicazione dei meccanismi previsti dalla disciplina penitenziaria.
La riferita filosofia del decongestionamento processuale, sicuramente favorita dall’attenua rigore sanzionatorio, trova ulteriori riscontri negli sviluppi processuali, finalizzata ad una definizione anticipata del processo che si cerca di favorire.
Sotto questa prospettiva, oltre ai già richiamati riti speciali (patteggiamento, procedimento per decreto; rito abbreviato), vanno ricordati quelli ridefiniti, nelle condizioni di accesso o di applicazione: la sospensione del processo con la messa alla prova e la particolare tenuità del fatto.
Sono, invece, significativamente ridisegnati la remissione della querela, che potrà materializzarsi anche per effetto di ridisegnate ipotesi di reati perseguibili d’ufficio trasformate in procedibili a querela, nonché l’allargamento dell’archiviazione delle contravvenzioni di alcune specifiche materie (edilizia, alimenti e salute, beni culturali) che affiancano quelle già presenti (sicurezza del lavoro, ambiente, radiazioni ionizzanti) per effetto dell’adempimento delle prescrizioni disposte dall’ente accertatore (teso a rimuovere le situazioni pericolose e dannose) accompagnate da un pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura ridotta.
Resta confermata, ancorché riscritta, la possibilità di definire il giudizio d’appello con il concordato, mentre si prevedono ulteriori sconti di pena in caso di rinuncia ad attivare (nei confronti di riti già premiali: decreto e abbreviato) da applicarsi in sede esecutiva l’opposizione e l’appello.
La manovra della riforma sarà irrobustita con interventi strutturali come l’ufficio del processo, l’assunzione di personale amministrativo e con l’accentuato ricorso ai meccanismi telematici, nonché dalla partecipazione dell’imputato a distanza, dall’accentuazione della cartolarizzazione di alcune fasi e dalla propensione al rito camerale.
L’insieme di queste scelte prospetta all’interprete la necessità della ridefinizione degli effetti di quanto detto sulla visione sistematica del processo penale, che sarà legato – naturalmente – ai concreti comportamenti dei giudici, dei pubblici ministeri e dei difensori i quali saranno chiamati a dare interpretazione ed applicazione delle norme processuali, non senza tener conto di come la giurisprudenza applicherà le nuove previsioni.
Una per tutte, in quanto destinata ad incidere fortemente sugli sviluppi processuali: la regola di giudizio (rectius, il criterio interpretativo) del presupposto dell’archiviazione e dell’emissione del decreto penale di condanna, ancorati ad “una ragionevole previsione di condanna”.
La riforma consegna agli operatori della giustizia uno strumento molto duttile permeato da ampi margini di discrezionalità, contrassegnato da percorsi alternativi nei quali i vari soggetti, protagonisti e comprimari possono svolgere la tutela degli interessi generali a anche calibrare quelli più strettamente personali, nella cornice della legalità che connota il sistema della giustizia penale.
Bisognerà però verificare, nella prassi quotidiana delle aule di giustizia come le norme saranno declinate e quanto le garanzie (sicuramente ridimensionate) reggeranno alle spinte della semplificazione e dell’efficienza (sicuramente rafforzate). ©
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