LE BANCHE DATI FORENSI

di Pietro Grasso, Ruggiero Mango, Emiliano Giardina, Giuseppe Novelli

[vc_row] [vc_column width=”5/6″]

Legge 30 giugno 2009, n. 85

Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria, relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prüm). Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA. Delega al Governo per l’istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria. Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale.

[/vc_column][vc_column width=”1/6″][/vc_column] [/vc_row]

 

Introduzione

L’analisi del DNA rappresenta la naturale evoluzione tecnologica delle impronte papillari, di fondamentale e comprovata importanza investigativa, dal momento che sulla scena del crimine è più probabile il rinvenimento di una traccia biologica appartenente all’autore di un delitto che un’impronta papillare utile alla comparazione. Inoltre, grazie ad accordi internazionali (non esistenti per le impronte papillari) sull’uniformità dei criteri e protocolli di analisi, è possibile comparare profili genetici estrapolati da laboratori di paesi diversi.

La necessità di creare in Italia una banca dati dei profili genetici è stata formalizzata con l’adesione al Trattato di Prüm e con la legge n. 85 del 30 giugno 2009.
Le potenzialità insite nell’utilizzo di un database genetico per scopi giudiziari sono innumerevoli: dalla maggior efficienza e rapidità delle indagini, alla tempestività della azione repressiva fino all’ottenimento di un risparmio delle risorse umane e conseguentemente anche di quelle economiche impiegate. Tutto ciò aprendo al contempo interrogativi etici e giuridici circa il bilanciamento fra sicurezza e diritti individuali.

Lo studio di questo possibile bilanciamento appare ancor più complesso se ci si volge allo studio delle normative europee vigenti. Queste, infatti, disciplinano l’impiego di database genetici per fini giudiziari in modo assai difforme, diversifican-dosi considerevolmente le modalità di raccolta e gestione dei dati genetici con inevitabili ricadute sulla limitazione dei diritti individuali. Altra anomalia legislativa è rappresentata da quei Paesi che ad oggi non possiedono una legislazione specifica in tema, dando vita così ad una geografia normativa “variabile”, che ancora una volta potrebbe riflettersi sugli stessi diritti di libertà della persona, bilanciati in modo assai differente da paese a paese (vedi figura nel pdf).

La peculiarità delle banche dati forensi è il fatto che esse sono al contempo databases e bio-banche, sono cioè sia mere collezioni informatizzate di dati sia raccolte di materiali biologici. Come tali devono rispondere a specifiche prerogative di riservatezza, tracciabilità, monitoraggio e limitazioni dell’accesso ai dati, requisiti vincolanti per lo sviluppo di collezioni di materiali biologici eticamente accettabili.
Il dato genetico, prodotto e conservato all’interno di una banca dati forense è considerato, alla stregua di tutti i dati ricavabili da test genetici, un “dato sensibile” che, a differenza dei dati ottenuti ad esempio dalle analisi delle impronte papillari, è in grado di fornire informazioni personali riguardanti il soggetto in esame, informazioni che possono comportare danni psicologici del soggetto coinvolto dopo la conoscenza dei propri risultati individuali, danni alla persona e lesione della sua privacy per la conoscenza da parte di altri dei suoi risultati individuali e non per ultimi, danni derivanti dalla stigmatizzazione e dalla discriminazione di un gruppo etnico cui appartiene il soggetto. Questo timore coinvolge anche i materiali genetici dai quali questi dati vengono estrapolati.
Si tratta in ogni caso di rischi legati al rilascio delle informazioni e che quindi, come tali, possono essere ridotti o annullati da una adeguata tutela della privacy e da una opportuna gestione delle informazioni individuali raccolte o indagate.

Banche dati forensi:  esempi europei

Un progressivo miglioramento dell’indagini giudiziarie si è verificato in quei paesi nei quali le operazioni di raffronto dei profili genetici acquisiti nel corso delle indagini sono state effettuate con l’ausilio di banche dati genetiche (vedi tabella). L’organizzazione delle principali banche dati europee ricalca in linea di massima il modello importato dal CODIS nordamericano sia per quanto riguarda la forma della catalogazione, che per l’individuazione dei dati genetici oggetto dell’archiviazione. Differente da paese a paese è invece la regolamentazione messa in atto.
Le banche dati europee possono essere schematicamente riportate a tre modelli principali:

Le maggiori differenze tra le stesse sono da ricercarsi nell’oggetto della catalogazione, sulla conservazione del materiale e sul tempo di conservazione del dato genetico ricavato.

Il modello Inglese prevede la raccolta del DNA in modo coercitivo conseguentemente ad un semplice arresto. La registrazione del dato genetico avviene in un’unica banca dati nazionale, detta NDNAD, che riceve sia i profili di quei soggetti gravati da indizi di colpevolezza o semplicemente sospettati della commissione di un reato, quelli relativi al materiale repertato sulla scena del crimine compreso il DNA proveniente dalla vittima del reato, quello lasciato da soggetti ignoti sul luogo del delitto, e di soggetti che contribuiscono volontariamente donando il proprio profilo genetico. La logica adottata da tale banca dati è di tipo conservativo, infatti la cancellazione dei dati avviene dopo cento anni dall’inserimento degli elementi genetici raccolti. L’eccesso di questa filosofia del controllo, è rappresentato in modo chiaro da una proposta avanzata dal dipartimento delle scienze forensi di Scotland Yard, in base alla quale si chiede l’inserimento nella banca dati nazionale inglese di profili genetici di scolari con età inferiore a dieci anni che abbiano dato adito a comportamenti antisociali(1).

Nei databases del tipo francese la catalogazione del dato ha luogo solo nel caso in cui un soggetto venga indagato per gravi reati o qualora sussistano a suo carico gravi indizi di colpevolezza. In tali situazioni la conservazione del dato genetico è condizionato dalla presenza di un elemento di prova dal quale si possa evincere in modo indiscutibile la responsabilità del soggetto sottoposto alle indagini.
Per gli stati che invece che adottano una soluzione mediana la catalogazione del profilo nel database viene effettuata in base ad una valutazione operata dall’organo giudicante, sulla pericolosità sociale del soggetto sottoposto alle indagini, intesa come il rischio che quest’ultimo possa commettere nuovi reati.

Nelle banche dati di tipo emergenziale e in quelle intermedie il profilo biologico dell’indiziato o del sospettato di aver commesso determinati reati, viene mantenuto fintanto che su quest’ultimo gravano degli indizi di colpevolezza ed eliminato non appena questi vengano meno, concretizzando di fatto il diritto all’oblio in campo genetico(1). Nelle banche dati che non seguono il modello inglese è prevista anche l’indicazione dei reati per i quali è consentito procedere all’inserimento nella banca dati del DNA dell’indiziato, del sospettato o dell’indagato. In particolar modo vengono inseriti in genere tutti i reati per i quali è considerato un alto livello di recidiva.

La banca dati forense in Italia

Il disegno di legge originario sull’istituzione della Banca Dati nazionale del DNA, presentato al parlamento con lo scopo di riconoscere la partecipazione dell’Italia al Trattato di Prüm, risalente al 2007 e ratificato nel Giugno del 2009, reca al suo interno anche una serie di modifiche al codice di procedura penale sui casi e i modi in cui può essere limitata la libertà personale di un soggetto in occasione di una perizia.
In particolare le modifiche apportate sono state effettuate principalmente mediante introduzione dell’art. 224 bis per il prelievo coatto di materiale biologico dell’indagato se necessario.
L’asse portante della legge è rappresentato dai punti essenziali dell’accordo internazionale di Prüm. In particolare, negli articoli dedicati all’istituzione delle autorità deputate alla conservazione e al trattamento del dato genetico, all’estrapolazione del profilo da eseguire sulla base dei parametri riconosciuti a livello internazionale e indicati dall’European Network of Forensic Science in modo da assicurare l’uniformità degli stessi a livello europeo, alle disposizioni relative alla metodologia di analisi dei reperti biologici.

I punti cardine di tale legge sono la creazione del Laboratorio Centrale, presso il Ministero della Giustizia, che avrà il compito di repertare il materiale biologico e di tipizzare oltre ai reperti e ai campioni degli indagati (come all’art. 9 della norma ed eccezioni) anche materiali biologici riconducibili a persone scomparse o loro consanguinei, di cadaveri e resti cadaverici non identificati. Questa struttura si occuperà della trasmissione del profilo identificativo alla Banca Dati nazionale, istituita presso il Ministero degli Interni, dipartimento di Pubblica Sicurezza, e curerà la conservazione del materiale biologico utilizzato per determinare il dato che materialmente verrà inserito nell’archivio statale.

Il profilo identificativo potrà convergere alla Banca Dati nazionale anche dalla tipizzazione dei campioni biologici raccolti nel corso dello svolgimento delle indagini da parte di ausiliari tecnici dell’autorità giudiziaria o delle forze di polizia.
In tali situazioni il laboratorio che effettua l’estrapolazione del profilo identificativo conferisce direttamente il dato alla Banca Dati nazionale e si occuperà del trasferimento del materiale biologico al Laboratorio centrale.

La Banca Dati raccoglierà al suo interno solo ed esclusivamente i profili genetici, mentre il materiale biologico utilizzato, verrà conservato in un luogo differente, presso il Laboratorio centrale del DNA, e sarà soggetto a cautele e protezioni diverse rispetto al dato contenuto nell’archivio nazionale.
In linea con quanto indicato dalle norme internazionali, la legge stabilisce l’utilizzo di certificazioni, a norma ISO/IEC 17025, necessarie per tutti quei laboratori che concretamente potranno conferire profili del DNA tipizzati da campioni biologici nel corso del procedimento penale. Con questa previsione la norma ha di fatto creato i presupposti per un allargamento potenziale
dei soggetti che potrebbero operare al conferimento del dato genetico, come oggi avviene in molti paesi europei.
Anche gli accessi alla Banca Dati ed al Laboratorio Centrale sono regolamentati in maniera differente per far fronte alle diverse esigenze di protezione per i dati e per i materiali biologici conservati: “I sistemi informativi ed i softwares deputati a gestire gli archivi devono essere configurati in modo da rendere minimo il ricorso a dati personali identificativi (principio di minimizzazione), la possibilità dell’accesso al profilo del DNA contenuto nella Banca Dati ovvero al campione biologico conservato presso il Laboratorio Centrale non deve consentire l’associazione con l’identità della persona cui si riferiscono e il titolare della Banca Dati dovrà adottare delle misure organizzative informatiche (hardware e software) atte ad escludere l’utilizzo improprio di dati personali e/o dati identificativi”.

Oltre a ciò è utile, al fine di rispettare il diritto alla riservatezza, la definizione  della tracciabilità dell’accesso ai dati, del monitoraggio dei dati e dei campioni biologici conservati.
Importante è stato anche lo stabilire tempi di conservazione adeguati per i campioni biologici (20 anni) e per i profili (40 anni). Tempi sufficientemente lunghi da mediare la necessità garantire il rispetto per la privacy e l’utilità dei campioni conservati di generare informazioni scientificamente utili.
In tabella si riassume brevemente e schematicamente le linee guida dell’Università di San Francisco (UCSF Guide for research use of human biological specimens: collecting, banking and sharing specimens, Maggio 2005) per la protezione dei dati personali in databases e biobanche.

Conclusioni

L’importanza e l’utilità della banca dati del DNA ad uso forense per la lotta al crimine e l’amministrazione della giustizia può essere esemplificata dal caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. Yara scompare la sera del 26 novembre 2010 a Brembate, il suo cadavere viene rinvenuto il 26 febbraio 2011 e sono state rilevate delle tracce biologiche dalle quali è stato estrapolato un profilo utile per le comparazioni. È possibile, addirittura probabile, che queste tracce siano del suo assassino. Tuttavia, ad oggi, il caso resta irrisolto.
Non abbiamo una banca dei profili del DNA nella quale cercare quello ricavato. Sono stati effettuati migliaia di prelievi di saliva tra gli abitanti della zona e possibili sospettati. Le indagini purtroppo non sono ancora riuscite ad assicurare alla giustizia questo assassino. Sebbene non si possa affermare che se avessimo avuto la banca del DNA il caso sarebbe stato risolto, è certamente vero che molto avrebbe aiutato. E che questa “caccia al profilo di DNA” tra la popolazione rappresenta un impegno complesso ed oneroso per il presente e difficile da gestire per il futuro.

Come ampiamente dimostrato in questa breve trattazione, senza la banca dati, l’utilità del DNA in ambito forense è fortemente ridotta. Sebbene non ve ne fosse bisogno, questo caso dimostra ancora una volta che la realizzazione pratica della banca dati del DNA è un’esigenza sociale che non può essere rinviata ulteriormente.
Nell’ambito dei criteri di ripartizione delle risorse del Fondo Unico di Giustizia destinate alle Forze di Polizia, il Ministro dell’Interno ha indicato come priorità strategica quella del completamento della Banca Dati del DNA, stanziando una somma necessaria per la sua realizzazione entro l’inizio del prossimo anno ed istituendo un gruppo di lavoro per individuare le soluzioni d’ordine pratico e giuridico da formulare nel regolamento d’attuazione ex art.16 legge 85/2009, che ancora, però, nonostante il tempo trascorso dall’entrata in vigore della legge, non riesce a vedere la luce. Sarebbe auspicabile che anche il Ministro della Giustizia, condividendo le medesime priorità, possa apprestare, per la parte di competenza, il suo contributo in risorse umane e materiali per una sollecita attuazione del programma. ©

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

  1. CARBONI, Scotland yard vuole il DNA dei bambini, l’idea di schedare il patrimonio genetico dei piccoli con comportamenti “sospetti”, in Corriere della sera, 17 marzo 2008, 35. ◊

 

Exit mobile version