LEGGE 190/2012 E D.LGS. 231/2001: CONVERGENZE, DIVERGENZE E PROBLEMATICHE ATTUATIVE

di Giuseppe Cammaroto

Analizziamo e mettiamo a raffronto il decreto 231/2001 e la legge 190/2012, provvedimenti normativi che delineano, rispettivamente per gli enti privati e per la P.A., due complessi sistemi di prevenzione, monitoraggio e controllo che si prefiggono ambiziosi obiettivi di ricondurre i fenomeni criminali entro alvei per così dire “fisiologici”.

 


 

1- Inquadramento generale
Il D.Lgs. n. 231/2001, emanato, nella sua genesi primaria, in forza di alcune convenzioni internazionali e comunitarie, è divenuto oggi la piattaforma giuridica di riferimento in tema di “disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”.

Le società (e gli altri soggetti meglio specificati oltre) possono essere ritenute “responsabili” per alcuni reati commessi o tentati, nell’interesse o a vantaggio delle società stesse, da esponenti dei vertici aziendali (denominati soggetti “in posizione apicale” o semplicemente “apicali”) ovvero da coloro che sono sottoposti alla direzione o alla vigilanza di questi ultimi (denominati “sottoposti”).

Con la L. n.190/2012, contenente “disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, il Legislatore, sempre sulla spinta di organi internazionali, ha voluto creare un sistema idoneo a contrastare i fenomeni corruttivi nella P.A., con l’introduzione di molteplici misure di carattere organizzativo e numerose incombenze.

2- Ambito di applicazione soggettivo
Il D.Lgs. 231/2001 si applica agli enti dotati di personalità giuridica, alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica e non anche “allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale”.

Diversamente, la L. 190/2012 si caratterizza per la vastità potenziale del campo d’applicazione: ai sensi del comma 34 dell’art.1 della citata legge, infatti, “le disposizioni […] si applicano alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n.165/2001 e successive modificazioni, agli enti pubblici nazionali, nonché alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche e dalle loro controllate,  ai  sensi dell’articolo 2359 del codice civile, limitatamente alla  loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea”.

I due mondi normativi (231 e 190), apparentemente distinti, trovano una loro prima congiunzione sul terreno delle partecipate pubbliche che:

Al riguardo si segnala la circolare n. 1/2014 del Ministero per la P.A. e la Semplificazione, del 14 febbraio u.s., con cui si è inteso estendere l’applicazione della L. n. 190/2012 (e del D.Lgs. n. 33/2013 in tema di trasparenza) a “tutti quei soggetti che, indipendentemente dalla formale veste giuridica, perseguono finalità di interesse pubblico” ovvero a chiunque eserciti “funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore della P.A., di gestione di servizi pubblici o di concessione di beni pubblici”.

La circolare opera, altresì, un distinguo tra società partecipate e controllate: gli oneri per le prime saranno “limitati alle attività di pubblico interesse”, mentre per le seconde vi sarà “l´applicazione totale delle regole di trasparenza” e di quelle derivanti dalla L. n. 190/2012.

3- Il punto di contatto: inquadramento generale
Entrambe le normative prevedono la predisposizione di idonei documenti programmatici (il Modello di organizzazione, gestione e controllo in campo 231 e il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione ai sensi della 190) volti a contrastare le condotte illecite.

La struttura e il contenuto di tali atti non devono trascurare:

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