di Sabrina Conoci, Salvatore Petralia, Francesco Rundo, Sebastiano Battiato
Un’attenta disamina dei processi penali più recenti (alcuni dei quali divenuti “mediatici”) ha evidenziato il ruolo dirompente dell’analisi genetica e bio-molecolare nelle indagini investigative eseguite dagli inquirenti. Quando viene richiesta la repertazione di campioni biologici, le procedure adottate per il campionamento e successiva analisi delle tracce, devono rispettare standard di altissimo rigore scientifico grazie ai quali è poi possibile garantire l’accuratezza, la ripetibilità e l’assenza di contaminazione dovuta ad una non conforme procedura di repertazione o ad una errata catena di custodia del reperto. Nell’articolo che segue, gli autori illustreranno le potenzialità dei sistemi c.d. “Point of Care”(PoC) genetici” sia in riferimento all’indagine genetica in ambito forense che, in generale, come strumento per l’analisi in loco di reperti biologici rinvenuti nella scena di un crimine. Il “PoC genetico” può essere definito come sistema in grado di eseguire il processo diagnostico sample-in-answer-out senza intervento di un complesso laboratorio analitico. Esso è costituito in concreto dalla combinazione tra un sistema di detezione per il riconoscimento della composizione genetica e bio-molecolare del campione, da un sistema di trasduzione ottica od elettrica del segnale e da un sistema di post-processing dei dati, che si avvale di algortimi di interpretazione “immediata” delle rilevazioni acquisite, le quali produrrano in concreto report sulla profilazione del DNA campionato.
1. Introduzione
Purtroppo, non di rado leggiamo di sentenze invalidate per problemi connessi alla validità della c.d. prova scientifica ed in particolare, ai metodi e ai protocolli con i quali viene acquisita e formata. L’analisi delle suddette vicende giudiziarie spesso mette in risalto il motivo ricorrente che invalida, non di rado, la fase istruttoria o preliminare di indagine investigativa ovvero la contaminazione dei reperti campionati, ad opera talvolta degli stessi inquirenti, nella scena del crimine e/o infine da una erronea interpretazione dei dati ottenuti dall’analisi del reperto. In tutti i casi sopra esposti, è possibile constatare il mancato rispetto delle procedure e/o raccomandazioni dettate dalla Comunità Scientifica Internazionale.
Proprio nell’ottica di ridurre al minimo gli errori di repertazione dovuta ad inesperienza o imperizia di chi esegue i campionamenti, il Consiglio di Europa ha emanato specifiche raccomandazioni ai paesi membri in merito alle procedure di repertazione, conservazione ed analisi di campioni contenenti profili di DNA. A tal fine, a livello europeo, l’ENFSI (European Network of Forensic Science Institutes), e i relativi “Working Group(s)” si occupa della stesura e produzione di linee-guida nei diversi settori afferenti le indagini forensi, elevando gli standard di qualità per l’esame della scena del crimine, specificando accuratamente i protocolli e le manovre da attuare, sotto forma di “raccomandazioni e/o best practice” per la repertazione di ogni tipo di traccia ed indicando, infine, regole e precauzioni da adottare nella fase di acquisizione della prova; ciò al fine di ridurre i rischi da possibili contaminazioni e/o alterazioni dei reperti.
La normativa penale in ambito procedurale prevede che gli inquirenti o gli specialisti di polizia giudiziaria incaricati ai rilievi nella scena del crimine, si attengano alle disposizioni, di cui agli artt. 348 – 354 c.p.p., utilizzando tecniche sperimentate, ripetibili e funzionali alla traccia da evidenziare e prelevare, ovvero selezionando la metodica di repertazione accreditata dalle linee guida (se possibile emanate dai Working Groups dello ENFSI), che meglio garantisce accuratezza e valenza probatoria alla traccia (vedi le linee-guida ENFSI: “Best Practice for DNA Pattern Recogntion and Comparison” , “DNA contamination prevention Guideline”). C’è da dire, tuttavia, che la normativa italiana e la giurisprudenza di merito e di legittimità non proprio granitica in questo settore, seppur con l’obiettivo di uniformare le procedure di repertazione forense, ha offerto nel tempo notevoli spunti di riflessione sia giuridici che tecnici in riferimento alle varie problematiche di natura etica, processuale e tecnico-giuridica, che di solito investono le fasi di indagine forense (si veda: Disposizioni di attuazione della legge 30 giugno 2009, n. 85, concernente l’istituzione della banca dati nazionale del DNA ; Cass. pen., sezione II, sentenza 25 luglio 2014, n. 33076; Suprema Corte nella sentenza n. 36080/15 caso Knox/Sollecito – art. 192 comma 2, c.p.p; Cass. Pen., Sez. IV, n. 38991 del 10/06/2010; Cass. Pen., Sez. IV, n. 18933 del 27/02/2014).
2. Descrizione ed utilizzo del sistema “PoC”
Il completamento della decodifica del genoma umano (Progetto Genoma Umano) avvenuta nell’anno 2000, accompagnata dai processi tecnologici nel settore della biologia molecolare, dei materiali e dei metodi di rilevazione del DNA (microarray, Real Time Polymerase Chain Reaction o semplicemente PCR), hanno permesso lo sviluppo di sistemi “PoC genetici”. Questi sistemi sono in grado di integrare in un unico dispositivo miniaturizzato i vari step per l’esecuzione dell’analisi degli acidi nucleici (DNA e RNA) per un veloce ed efficace processo diagnostico che va dal campione biologico al risultato finale (Sample-In-Answer-out), senza la necessità di un laboratorio altamente specializzato. Un interessante sistema “PoC genetico” per applicazioni nel settore forense è stato proposto da NetBio [1]. Esso consiste in un Biochip-cassette in grado di analizzare i profili STR (Short randem repeat) per eseguire analisi genetiche direttamente da tampone boccale. Il sistema integra 4 moduli in plastica:
cartuccia miniaturizzata precaricata con i reagenti per l’estrazione e la purificazione del DNA mediante membrane in silica. Tale cartuccia permette di eseguire in parallelo l’analisi di 5 campioni biologici;
cartuccia in gel contenente i regenti per la separazione elettroforetica del materiale genetico;
microreattore per l’esecuzione della reazione di amplificazione del DNA (tramite PCR);
modulo per la detezione del prodotto genetico amplificato tramite elettroforesi capillare.
Un ulteriore esempio di piattaforma miniaturizzata per le detection ottica del DNA, basata sulla tecnologia Real-Time-PCR è proposta in figura 1a. Essa è composta da un dispositivo ibrido in silico e plastica costituito da 12 microreattori con un volume di 12 µL ciascuno (oppure 6 microreattori da 22 µL) e sensori/riscaldatori integrati in silicio per la ciclatura termica. Un termociclatore portabile (RTPCR reader) è stato inoltre sviluppato per eseguire i cicli termici e la detection ottica in Real Time PCR [2]. Tale sistema, opportunamente associato con un metodo di estrazione di tipo chimico/enzimatico del materiale genetico, permette l’esecuzione del processo diagnostico (estrazione -amplificazione-detection) in un unico microreattore in un singolo step.
Negli ultimi anni, importantissimi progressi tecnologici sono stati fatti nel verso di integrare l’analisi del DNA direttamente in un sistema smartphone, smartwatch o tablet [3]. Le principali limitazioni verso questi cosiddetti “PoC di nuova generazione” sono legate alla complessità sia del modulo di detection (generalmente ottico) che nella reazione di amplificazione PCR. Verso questa direzione, al fine di sviluppare un metodo veloce, compatto ed a basso costo, sono stati sviluppati nuovi approcci basati sull’ ibridazione cooperativa di due sonde di DNA specifiche per un determinato target, chimicamente immobilizzate su un microelettrodo metallico. Tali sistemi utilizzano una rilevazione elettrochimica con performace di analisi i simili ai metodi standard basati su reazioni di PCR (sensibilità circa 20 copie di DNA per campione). In figura 1b e’ riportato uno schema illustrativo del nuovo metodo proposto basato su 3 microelettrodi metallici, uno dei quali (elettrodo di lavoro) chimicamente modificato con probe specifici per il gene target. Il DNA target viene così catturato dalla sonda specifica e rilevato attraverso un probe elettrochimico intercalante [3].
3. Algoritmi e dispositivi per l’analisi dei dati acquisiti dal “PoC”
Nel precedente paragrafo, abbiamo descritto i sistemi “PoC” e la possibilità di eseguire, tramite questi, analisi del DNA sia tramite metodi PCR based che senza far uso di amplificazione PCR. Questo ci permetterà, in ottica futura, di perfezionare un sistema di prelevamento, repertazione, analisi e collezione risultati, espedibile al primo “sopralluogo” della scena del crimine con gli ovvi vantaggi che esso comporta in termini giuridici e processuali. Ovviamente, anche nell’utilizzo dei “PoC” per la repertazione ed analisi delle tracce di DNA, ci si deve attenere alle accreditate linee guida sopra richiamate, ciò non toglie però, che con detti sistemi l’aderenza a dette guidelines è molto piu’ semplice, immediata e robusta anche in relazione all’analisi dati. Infatti i sistemi “PoC” effettuando una trasduzione elettrica dell’analisi del DNA, permettono di acquisire in cascata all’analisi chimica del campione, una corrispondente “traccia” elettrica la quale può dunque essere acquisita per mezzo di comuni ADC (convertitori analogici digitali) ed infine processata da potenti unita di calcolo, specificamente, microcontrollori o microporcessori.
Sarà cosi possibile, ad esempio, risalire alla concentrazione del campione analizzato, alla lunghezza della catena del DNA o ad altre informazioni similari, dalla semplice analisi della curva di risposta(variazione della densita di corrente) del “PoC”. Ciò avverrà mediante l’utilizzo di modelli matematici non lineari che caraterizzano il legame tra analita (traccia biologica), concentrazione, lunghezza della catena e densita di corrente ovvero, laddove il modello non è noto, all’utilizzo di sistemi di “machine learning” opportunamente addestrati. Nella figura 2, è possibile infatti osservare una pipeline di machine learning basata sull’addestramendo mediante algoritmo di Levenberg-Marquadt di una rete MLP feed-forward con uno strato neuronale hidden che aveva in input (training set di addestramento) alcune curve di risposta del “PoC” per specifiche concentrazioni della traccia biologica campione (virus HBV sintetico) riuscendo a ricostruire un modello matematico euristico capace di correlare la concentrazione del campione alla densita di corrente misurata dal “PoC” ed eseguendo, parallelamente, una analisi di cross-correlazione del campione analizzato rispetto a quello (o a quelli) usati per il learning del sistema, producendo pertanto una analisi di “biological pattern recognition” del campione , ossia, verficando che il campione analizzato corrisponde ai genomi classificati dal sistema neurale.
Oltre ai dati, tali sistemi possono processare anche immagini di dati biologici come i microarray di DNA per cui si rimanda il lettore al lavoro degli autori in [4]. I dispositivi di microcontrollo ed elaborazione dati che meglio si adattano a tali piattaforme sono basate su architettura STM32 [5] come mostrato in figura 2.
4. Conclusioni
Nei precedenti paragrafi, gli autori hanno mostrato le potenzialità dei sistemi “PoC” nell’indagine genetica in ambito forense, tra i quali, vale la pena ribadire: l’elevata praticità, velocità e potenzialità nella repertazione e successiva elaborazione delle tracce biologiche, la possibilità di eseguire l’indagine genetica sulla scena del crimine al primo sopralluogo. In tal modo è possibile ridurre drasticamente le probabilità di contaminazioni ambientali del campione in seguito alla conservazione, trasporto ed analisi, con indubbi vantaggi in sede processuale. ©
BIBLIOGRAFIA
[1] E. Tan, R.S. et al , Invest. Genet., 2013, 4, 16
[2] S Petralia, E. L.Sciuto and S. Conoci, Analyst, 2017, 142, 140
[3] S.Petralia et al, Sensing and Biosensing Research, 2015, 6, 90-94
[4] F. Rundo et al, IEEE Proceedings of International Conference on Image Processing, 2009 pp. 1737-1740.
[5] http://www.st.com/en/microcontrollers/stm32-32-bit-arm-cortex-mcus.html?querycriteria=productId=SC1169.
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